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Nella Provincia di Calabria, che fu detta Magna Grecia, è famosa la città di Rossano non tanto per essere antica, nobile, grande e forte, situata in modo che dalla parte verso il mare sembra stare a guardia dei confini della regione, quanto perché dopo essere stata tutta conquistata dai saraceni che si impadronirono della maggior parte delle sue città, soltanto Rossano si conservò illesa contro la loro insolenza: effetto, questo, della Divina Provvidenza; poiché, essendo più volte quegli empi andati di notte ad assalirne il Castello, la grande Madre di Dio, particolare avvocata di quei cittadini, quando essi si accostarono alle mura per appoggiarvi le scale, apparve loro in forma di donna, vestita di porpora, armata di fiaccole accese con parvenza così terribile e spaventosa che scacciandoli li pose in fuga.
In questa città, da una nobile famiglia di origini bizantine, nacque Nicola, dono concesso dal cielo ai suoi genitori per le loro intense preghiere. Sin dalla fanciullezza, egli mostrò una inclinazione di buona natura, un intelletto acuto e ottimi costumi morali e superò per vivacità d’ingegno tutti i suoi coetanei, ma specialmente nel leggere le Sacre Scritture con diligenza e attenzione proponeva tali concetti e dubbi e dava tali risposte ai suoi Maestri che essi ne restavano assolutamente ammirati.
Da giovanetto, si dilettava a ricercare le vite dei Santi Padri, di s. Antonio, di s. Saba, di s. Ilarione e di altri Santi eremiti. Faceva ciò continuamente e con tanta avidità che concepì odio contro i vizi e amore verso la virtù; perciò cominciò a ritirarsi dalle adunanze che si tenevano nelle case dei nobili e ad aborrire ogni cosa vana e curiosa; né teneva conto di quelle cose superstiziose quali magie, incantesimi o esorcismi, sebbene il loro uso ai suoi tempi fosse assai comune.
Morirono intanto i suoi genitori e benché egli vivesse sotto la guida della sorella maritata, donna di animo pio e religioso, non poteva però una donna reggere il freno della giovinezza di un fratello smanioso e incamminarlo con moderazione per le diritte vie della virtù, né vi era alcun’altra persona, per quanto religiosa, che volesse prendersi questo pensiero; anzi, a quei tempi, sembrava cosa insolita vedere in giro per le strade di Rossano un monaco, per non dire che l’abito monacale fosse oggetto di derisione e di scherno.
Intanto il Demonio, considerando i buoni costumi di Nicola e congetturando quale suo grande nemico potesse egli diventare, deliberò di tendergli qualche tranello allo scopo di interrompere il suo cammino sulla strada della virtù.
Cominciò a ferire il cuore di diverse giovanette rossanesi che si dovevano maritare, di modo che molte di esse gli tesero insidie amorose; non avendo però egli saputo guardarsi, diventò ben presto preda di una di esse, dotata di grande bellezza ma appartenente a basso ceto sociale che diventò sua moglie e che gli partorì una figlia.
Ma Dio misericordioso non permise ch’egli si smarrisse ciecamente tra le vanità di questa vita terrena; da saggio e ben esperto medico, gli mandò una malattia per renderlo perfettamente sano, travagliandolo poi con una febbre ardentissima accompagnata da un freddo acuto, cominciò a inculcargli nella mente la spaventosa immagine della morte e del terrore delle pene eterne che sono riservate ai peccatori dell’Inferno, cosicché guardando continuamente con gli occhi dell’intelletto tali pericoli, nessun altro pensiero, né altra immaginazione gli occupava la fantasia. Quindi un giorno, senza svelare a nessuno il suo proposito, andato a trovare alcuni suoi amici e parenti che gli erano debitori di molto denaro, ne recuperò la maggior parte possibile fingendo d’avere occasione di comperare un grande podere e lasciò loro in dono il rimanente del debito.
Aggravato dalla sua solita febbre, partì da Rossano in compagnia di un monaco di nome Gregorio, affinchè gli mostrasse la strada del monastero dove aveva deciso di recarsi.
Ma giunti ad un fiume, Dio volle fargli conoscere quanto lo soccorresse con il suo aiuto e dargli un segno tangibile perché nel guadare quel fiume si sentì sgravare di quella indisposizione che lo opprimeva e, come se avesse deposto un grave peso, compì il resto del viaggio con prontezza di corpo e di spirito.

Chiesa di Santa Maria di Mircuro
Giunto al monastero detto di S. Mercurio e conosciuti alcuni venerandi religiosi tra cui il grande Giovanni, il famoso Fantino, il castissimo Zaccaria, meravigliato della modestia del loro aspetto e dell’umiltà dei loro abiti, versò molte lacrime con affettuosa tenerezza sentendo nello stesso tempo infiammarsi il cuore di santissimo zelo.
Essi gli dettero mille benedizioni e cominciarono ad ammaestrarlo nella disciplina monastica. Ma non passò molto tempo che da parte del Pretore della Provincia, forse per pressione della moglie e di altri suoi parenti, furono portate al monastero alcune lettere minacciose dove si diceva, che, se qualcuno avesse mai osato monacare quel giovane, gli sarebbero state tagliate le mani e il monastero dove egli fosse stato vestito sarebbe stato confiscato.

San Fantino – Cappella di San Leonardo – ORSOMARSO
Impauriti da tali minacce, anche gli altri abati che dimoravano nell’Eparchia greca del Mercurion, onsigliatisi tra di loro, deliberarono di mandare Nilo in un altro luogo sottoposto a diversa giurisdizione affinchè colà potesse prendere agevolmente l’abito religioso. Decise dunque Nilo di trasferirsi nel monastero detto di S. Nazario ed ivi adempiere la Volontà Divina e i suoi desideri; accortosi di ciò, il Demonio si adoperò di tendergli insidie, volendo procurare per quanto gli era possibile di ostacolarlo in qualche modoo ritardarlo almeno nel suo proposito. Giunto che fu al monastero, Nilo dette conto all’Abate delle sue intenzioni manifestandogli il suo proposito e palesando il motivo per cui si era recato là a monacarsi.
Chiese, pertanto, di essere vestito dell’abito monastico assumendo il nome di Nilo in omaggio a s. Nilo sinaita dichiarando però di non volersi fermare nel monastero più di novanta giorni e chiese anche che gli fosse poi concesso di ritornare dai padri del monastero di S. Mercurio dai quali era stato istruito nelle regole e nei precetti della vita spirituale.
Ritornò quindi il p. Nilo, pieno di spirito e di fede, al monastero di S. Mercurio e quando quei monaci lo videro vestito dell’abito monastico ne resero infinite grazie a Dio.
Egli intanto riveriva ognuno e davanti a ognuno s’inchinava portando rispetto a tutti come ad angeli del cielo.
Da “Brani della vita di s. Nilo” di Ferrari – Sitongia – Ferrari Editore
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