Elogio della scuola pubblica

La scuola come luogo di formazione comune, dove l’incontro e la conoscenza di culture diverse educano alla convivenza

 

Un moderno concetto di laicità e non confessionalismo vede il primato della scuola pubblica come momento dell’agire sociale di una collettività.

Con una intuizione felice, Piero Calamandrei, parlò della scuola come “organo costituzionale”. 
La scuola, infatti, è il luogo dove ci si forma, si acquisisce sapere critico.

Tutto questo non si attua in alcun modo se alla scuola pubblica, come momento di incontro fondativo tra diverse fedi, culture e appartenenze, si instilla nelle menti dei cittadini il concetto di scuola come momento esaltativo della pura competitività aziendale.

E’ assolutamente errato, e del resto contrario al dettato costituzionale, offrire incentivi economici alla creazione di scuole separate, dove si rinsalda la propria appartenenza, religiosa, etnica, ideologica, localista.

La scuola, di contro, dovrebbe invece essere momento di sintesi e di incontro tra diverse culture e visioni del mondo in cui si avvia la costruzione dell’uguaglianza e il riconoscimento degli altri.

Se la scuola si frantuma in mille ghetti, luoghi di incubazione di futuri conflitti, tradisce la funzione che le è propria: di rappresentare uno dei luoghi essenziali di unificazione e confronto.
La scuola è sicuramente uno dei luoghi che ci portano a ripensare la nozione stessa di laicità; ossia la negazione del confessionalismo, il rifiuto dell’intolleranza, il riconoscimento delle ragioni delle minoranze.

Una idea rinnovata di laicità ci parla della scuola come luogo di formazione comune, dove l’incontro e la conoscenza di culture diverse educano alla convivenza, evitando così che il pluralismo diventi solo la registrazione della diversità e della distanza e quindi l’anticamera del conflitto.

Il passaggio ad un sistema sostanzialmente privatizzato, basato sull’esistenza di scuole cattoliche e musulmane, leghiste e meridionalizzate, per elites e per diseredati, annuncia un tempo in cui non è la libertà di ciascuno ad essere esaltata, ma nel quale il riconoscimento reciproco è sostituito dall’esasperazione della propria identità, il confronto dalla distanza dall’altro.

Solo una scuola pubblica e comune può trasformare la molteplicità in ricchezza. Il sistema delineato dall’art. 33 della Costituzione è chiarissimo. Si comincia proclamando la libertà di insegnamento. Si continua prevedendo il dovere della Repubblica di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Si parla poi del diritto dei privati di istituire scuole senza oneri per lo Stato.

Infine, si stabilisce che alle scuole non statali che chiedono la parità deve essere assicurata piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali.

In questo quadro la pretesa costituzionalmente legittima dei cittadini è quella di un sistema pubblico completo ed efficiente, che realizzi appunto il dovere di istituire scuole statali, non quella di istituire scuole private finanziate con denaro pubblico.

Il sistema privato dell’istruzione rientra nella diversa dimensione delle libere scelte di imprenditori, genitori, alunni, insegnanti.

Di Lorenzo Ambrosetti

Da http://www.linksicilia.it

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