Silvio Berlusconi vince le elezioni politiche del 2001. In Piazza Navona, rivolgendosi al palco del centrosinistra, Nanni Moretti si sfoga così: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!“. Erano Francesco Rutelli e Piero Fassino, avrebbero potuto essere anche Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Tuttavia, a quegli stessi dirigenti aveva già regalato un prezioso parafulmine: la colpa di Fausto Bertinotti. L’unico italiano che il cavaliere deve ringraziare per la sua vittoria.
A distanza di molti anni, Nanni Moretti torna a farsi portavoce della vulgata diessina sulla crisi del 1998: 1) Fausto Bertinotti unico responsabile della caduta del governo di Romano Prodi. 2) Caduta che riportò Berlusconi al potere. Vulgata buona per la propaganda dell’epoca, un po’ meno per la ricostruzione storica.
Si dà per scontato che la rottura di Bertinotti causò il ritorno al governo della destra. Che in effetti poi avvenne nel 2001. Ma un evento che succede ad un altro, peraltro in tempi molto differiti, non è necessariamente una sua conseguenza.
La vulgata pidiessina ha due implicazioni: 1) Che tra la rottura di Bertinotti e il ritorno della destra, in mezzo non ci sia nulla. Invece c’è oltre mezza legislatura. Quasi tre anni di governi D’Alema e Amato, durante i quali i precursori del Partito democratico hanno potuto dispiegare liberamente la loro politica di liberismo temperato, senza rotture di scatole a sinistra. Politica che, evidentemente, non è piaciuta alla maggioranza degli italiani. 2) Che il declino di consenso dell’Ulivo cominci dopo la rottura di Bertinotti. Invece comincia prima: l’Ulivo perse le elezioni amministrative della primavera 1998 (la crisi sarà a ottobre). In sintesi, si crede o si lascia credere che le maggioranze di governo, prima si dividono e poi perdono consenso. Invece di solito succede il contrario: prima perdono consenso e poi si dividono.
Nel 1998, Rifondazione non ha mancato ad una promessa. Quello del 1996, era solo un accordo di desistenza, per battere la destra, non un accordo di programma per governare insieme. Era dichiarato fin dall’inizio che il PRC avrebbe consentito la nascita del governo Prodi, per poi valutare ogni suo atto nel merito e di conseguenza ribadirne, oppure no, l’appoggio. Lo stesso l’Ulivo, riguardo il suo programma, non promise affatto in campagna elettorale, un ulteriore taglio delle pensioni, l’estensione del precariato, e la guerra del Kosovo.
Ricordo che la Finanziaria 1997 comportava un taglio alle pensioni di circa 5 mila miliardi, che la prima crisi con il PRC, ridusse a 3 mila. Appena due anni prima c’era stata la riforma Dini. Per ottenere il voto sulla finanziaria del 1997, Prodi si impegnò ad approvare entro il gennaio 1998, una legge per la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, a partire dal 2001. Prodi non solo non mantenne quell’impegno, ma addirittura fece passare un decreto nel quale si consentiva all’industria privata di non pagare lo straordinario fino alla 48 esima ora settimanale, a fronte di un orario legale settimanale di 40 ore. E’ assurdo rimproverare un partito di non essersi accontentato di un impegno non mantenuto.
Tra gli argomenti di rimprovero al Prc, vi era quello dell’ingratitudine, in quanto il partito di Bertinotti avrebbe dovuto all’accordo con l’Ulivo l’elezione dei suoi parlamentari. Nel 1996 il PRC ottenne 35 deputati con quasi il 9% dei voti. In un sistema proporzionale ne avrebbe ottenuto circa 60. Quindi, Rifondazione fu quasi dimezzata rispetto alla sua reale consistenza nell’elettorato. Inoltre, gli accordi di desistenza, prevedevano per il partito di Bertinotti l’elezione di circa 45-50 deputati, ma in ben undici circoscrizioni l’accordo non fu rispettato. I “collegi blindatissimi” furono usati da tutti i partiti della coalizione, per eleggere i propri candidati “preferiti”. E’ questa una delle tante distorsioni del sistema maggioritario uninominale.
Esisteva nel popolo di sinistra un sentire comune (declinante), secondo cui il governo Prodi era il “nostro” governo. Rispetto ai governi precedenti, poteva esserlo per esclusione. Aveva realizzato l’ingresso dell’Italia nell’euro senza colpire drammaticamente lo stato sociale. Tuttavia, molte cose importanti gli possono essere contestate, tra cui: l’introduzione del lavoro in affitto, l’apertura dei centri di detenzione temporanea per immigrati; l’avvio delle privatizzazioni di settori strategici dell’economia nazionale; e il mancato impegno sulla riduzione dell’orario di lavoro. Infatti, durante la crisi del 1998, tale sentire comune si fece sentire molto meno rispetto alla crisi del 1997, quando un pullman di metalmeccanici guidati da Maurizio Zipponi scese da Brescia per mettere d’accordo le due sinistre.
Nel 1998, l’ingresso dell’Italia nell’Euro è già concluso. L’alleanza Ulivo-Rifondazione ha esaurito il suo compito (attraverso i propri conflitti interni), quello di garantire il risanamento, senza colpire lo stato sociale. E non è più capace di darsi un obiettivo nuovo. Rifondazione dice: dopo l’Euro, il governo deve scegliere tra il proseguimento di una politica monetarista o il rilancio di una politica di sviluppo, deve scegliere in Europa tra Blair e Jospin. E’ un problema che si pone anche in Germania, con la rottura tra Schroeder e Lafontaine. Sia Prodi che D’Alema rifiutano un accordo che con il PRC che comprenda la riduzione d’orario (promessa in occasione della finanziaria precedente), le assunzioni al sud dei lavoratori socialmente utili (promessi in occasione dell’approvazione del pacchetto Treu), una legge per il recupero dell’evasione fiscale e la golden share nella privatizzazione dei settori strategici dell’economia nazionale. Lo sviluppo viene unicamente affidato a finanziamenti, agevolazioni e decontribuzioni alle imprese. Nel frattempo, in parlamento, nasce l’Udr di Francesco Cossiga e da giugno si dà per certa la scissione dei cossuttiani. In tal modo il Prc perde la sua funzione deterrente e viene messo di fronte ad un prendere o lasciare.
La Dc ha governato il paese per quarant’anni. Eppure i suoi governi duravano in media nove mesi. Tante crisi nell’arco di una lunga stabilità. Una crisi di governo non costituisce per forza una rottura definitiva tra le parti in causa. Può costituire la ricontrattazione di un rapporto. Nulla impediva all’Ulivo di ricontrattare il suo rapporto con Rifondazione Comunista, relazionandosi a quel partito come fosse un alleato, non un portatore d’acqua obbligato. Fu l’Ulivo a scegliere la rottura definitiva, confidando sulla scissione del Prc o su nuovi portatori d’acqua. Perchè – si disse – Bertinotti non era più affidabile. Così il centrosinistra si diede nuovi alleati con il principio dell’affidabilità: Cossiga e Mastella.
Da: http://www.massimolizzi.it/2012/03/moretti-bertinotti-e-la-caduta-di-prodi.html#sthash.pepBctY0.hRBrxTg5.dpuf
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