Ci chiamano mammoni, la generazione bruciata, viziati. Ci definiamo senza futuro, già “vecchi” per ambire, abbiamo voglia di riscattarci, di creare, di rivoluzionare. Esattamente un anno fa, sono emigrata per ragioni di lavoro in Lussemburgo, come me, tanti altri amici.
Stefano fisico ricercatore vive in Olanda, Vahid giovane ingegnere energetico in Germania, Giovanni informatico in Irlanda, Alessandra P.R. a Londra, Nina economista a Bruxelles… etc.
Da qualche giorno, da quando ho accettato di scrivere questo articolo, cerco di indagare sulle forti motivazioni che spingono la generazione “valigia in mano” ad emigrare. Per certi questa riflessione è quasi scontata.
In questo momento storico, non è così difficile capire perché si scappa dall’Italia. Vista con gli occhi di una che l’ama profondamente, mi dico, “che peccato”. Quando torno dopo periodi lunghi, mi dimentico chi e come siamo noi italiani. Le piccole azioni risultano complicate. Parlo di burocrazia e immobilismo che sembrano caratterizzare la quotidianità dell’italiano tipo. Andare alla posta, o a richiedere un informazione all’anagrafe richiede tempo, mettersi al volante è come muoversi in una giungla in cui si fa a gara a chi urla di più, tutti vanno di fretta, uno sopra all’altro. Contrattazioni inevitabili al pagamento di qualsiasi cosa, “Dai ti faccio un po’ di sconto”, o “il bancomat non li accetto”, o “ti faccio uno scontrino ad importo più basso”. Per non parlare poi di corruzione, politica inesistente, clientelismo a qualsiasi livello, crescita 0, delle pance piene di chi fa il “furbo”, dell’assenza completa di prospettiva futura.
Con queste premesse, chi rimane? Della mia generazione sicuramente, chi ci crede ancora,chi ha voglia di rischiare, chi non può farne a meno. Di certo chi emigra, come me e altri amici, lo fa anche per voglia di “internazionalità” che in Italia è inesistente.

Prima regione europea per gli investimenti in ricerca e sviluppo, l’Ile-de-France mette a disposizione tutti i mezzi necessari per la creazione di imprese innovative.
Dove vivo, in Lussemburgo, tutti parlano inglese, se non lo sai “sei fuori dal coro”, nel lavoro, nella ricerca di un informazione, nella globalizzazione. Quotidianamente non è così tanto strano parlare con lo stesso interlocutore in 3 lingue diverse. Anche in questo, noi italiani, siamo indietro.
È un vero peccato, per tutto. La fuga dei cervelli, costa all’Italia sia in termini finanziari che di qualità. L’Italia di oggi, non offre nulla. Quello che si riesce ad ottenere è al massimo uno stage retribuito a 500/600 euro o un contrattino a progetto o a collaborazione non più di 1000 euro al mese (e qualche amico dall’Italia sottolinea “li avessero proposti a me 1000 euro per un lavoro inerente il mio titolo di studio…”).
È una vergogna. In certi settori sei penalizzato se hai esperienza internazionale. All’estero, invece, vieni premiato, perché esiste ancora il concetto del rispetto, rispetto dei tuoi studi, della tua intelligenza e delle tue potenzialità. Ti viene data la possibilità di essere indipendente subito, senza dover “sopravvivere” o tirare alla fine del mese.
Noi italiani all’estero, siamo conosciuti per l’eccellenza nella cucina, nella moda, nel design, per la nostra storia, per la bellezza delle opere d’arte, per la nostra lingua. Nei paesi del nord Europa, manca il sole, manca la genuinità dei prodotti, del vivere…manca l’estetica, l’attenzione per il dettaglio, mancano le trattorie, il vino, il caffè e tutte quelle cose meravigliose di cui l’Italia è piena … manca questa passionalità nelle relazioni.
Però l’Italia continua a rimanere un bel cortile mentre l’Europa una piazza aperta.
Di Freida F.
Fonte: http://www.lundici.it/2012/10/generazione-valigia-in-mano/
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