Magna Grecia – MEGALE HELLAS  

Tempio-di-Hera-a-Metaponto

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Come Hellàs è una definizione non traducibile con «Grecia», intesa come l’odierna realtà politico-geografica, ma semmai come ‘grecita’, così analogamente sulla stessa lunghezza d’onda e nella medesima accezione dobbiamo intendere il termine Megale Hellàs, cioè Magna Grecia o Grecia d’Italia. Non certo un Hellàs più grande sotto il profilo geografico o politico, ma porzione integrante di una grecita, o un’Hellàs, che, allargandosi a occidente, si è fatta grande e ha dilatato oltre misura le proprie frontiere.

Laddove sbarca e saldamente si radica il navigante ellenico, lì è l’Hellàs, che diventa «grande», cioè megale, quanto più egli propaga la propria sfera di attività, di conoscenza, di controllo marittimo e territoriale. La definizione non presuppone un intento comparativo, ma solo un’affermazione di legittimo orgoglio da parte del colono, o comunque del primo esploratore e definitivo conquistatore di terre sconosciute.

E, la nostra, una precisazione doverosa[…]. La cui denominazione non va dilatata — come i Greci di età arcaica e classica mai dilatarono – alla storia della limitrofa Sicilia ellenica, che ha proprie sue peculiarità, snodandosi sì per percorsi paralleli ma mai, o quasi mai, convergenti.

Colonna-superstite-del-Tempio-di-Hera-Capo-Colonna-a-Crotone

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Oggi non desta più meraviglia, come invece agli albori della storiografia moderna, il considerare la grecità delle ‘colonie’ (in greco apoikìai) alla stessa stregua di quella metropolitana delle ‘madrepatrie’ (o, alla lettera, «città-madri», metropòleis), ponendo Atene o Sparta sullo stesso piano di città elleniche, esse pure pòleis indipendenti e sovrane, come Taranto in Italia, Marsiglia in Francia, Cirene in Libia od Olbia in Ucraina.

Sappiamo, infatti, che l’area di irradiazione degli stanziamenti greci non si limita all’estremità della penisola balcanica, nonché alle coste e alle isole dell’Egeo, ma interessa l’intero bacino del Mediterraneo, disegnando una sorta di ellisse insediativa intorno alle sue acque e a quelle, contigue, del mar Nero. Ragione per la quale, il più delle volte, nel caso delle colonie elleniche non possiamo neppure parlare, agli inizi, di stanziamenti con una reciproca continuità territoriale e con un’adozione di analoghe forme di coesistenza, o di analoghi statuti di relazione, con le limitrofe popolazioni indigene.

Infatti, laddove queste ultime furono culturalmente meno evolute, i nuovi venuti imposero loro una sudditanza economica, e talora anche politica; mentre, laddove queste arrivarono col tempo a organizzarsi in robusta compagine statale, essi dovettero prima o poi subirne la pressione e alla fine la diretta aggressione e la conquista.

Ulisse, il greco Odisseo, è il modello di riferimento per il navigante-esploratore in plaghe sconosciute, avendolo preceduto nella scoperta di sempre nuove rotte marittime! Come per l’eroe, la grande e quotidiana avventura transmarina ne tempra l’ingegnosità, assicurandogli, giunto a destinazione, i mezzi di sussistenza. Il dato è importante. Infatti, il suolo – per gran parte arido e impervio – dell’area metropolitana, della regione di provenienza, consentiva risorse agricole assai limitate e inferiori alla richiesta legata al tasso di incremento della popolazione. Donde, per le frange sociali più deboli, la necessità stringente dell’emigrazione, e della fondazione di nuove città che sono gemmazioni delle patrie di origine, o metropoli. Le quali, per contraccolpo, nel giro di una o due generazioni, si vedono obbligate dalla nuova realtà sociale a trasformare le proprie strutture economiche legate alla terra in strutture aperte al commercio e all’espansionismo d’oltremare. Fenomeni, entrambi, centrali per la storia della grecità arcaica, destinati a originare la grande spinta della colonizzazione mediterranea, in Oriente e in Occidente, e di converso – come già avvertì il pensiero storico classico – l’instaurazione in patria di regimi tirannici, spesso di segno rivoluzionario.

Elemento comune agli insediamenti greci è sempre la contiguità al mare. L’ellisse ideale che essi disegnano attorno al bacino del Mediterraneo ne interessa solo le coste, con un minimo raggio di estensione nell’entroterra, solo necessario e funzionale alla sopravvivenza quotidiana. Quindi quello dei Greci non è un dominio proiettato alla conquista di regioni continentali, bensì lo sgranarsi di una costellazione di colonie – il più delle volte economicamente strategiche – fondate sempre più lontano, lungo rotte transmarine il cui controllo è loro assicurato da infiniti punti di approdo, che sono gli empòria. I quali, come dice il nome, connotano l’orizzonte commerciale deìl’èmporos, cioè del mercante, del quale i coloni ribattono le rotte. Quello di empori, empòria, è un termine elastico e davvero polivalente usato dai Greci a designare basi insediative non sempre stabili, o non sempre caratterizzate da un preciso statuto giuridico, che le distingua nettamente, almeno nelle fasi più antiche del fenomeno colonizzatorio, dalle colonie o apoikìai […] La storiografia di età classica non ci conserva frequenti descrizioni degli empòria, e ciò è indice della loro stessa natura precaria. Sfuggono, infatti, a una definizione di carattere generale e sono mutevoli nella loro natura in rapporto sia all’ambiente indigeno sia alle frequentazioni esterne. Sono sì «ports of trade», come è stato detto e più volte ripetuto, ossia zone franche, garantite e tutelate da chi detiene la sovranità del luogo e riservate agli scambi con l’esterno, in questo caso con i mercanti greci; ma non sono sempre e solo questo. La loro struttura può presentarsi anche più complessa, oppure più semplice, quale aggregazione spontanea di commercianti ellenici e residenti o commercianti indigeni non sottoposta a particolari forme di signoria e controllo politico, bensì attivata da mere convenienze di rotta, di approdo, di smercio. Seppure disomogenea, la fisionomia degli empori è comunque quasi sempre caratterizzata dalla compresenza di più componenti etniche e dalla stipulazione di taciti accordi che ne governino la convivenza, garantendo la regolamentazione dei commerci ed eventualmente l’esazione dei tributi da parte del potere locale (quando presente o preesistente), responsabile dell’incolumità degli èmporoi greci (o fenici, e levantini in genere, spesso loro affiancati o concorrenti).

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Da “LA MAGNA GRECIA”  DI Braccesi – Raviola, Il Mulino

Foto: Rete

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