SE N’E’ ACCORTA ANCHE LA CORTE DEI CONTI: un miliardo dell’8 per mille alla Chiesa è troppo – “Serve riforma”

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Siamo il paese europeo che paga di più le confessioni religiose. Senza trasparenza sulle destinazioni e informazioni ai cittadini. Mentre il governo fa ciò che vuole di quello che resta. La dura accusa dei magistrati contabili: “La norma va cambiata”

 

Alla Chiesa: un miliardo dall'8 per mille<br /><br />
Per la Corte dei Conti è troppo: Serve riforma

Povero, eppure così generoso. Non con tutti però. Solo con laChiesa Cattolica. Lo Stato italiano nel 2014 ha versato al Vaticano 1 miliardo e 54 milioni di euro. Siamo la nazione che paga di più in tutta Europa per una confessione religiosa. Nessuno come noi, nemmeno la Spagna.

I soldi in questione sono quelli dell’8 per mille. Un “piccolo” prelievo obbligatorio dalle dichiarazioni Irpef di 42 milioni di contribuenti. Meno della metà degli italiani però decide a chi destinare quei risparmi. Gli altri non dichiarano la loro volontà, dando per scontato che i soldi torneranno allo Stato. Non è così. L’82 per cento del gruzzolo dell’8 per mille finisce alle parrocchie.

Con un sistema che la Corte dei Conti , in una sentenza pubblicata oggi, definisce «opaco, senza controlli, senza informazione per i cittadini, discriminante dal punto di vista della pluralità religiosa». In una parola: scorretto. Per questo ne chiede una riforma integrale. Sul tavolo da anni, ma mai arrivata in discussione, nonostante la stessa Cei ammetta la sproporzione dei fondi che ricevono i porporati. Rispetto a quelli che, come ricorda il magistrato relatore Antonio Mezzera, potrebbero andare ad esempio a ristrutturare le cadenti scuole italiane. Ecco i punti chiave della dettagliata relazione della Corte.

1. MOLTI SOLDI, ZERO CONTROLLI
Primo punto: «Nonostante la rilevanza delle risorse, oltre un miliardo e 200 milioni di euro annui, nessun organismo indipendente ha mai proceduto finora a una valutazione, nonostante i richiami della Corte e le criticità emerse sulla gestione». Insomma, i soldi passano nelle casse nel disinteresse dei governi.

Benché si parli di molti, ma molti denari. «L’onere finanziario», scrivono infatti i magistrati contabili: «si comprende bene anche solo dalla comparazione, ad esempio, con quanto assegnato al ministero dei Beni culturali e del turismo, che per il 2013, non ha raggiunto il miliardo e 700 milioni. Ciò significa che, negli ultimi anni, la contribuzione alle confessioni religiose ha superato i due terzi delle risorse destinate per la conservazione del patrimonio artistico del paese».

La Chiesa ne spende solo un quinto in opere di carità: il grosso finisce per costruire parrocchie e stipendiare i sacerdoti. Valdesi e Avventisti invece ne danno il 90 per cento in aiuti umanitari. E Lo Stato? Un po’ finanzia la Protezione civile e un po’ la costruzione di nuove carceri: nemmeno un euro alle Onlus

Questi fondi vengono ricevuti e gestiti poi nella più assolutamancanza di trasparenza. «Dati confusi», «non c’è nessuna descrizione, nemmeno sintetica, dell’uso che viene fatto dei fondi», «l’opacità avvertita come problema dai rappresentanti di alcune confessioni, come la chiesa Valdese», segnalano i magistrati. Che ricordano tra l’altro che «le relazioni della commissione paritetica Italia-Conferenza episcopale italiana e dei suoi numerosi rinnovi sono rimaste prive di pubblicità sebbene non ci sia alcun vincolo di riservatezza».

2. CHI NON SCEGLIE NON SA
Cosa succede poi? Che questi fondi, prelevati da tutti i contribuenti (si tratta di una tassa non progressiva rispetto al reddito, che favorisce quindi i più ricchi), vengono distribuiti fra lo Stato e le varie confessioni (poche) con cui Roma ha una convenzione per legge. Agli enti religiosi però non viene distribuito solo quello che i cittadini hanno chiesto espressamente di destinare. Ma anche quello che resta da chi non ha dato indicazioni. In modo proporzionale a quanto già distribuito da chi ha scelto.

In questo modo, ad esempio, la Chiesa Cattolica avrebbe dovuto ricevere, stando alle opzioni esplicitate, il 37,93 per cento dei fondi dell’8 per mille, l’anno scorso. Ma ne ha ricevuti invece l’82,2. Lo Stato, che ne avrebbe dovuti avere il 6,14, ne ha ricevuti il doppio. Ma sono comunque briciole rispetto all’oltre un miliardo che è arrivato al Vaticano.

Questa prassi non è considerata giusta dalla Corte dei Conti, che nota: «Assente risulta essere l’informazione sull’attribuzione. I cittadini sono indotti a ritenere che solo una scelta esplicita faccia assegnare i fondi.Mentre non è così. E questo genera delle perplessità, perché i contribuenti pensano di dare fondi all’erario» e invece li danno alla Chiesa. Il problema è che «la percentuale dei contribuenti che hanno optato è sempre ampiamente inferiore al 50 per cento», e «solo dal 2006 è stato spiegato in caratteri minuscoli» in fondo alla dichiarazione dei redditi che chi non sceglie accetta che i suoi soldi vengano distribuiti come sopra.

Il rappresentante delle “Chiese avventiste del settimo giorno”, incontrato come tutti gli altri referenti pubblici, politici e religiosi, dai magistrati prima della relazione, ha dichiarato: «La macchina statale, più o meno scientemente, ha, in qualche modo, mancato di dare una corretta informazione, impedendo, di fatto, a molti cittadini di poter compiere la loro scelta».

3. FARE RICCO IL VATICANO
I magistrati non possono poi non notare come: «I fondi destinati alle confessioni risultano ingenti e sono i soli che, nell’attuale contingenza di forte riduzione della spesa pubblica in ogni campo e nel contesto di crisi, si sono anche, negli ultimi anni, notevolmente e costantemente incrementati, rappresentando una posizione di favore unica nell’attuale contesto europeo».

Attraverso l’8 per mille garantiamo alla Chiesa di Francesco oltre un miliardo di euro all’anno. Sempre di più: nel 2009 erano 967 milioni. «Per altro l’8 per mille è solo uno dei numerosi sovvenzionamenti pubblici alle confessioni», annotano i giudici: «ad esso si aggiungono, infatti, fra gli altri, in quanto previsti da leggi: i contributi alle scuole di orientamento confessionale e agli oratori; la retribuzione degli insegnanti di religione nelle scuole pubbliche; i contributi alla manutenzione degli edifici di culto; i contributi comunali per l’edilizia di culto; il 5 per mille dell’Irpef richiesto da molti enti religiosi; i contributi pubblici per manifestazioni ed eventi religiosi. Oltre alle agevolazioni o esenzioni fiscali: erogazioni deducibili e imu».

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4. ANCHE I FONDI PER LO STATO FINISCONO ALLE PARROCCHIE
Non solo. Anche le briciole che restano allo Stato finiscono spesso per il culto cattolico. Attraverso la voce “Beni culturali” negli ultimi anni milioni di euro sono andati al restauro di chiese, parrocchie e quadri di proprietà della diocesi. Il 2010 è stato l’ultimo anno “ricco” per i beni culturali con l’8 per mille: sono arrivati 108 milioni, poi azzerati. Ma il 48 per cento è andato direttamente alle diocesi. E molti altri, scrive la Corte, ci sono arrivati attraverso progetti presentati dai comuni.

5. NESSUNO COME NOI IN EUROPA
Tanta generosità nei confronti della religione è un unicum in tutta Europa. «In alcuni paesi, come Francia, Irlanda e Regno Unito», spiegano i magistrati, «le confessioni religiose non fruiscono di contributi pubblici e devono ricorrere esclusivamente all’autofinanziamento. In Germania le confessioni ricevono proventi di una tassazione aggiuntiva a carico dei contribuenti». E anche in Spagna, dove esiste il “7 per mille” «La normativa è molto meno favorevole che in Italia: nel caso non venga espressa preferenza, resta a disposizione dello Stato. E può essere affidata in concorrenza con la Chiesa anche ad altri fini sociali». Se applicassimo il sistema spagnolo, per capirci, la fiscalità generale avrebbe un minor esborso di oltre 600 milioni di euro.

6. DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA
Per avere i fondi dell’8 per mille, in Italia, una confessione deve avere una convenzione con lo Stato che sia ratificata in legge. «L’esistenza dell’intesa è divenuto criterio discriminante per il finanziamento», spiega la Corte; «Ma la discrezionalità governativa nella selezione delle confessioni e quella parlamentare nell’approvazione, con l’eventuale esclusione di alcune, si configura come una violazione del pluralismo confessionale», che non rispecchia poi i cambiamenti sociali, migratori, di confessioni e rappresentanze che ha subito il paese negli ultimi anni.

7. CHE FINE FANNO I FONDI
Lo raccontano questi grafici. La Chiesa Cattolica ha speso in pubblicità sulla Rai 3 milioni e 530mila euro nel 2013. I fondi possono poi essere destinati alle esigenze pastorali o agli interventi caritativi a favore della gente. E questo grafico mostra bene le scelte delle diverse istituzioni: al Vaticano pesano i primi, nelle altre i secondi.

8. ALLO STATO NON IMPORTA
«Lo stato», scrivono i giudici contabili, «ha mostrato un completo disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione». Mai una campagna pubblicitaria. Mancata informazione sull’uso dei fondi. Nessuna iniziativa nemmeno nel 2014. «Particolarmente grave tenuto conto della novità di quest’anno, ovvero la possibilità di destinare risorse per l’edilizia scolastica, tema particolarmente sentito dai cittadini», annotano. Mentre il Vaticano, ad esempio, ha lanciato addirittura un concorso fra parrocchie “ ifeelcud ”, che premia i progetti delle parrocchie, e quelle capaci di convincere più fedeli a inserire l’opzione esplicita nel Cud.

Mancano poi, segnalano i magistrati, «informazioni sull’uso dei fondi o riepiloghi pluriennali» da parte dei governi. E a volte i soldi vengono «dirottati su finalità antitetiche rispetto alla volontà dei contribuenti: ad esempio gli interventi militari in Albania e nei Balcani».

Per coprire i buchi di bilancio, lo Stato ha poi sottratto nel 2013 il 77 per cento dei fondi dell’8 per mille a sua disposizione.

Con un ultimo aspetto paradossale: anche quando non ci sono fondi a disposizione, come negli ultimi due anni, o sono minimi, come per questo 2014, le domande arrivano e vengono vagliate lo stesso da una commissione della presidenza del consiglio dei ministri preposta. «Ciò rende tali attività prive di utilità con conseguente ingente spreco di energie e risorse pubbliche», scrivono i giudici: «venendo impegnati da anni funzionari nella valutazione di migliaia di progetti che, regolarmente, non sono poi finanziati». Nel 2014, per dire, sono arrivate 8-10mila domande.

Ecco perché, conclude la Corte, sarebbe necessaria una riforma. Anche perché sono fondi che servono, davvero, allo Stato.

 Fonte: http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/11/28/news/chiesa-cattolica-paga-lo-stato-il-grande-spreco-dell-8-per-mille-1.189766?ref=fbpe

Foto web

 

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