La vita del trappitaro era dura.
La giornata non finiva mai. Cominciava al mattino presto, verso le 5 o le 6, e andava avanti fino a notte fonda.
Non aveva un attimo di quiete. Su e giù tutto il giorno per le stradine del paese, carico di olive o di olio, con gli abiti ed il corpo anneriti dall’unto.
Per proteggersi dal liquido fastidioso delle olive, alcuni mettevano un sacco a mo’ di cappuccio e lo facevano scendere sulle spalle.
Era dura la vita del trappitaro.
E quando rimaneva al trappito c’era da stendere la pasta delle olive macinate sui fiscoli, disporli in un carrello (alternandoli con dischi d’acciaio), portare il carrello nella pressa, smontare il carrello (una volta finita l’estrazione del mosto oleoso), ammucchiare la sansa, ecc. ecc.
Per due litri di olio al giorno!
A dirigere tutta l’attività del trappito (che apparteneva o ad un unico proprietario o ad una società) provvedeva invece il massaro.
Annotava le partite in entrata, programmava il lavoro della giornata, si prendeva cura delle macchine, conservava in una grossa giarla l’olio guadagnato, dirigeva il lavoro dei trappitari.
La sua paga giornaliera era più alta: 3 litri d’olio.
Il trappito si prendeva invece 1 litro e ¼ a tummulo.
Tutti i pagamenti avvenivano in natura, moneta non ne circolava.
Le olive venivano pesate in stuppiddi, tummoli e macine.
Un tummolo corrispondeva a circa 40/50 kg.
Per una macina ci volevano 2 tummoli e ½.
Altri tempi.
Lo dimostra questa foto presa dalla Rete.