Forse potevamo percorrere strade diverse.
I pensieri sono tanti.
Preferisco lasciare la parola a Francesco Bevilacqua, che ci aiuterà a capire quel che è avvenuto, non solo ad Orsomarso.
L’antico paesaggio mostrava i segni dell’uomo come timidi mutamenti dell’ambiente naturale, come metodiche di strenuo adattamento alle condizioni ambientali (testualmente Turri: «il segno umano aveva qualcosa di trepido, di sperduto e commovente nel suo aderire ai dettami naturali »), mentre il paesaggio dell’era postindustriale mostra il risultato della sopraffazione perpetrata ai danni della natura dalla tecnologia sempre più invadente e penetrante, sempre più capace di mutare i connotati del territorio, le sue caratteristiche, le sue vocazioni. Cosi l’uomo, conclude Turri, si direbbe incamminato verso l’atopia, verso un mondo senza luoghi, senza legami topografici.
Quando Turri parla di atopia, ossia di assenza di luoghi nel senso antropologico-geografico, vengono in mente altri fenomeni contigui. Ci potremmo riferire all’anonimia di certi luoghi oramai spogliati della loro identità per aver subito trasformazioni completamente avulse dalla loro storia, dalla loro pregnanza di senso.
Potremmo pensare all’amnesia dei luoghi che si produce nei residenti che, convinti che la vita sia altrove, che la conoscenza e l’informazione siano altro, teletrasmesse o internettate, pensano ai luoghi che attorniano i loro paesi come a un mucchio di legna da ardere, come a un parco eolico, come a una discarica per frigoriferi, materassi e lavatrici dimesse, come a palestre dove spendere provvidenze comunitarie in laghetti collinari, ostelli della gioventù, strade delle vette, zone industriali fantasma, gente che non conosce più i toponimi, non percorre più i sentieri, non guarda più paesaggi e panorami; gente che passeggia sulle strade asfaltate ed avrebbe invece centinaia di ettari di bosco da attraversare; gente che sembra aver paura del proprio passato, di ricordare come era, di riconciliarsi con la propria memoria, di ritrovare l’unico tesoro ancora nascosto che le resti: il senso della propria esistenza li, in quel luogo, in quel momento.
E non può non sovvenire allora l’opera di un antropologo come Mare Auge, che proprio questo aveva spiegato nel suo Nonluoghi (Elèuthera 1993): «II luogo antropologico è simultaneamente principio di senso per coloro che l’abitano e principio di intelligibilità per colui che l’osserva» (p. 51).
In altri termini, perché mai qualcuno dovrebbe venire a visitare un qualunque paese sperduto dell’interno, sia esso al Nord o al Sud, per quanto bello possa essere il paesaggio che lo contorna o per quanto interessanti possano essere i monumenti di cui è dotato, se paesaggio e monumenti non sono riconosciuti, fatti propri, interiorizzati neppure dai suoi abitanti? Ecco perché, secondo Auge, «se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né razionale, né storico si definirà un non-luogo» (ivi, p. 73).
Da “GENIUS LOCI – Il dio dei luoghi perduti” di F. Bevilacqua.
Leggetelo questo libro. Fa bene alla mente ed al cuore.
One Reply to “ORSOMARSO ieri ed oggi. Il nostro Genius Loci è stato sfrattato”
Sono autori che conosco bene, tutti e tre. A suo tempo le mie tesi sullo sviluppo locale, i primi due (E. Turri e M. Auge’) sono stati de riferimenti (tra i tanti) per me. Soprattutto Turri ( ho in questo preciso istante ripreso tra le mani la ricerca di T. Su “Caprino e il Monte Baldo) che in un certo qual modo e’ stato quello dove hanno più ritrovato rispecchiati i miei valori, tensioni, passioni verso il valore, la centralità del paesaggio e del territorio. Sono questi gli elementi base, insieme a tanti altri, dello sviluppo locale e/ o anche del riscatto di una Comunità o società locale che sia. Ho sempre amato ed amo Orsomarso, ho scritto varie volte ma, forse le modalità hanno prodotto poco. Tuttavia voglio qui sottolineare che Orsomarso, pur conservando ed essendo uno “scrigno di BelleZzE”, non viene vissuto come tale: il senso di APPARTENenza e ancora scarso – anche con l’attiva influenza (negativa) della sua “classe dirigente”. Quest’ultima, … da sempre ed ancora determinata da immagini dell'”altolocato” , cosi reputato o vissuto nell’immaginario locale, dall’aver saputo o potuto (attraverso un potere socio-economico “distributivo” di ricatto potenziale e/fattivo) coltivare “gramigna” ( chiedo scusa alla gr.) e/clientelismo. Bene F. Bevilacqua, per il tanto amore, attenzione e passione che da decenni riversa su Orsomarso e sulla Calabria in generale. Tuttavia per me l’estate ed altri momenti , …. si sono spesso tradotti in una varietà di mortificazioni per il dover solo registrare soli la semplice presenza nei vari eventi (estivi e non) – il sentire ed ascoltare discussioni su Orsomarso, la citazione di tanti autori e studiosi che a me sono familiari mi ha fatto spesso dolere …. l’essere totalmente ignorato – non perché non è conosciuto l’oggetto delle mie DUE TESI: a) di laurea (“Tra globalizzazione e localismi: l’enoturismo come risorsa di sviluppo del Montalbano e di Carmignano”) ; b) del Master in Comunicazione e Media – profilo: Comunicazione pubblica e sociale, ricerca e marketing territoriale (“Il Montalbano: una Toscana minore? Carmignano e il suo genius loci tra Ri-conoscimento, Condivisione e Comunicazione”. L’ aver curato ed arricchito le mie conoscenze tese a rendere possibile l’ innesto del locale basato sulla ricchezza delle risorse territoriali, tradizioni enogastronomiche ed altro ancora che, pur vivendo (metaforicamente e non solo, a causa di “espulsione” dal Sud e quindi da Orsomarso) “altrove” ho avuto, ho ‘abbiamo’ sempre in riferimento il luogo delle nostre radici: Orsomarso. Allora se O. non ti “considera” , con le “tavole sempre più rotonde” ( nella scena pubblica compaiono sempre gli stessi, come e più del passato- di questo ne ho già scritto) e con i tanti autori tematici conosciuti ( da A. Von Humboldt, a J.W. Goethe, a E. Turri, H. Hesse, G. De Rita, A. Bonomi, e tanti altri), un ambiente che esclude , consapevolmente o inconsapevolmente fa molto male. Però al momento e’ ancora così, bene così (…!!?). Ultime cose per una considerazione a “naso” su due Regioni italiane ed il rapporto con l’Ambiente ed il suo Territorio- utilizzo qui una metafora dell'”ADDIZIONE” e della “SOTTRAZIONE” da me coniata per un raffronto tra: a) la TOSCANA dove ” l’ uomo” aggiunge qualcosa alla Natura (messa a dimora di alberi, magari espianto e relativo impianto) , cura- produzione- protezione del paesaggio, inclusi alberi secolari (censiti e anche “adorati”); b) la Calabria e quindi anche ORSOMARSO, dove “l’uomo” (orsomarsese e calabrese) NOM AGGIUNGE bensì SOTTRAE tante cose alla NATURA (tanti sono ancora i “pitusci”) ai fini di una impropria appropriazione individuale. Qui assistiamo ad degrado del Paesaggio, del Territorio, ed in generale della Natura. Assistiamo con impotenza al taglio- distruzione di alberi imponenti ed importanti per memoria, secolari che connotano l’ identità dei luoghi (es. il pioppo nel fiume Porta la Terra ad altezza dello “Schinariddu”, i lecci del Calvario, le trote fario e non predate-“a mo’ di caccia” e ormai rarefatte nel fiume Argentino, il pino loricato (emblema del Parco del Pollino) u.s.w. In sintesi: in Toscana aggiungono = addizione; in Calabria e ad Orsomarso sottraggono = sottrazione. Ultima negatività, di questa estate ’16: ad Orsomarso viene promossa la “SAGRA della SALSICCIA” ma NON VIENE PRIVILEGIATA quella locale di ORSOMARSO ; la salsiccia arriva da Marcellina (da un “ambiente” di grande distribuzione) per l’annosa filiazione clientelare. Non sono del tutto sfiduciato MA, ad Orsomarso (e…) NON CI SISMO PER NIENTE, vi è ancora (all’odierno 2017) troppo poco di positivo. Tuttavia sta a Noi intraprendere una svolta avendo dei migliori riferimenti sul COME. Affettuosamente by Cosimo Regina