PARCO DEL POLLINO – Cozzo del Pellegrino: DOVE? QUANDO? COME?

cozzo del pellegrino

 

Il Cozzo del Pellegrino rappresenta il cuore geografico del massiccio omonimo (noto anche come “Monti di Orsomarso”) e la sua massima elevazione montuosa (la vetta raggiunge 1987 m). Si tratta di una vasta area scarsamente antropizzata, praticamente sconosciuta al di fuori della regione fino alla fine degli anni ’70: la sua importanza naturalistica, però, è inversamente proporzionale alla scarsa considerazione turistica, poiché la zona presenta tali e tante emergenze botaniche e faunistiche da essere considerata una delle più prestigiose “aree wilderness” d’Italia.

Scomodo da raggiungere, punteggiato da canyon impressionanti e dirupi scoscesi, spesso privo di sentieri battuti, riesce però a regalare all’escursionista sensazioni inaspettate: ore di solitudine completa, alberi centenari, pascoli di quota a perdita d’occhio, foreste intoccate di faggi entro cui si muovono lupi e gatti selvatici, aquile e istrici e caprioli.

L’area del Cozzo del Pellegrino (così come l’intero massiccio) è compresa nel Parco Nazionale del Pollino, istituito il 31.12.90 e perimetrato nel ’93.

 Dove?

La montagna ricade in massima parte nel comune di San Donato di Ninea, che è anche il centro più vicino alla partenza; San Donato dista circa 75 km dal capoluogo di provincia, Cosenza.

Quando?

In tutte le stagioni, ma particolarmente d’estate. D’inverno la zona è quasi sempre innevata e le molte stradelle forestali diventano ottime piste per lo sci da fondo. I TEMPI. Calcolare 3 ore per l’andata e circa 2 per il ritorno.

Come?

IN AUTOMOBILE. Dall’autostrada Sa/Rc si esce al casello di Altomonte e ci si dirige verso San Donato di Ninea (sono circa 30 km di salita). Raggiunto il paese, dalla sua sommità si imbocca la strada montana asfaltata che conduce al Rifugio di Piano di Lanzo. L’EQUIPAGGIAMENTO. Scarponcini e indumenti da escursione in montagna. Indispensabili giacca a vento e berretto di lana: si cammina in quota, tra i 1132 m dei piani di Lanzo e i 1987 della vetta. Tenere presente che in inverno le temperature possono essere anche molto rigide. L’acqua potabile si trova alla fontana presso il rifugio dei Piani di Lanzo, alla partenza dell’itinerario. Cartografia: IGM 1:25000 221 III SO (San Donato di Ninea).

I posti

La mole massiccia del Cozzo del Pellegrino sovrasta l’abitato di San Donato di Ninea: arrivando in auto, lo si scorge stagliarsi nitidamente alle spalle del paese, ammantato di estese foreste di latifoglie. Risalendo, sempre in auto, lungo la strada asfaltata (ma in più punti malmessa) che da San Donato conduce ai piani di Lanzo. Un elemento caratterizzante del paesaggio sono prima i castagneti da frutto e poi, man mano che si sale, i boschi di ontano napoletano (essenza altrove quasi ormai scomparsa, soppiantata proprio dai castagni e dai pini larici).

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Questi boschi sono abitati da gruppi di cinghiali: la razza va però perdendo purezza, poiché talvolta essi si accoppiano con i maiali domestici che vengono lasciati qui al pascolo brado. Arrivati al rifugio di Piani di Lanzo si torna indietro per qualche decina di metri lungo la strada da cui si è arrivati e si imbocca poi a sinistra la sterrata che porta in breve ai piani di Lanzo veri e propri (siamo proprio a monte del rifugio), dove c’è una statua della Madonna. Poco prima dell’ultimo tornante, un grande faggio a due fusti campeggia a lato della stradella, preludendo alle imponenti faggete che si vedranno più in alto.

Il-Canalone-di-Monte-La-Calvia

Il-Canalone-di-Monte-La-Calvia

Dai piani si prosegue a sinistra lungo una stradella a fondo naturale che costeggia le pendici del monte La Calvia (praticamente un’anticima del Cozzo del Pellegrino) e sale verso la Cresta, una sella posta proprio tra La Calvia e il Cozzo di valle Scura, attraversando un bel bosco di ontani (questo tipo di bosco è abbastanza raro sul massiccio, ed è pressoché esclusivo di questo versante).

Una radura sulla sinistra consente una magnifica vista sul versante est della dorsale e sulle gole che scendono dai monti per confluire nell’ampia valle del Crati. Il panorama sembra apprezzato anche da gheppi e poiane, che volteggiano incessantemente alla ricerca di prede e che qui hanno il loro piccolo regno. Più lontano si intravedono i massicci della Sila e della Catena Costiera. Si prosegue sempre in salita, tralasciando le stradelle che si staccano a sinistra e scendono nella valle Scura.

Ora il bosco è diventato una faggeta pura, con bellissimi alberi dalla corteccia argentea che si innalzano come colonne sopra il tappeto rossiccio delle foglie. Non è raro osservare, tra rami dei faggi, il guizzo improvviso dello scoiattolo meridionale, dalla nera livrea interrotta solo dalla grande macchia bianca sul petto e sul ventre. Si raggiunge così una radura sulla destra; una volta arrivati occorre piegare a destra e costeggiarla lungo l’orlo più vicino fino ad entrare nel bosco (c’è un sentiero appena accennato) in modo da sbucare proprio sulla sella de La Cresta, costituita da una piccola radura completamente circondata dal bosco e posta proprio sullo spartiacque.

Subito dopo la radura il bosco si dirada molto e, a sinistra, la pendice montuosa scende a imbuto verso la testata della valle Scura. Di fronte si erge invece il cono del Cozzo di valle Scura, sul quale sono evidenti i segni dei tagli boschivi. Alla destra di chi arriva alla Cresta si intravede, in alto, la pendice abbastanza sgombra di vegetazione arborea che occorrerà impegnare per raggiungere la cima de La Calvia; a sinistra comincia il crinale che prosegue fino alla vetta del Cozzo di valle Scura.

Prima di proseguire vale la pena di osservare la bellissima e praticamente inviolata foresta di faggi che ammanta la pendice opposta a quella da cui si arriva, e che declina ripidamente verso la valle dell’Abatemarco. In questa foresta sono presenti alcune delle specie faunistiche più pregiate dell’intero massiccio: il lupo si nasconde tra le oscure selve impenetrabili; il gatto selvatico ricava la sua tana nelle cavità tra le radici degli alberi; la martora si nasconde pronta all’agguato. Di tanto in tanto si ode il tambureggiamento del picchio nero sui tronchi stramaturi; l’astore controlla il suo territorio cercando possibili prede e il gufo reale occhieggia burbero dal suo rifugio segreto.

 

Dalla sella de La Cresta si piega a destra inerpicandosi in salita libera lungo la pendice de La Calvia: si cammina prima nel bosco, poi in un canalone (o sul suo bordo destro) e finalmente allo scoperto lungo un erto declivio pietroso. Dalla vetta del monte La Calvia si scorge il Cozzo del Pellegrino, che si potrà raggiungere attraversando un’ampia sella tra i due rilievi, occupata da un fitto intrico di giovani faggi; oltre i faggi ci si deve incamminare su un aereo crinale (con prudenza: aggirare a destra i punti più esposti) che porta fino in vetta.

Mentre si sale non è improbabile riuscire a vedere, negli spazi aerei sottostanti, le evoluzioni dell’aquila e del falco pellegrino, che nidificano sulle inaccessibili pareti di roccia.

Lungo l’ultimo tratto di percorso e sulla sommità del Cozzo si gode di un fantastico panorama a 360 gradi, che spazia dal litorale tirrenico (ad ovest) ai monti del Pollino (a nord) al gruppo di Montea (a sud) e ai monti della Sila (ad est) fino a raggiungere, nelle giornate terse, il golfo di Sibari e il mar Ionio, le isole Eolie e la Calabria meridionale. In basso, sul versante occidentale, si distende la valle dell’Abatemarco: un grande anfiteatro di rupi, canaloni, pietraie, pareti e contrafforti contorna la testata valliva mostrando un habitat “selvaggio” e quasi alpestre.

La-Mula-e-il-Cozzo-del-Pellegrino-da-Monte-Frattina

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Volendo tornare al rifugio per un’altra via, dalla cima del Cozzo si scende liberamente a sinistra nella bella conca di valle Lupa, caratterizzata da ampie praterie costellate di doline e inghiottitoi. In primavera la conca si ammanta di straordinarie fioriture di nontiscordardime, viole, crochi, centauree, orchidee di varie specie, formando un magnifico tappeto di mille colori nel quale svettano grandi faggi isolati.

Geologicamente, il massiccio del Pellegrino costituisce l’ultima propaggine degli Appennini, e la natura dei substrati è prettamente calcarea: ciò determina una relativa frequenza di canyon, guglie, pinnacoli, pietraie e dirupi che danno vita a una varietà di paesaggi unica nell’Appennino meridionale. Su buona parte del massiccio sono anche frequenti i fenomeni carsici: doline e inghiottitoi sul Cozzo del Pellegrino, grotte e pertugi (valle del Lao e dell’Argentino) e fiumi sotterranei (gola del Rosa). Comuni un po’ ovunque piani e depressioni, probabilmente di origine lacustre. In prossimità dello sbocco di valle Lupa (direzione opposta a quella da cui si arriva), parte un sentiero che diventa poco dopo stradella e che scende aggirando il lungo costone del Cozzo del Pellegrino (che si terrà sempre sulla destra, in alto). Il sentiero oltrepassa il costone in corrispondenza di una piccola sella per poi svoltare a destra, tuffandosi nuovamente verso il basso. Dopo una lunga serie di tornanti e di curve si sbucherà di nuovo sulla strada montana; imboccandola verso destra si raggiungerà la località di partenza. È l’ultima occasione per vedere qualcuno degli abitanti di questa montagna, magari uno dei cinquanta caprioli autoctoni che ancora popolano queste zone; ma anche tassi, istrici, coturnici, ricci e in cielo poiane e corvi imperiali che nidificano sui picchi rocciosi.

Mangiare, dormire

Al Rifugio di Piani di Lanzo si può mangiare (bene) e dormire (spartanamente). Rivolgersi alla Coop. APAB di San Donato di Ninea, che lo gestisce: 0981/63369- 62208. La cooperativa organizza anche visite guidate. Altomonte. Hotel Barbieri, 0981/948072

I soccorsi Ospedale Civile, Lungro, 0981/947221-947383 Guardia Medica, San Donato, 0981/63343 Carabinieri, San Donato, 0981/63012

Il WWF La Sezione WWF Pollino Calabrese-Centro di Promozione Parco Nazionale Pollino ha sede in corso Garibaldi 212 a Castrovillari (0981/26171).

Questo itinerario è stato curato da Francesco Bevilacqua e Domenico Palazzo.

Fonte: http://www.geosinis.com/files/Escursioni-sul-cozzo-del-pellegrino.pdf

Foto web

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