RISORGIMENTO DI CHI? – Una menzogna lunga 154 anni

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Era il 14 marzo del 1861 quando il tricolore divenne ufficialmente la bandiera del Regno d’Italia, nello stesso giorno ebbe luogo anche la proclamazione del Regno d’Italia. “Le iniquità della Storia non resteranno impunite”: queste furono le parole di Francesco II, ultimo Re dell’antichissimo Regno delle Due Sicilie. Franceschiello (così chiamato dal popolo) aveva ragione, 154 anni dopo paghiamo ancora le conseguenze di una disastrosa unità.

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Era il 14 marzo del 1861 quando il tricolore divenne ufficialmente la bandiera del Regno d’Italia, nello stesso giorno ebbe luogo anche la proclamazione del Regno d’Italia. Come ben sappiamo la storia la scrivono i vincitori e i migliaia di studenti delle tante generazioni che si sono susseguite hanno fatto propria una “menzogna” propinata dalla storiografia ufficiale. L’Unità d’Italia non fu né gloriosa né leggendaria, ma fredda, cinica, calcolata e mostruosa. Non fu unità, ma espansione di un Regno, quello sabaudo, che conquistò l’intera penisola.

Le motivazioni

Nei libri di storia scolastici vi è, come motivazione principale  della spinta unificatrice, il desiderio di una nazione italiana da parte degli intellettuali di quell’epoca. Questa espressione politica, intellettuale e degli ambienti più alti della società di quel tempo fu abilmente sfruttata da Cavour e l’establishment sabaudo. Nella lotta tra le varie correnti politiche unitariste come  quella di Mazzini, Cattaneo, Gioberti e Balbo ebbe la meglio quella che sosteneva la riunificazione italiana sotto la guida del Regno di Sardegna. Come in precedenza evidenziato, il desiderio dell’unità era largamente (se non completamente) assente nei ceti popolari di tutta la penisola. Ci fu una pressione forzata dall’alto e non un moto spontaneo dal basso. Le principali motivazioni sabaude furono il risanamento delle casse statali che languivano a causa di un uso improprio delle finanze per sostenere l’innovazione tecnologica ed economica voluta da Cavour, e la bramosia della corona sabauda di un’espansione territoriale che potesse dare lustro alla dinastia.

Il processo di unificazione

Il processo di unificazione, chiamato Risorgimento, non fu epico come viene raccontato dalla storiografia ufficiale. Principalmente la riuscita dell’unità italiana fu causata da forze esterne abilmente sfruttate dal Primo Ministro Cavour. L’aiuto francese prima e il crollo francese a seguito della guerra franco-prussiana favorì l’unificazione in due momenti diversi. Bisogna però distinguere, anzi dividere il processo di unificazione tra Nord e Sud. L’area settentrionale della penisola era sotto controllo dell’impero austriaco e le classi medie ed agiate erano succubi dell’influenza austriaca. Dunque si può notare come una parte rilevante della popolazione settentrionale sosteneva la causa italiana pur di liberarsi dallo straniero. Grazie all’aiuto francese, il Regno di Sardegna annesse il Nord Italia. Al Sud fu tutta un’altra “storia”. Il meridione non era sottomesso a una forza straniera; la dinastia borbonica, al contrario di quella sabauda che parlava francese, parlava napoletano. Anche se il Regno delle Due Sicilie mantenne le innovazioni amministrative e giuridiche del periodo giacobino, non promosse mai un imponente piano di riforme (tra le quali quella agraria). Però la politica borbonica sacrificò una politica di ‘innovazione’ del Regno al fine di assistere e sostenere economicamente le classi meno abbienti. Il tradimento della Corona dei Borbone fu perpetuato dalla borghesia e dalle alte cariche militari che furono corrotte dai funzionari sabaudi, questi promisero una politica liberale e liberista alla borghesia e ingenti guadagni alle figure militari. Attraverso l’aiuto della Marina Inglese, complice del Piemonte, la spedizione dei Mille riuscì a sbarcare in Sicilia. L’aiuto inglese fu ripagato dai sabaudi con le ricche miniere di zolfo siciliane date in mano ai britannici e campo libero nel Mar Mediterraneo che vedeva nella flotta mercantile meridionale un abile competitore dell’Inghilterra. La conquista del Sud Italia fu disastrosa, le promesse sabaude non furono rispettate: non ci fu una spartizione dei latifondi e le borghesie meridionali diventarono succubi di quelle settentrionali. I contadini che si rivoltarono furono chiamati Briganti e trucidati dall’esercito piemontese.

Conseguenze dell’unificazione italiana

Il clima sociale e politico poco stabile dell’Italia fu l’impulso del centralismo italiano. Il Governo di quel tempo aveva il terrore di dare troppi poteri alle regioni da cui poteva scaturire una nuova frammentazione della penisola. Al contrario della Germania, che rispettò le mille culture dei Bundes tedeschi, la classe dirigente  tosco-padana (come la chiamerebbe Nicola Zitara) “piemontizzò” l’Italia calpestando millenarie culture e distruggendo equilibri politico-sociali altrettanto antichissimi. Ritroviamo ancora oggi un ingorgo politico-amministrativo in seno al Parlamento e, per volontà dell’attuale Premier Renzi, le funzioni concorrenti tra Regioni e Stato saranno riformate ingarbugliando ancora di più il centro politico nazionale. Il divario Nord-Sud inesistente prima del 1861 (fonti della Banca d’Italia e non solo) non ha mai smesso di crescere. La deindustrializzazione meridionale ebbe inizio e continua ancor oggi. Lo Stato e la Mafia dal 1861 vanno a braccetto e continuano a fare affari. La lista è lunga ma si corre il rischio di tediare i lettori.

Abbiamo l’esempio storico di una unificazione con un contesto molto simile al nostro, ma con una riuscita diametralmente opposta. La Germania fu unificata dall’alto, ma con arguzia e lungimiranza. La nostra “Italietta”, fin quando non ricucirà il passato e riparerà gli antichi errori, è condannata ad essere il Paese più bello del mondo, ma solo per i turisti.

Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/una-menzogna-lunga-154-anni/

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