CALABRIA – Sentenza Marlane impugnata. Non finisce qui.

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l Procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, non vuole seppellire l’ascia di guerra ed oggi ha impugnato la sentenza di assoluzione in primo grado davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro. Da capire i capi di accusa impugnati, mentre nei prossimi giorni depositeranno anche le parti civili: Comune di Tortora, Comune di Praia a Mare, parenti degli operai e delle operaie deceduti, associazioni ambientaliste.

Se qualcuno avesse creduto e sperato anche per un millesimo di secondo che la sentenza di assoluzione per gli undici imputati del processo Marlane, fabbrica tessile ormai dismessa di Praia a Mare (Cosenza), sarebbe stata accettata nella passività più assoluta.. beh, aveva fatto male i conti.
Un caso giudiziario lungo quasi vent’anni, tra rallentamenti, accuse smontate e rimontate, prove occultate, ricerca parziale dei fusti tossici interrati nell’ex- area industriale e giunta ad una prima battuta finale il 21 dicembre  scorso, quando il Tribunale di Paola, nella persona del giudice Introcaso, ha dichiarato come non esista alcun nesso tra le 104 morti bianche avvenute durante gli anni di attività industriale, il vertiginoso aumento dei tumori tra la popolazione e l’esposizione ai materiali inquinanti rinvenuti nei terreni antistanti il capannone. Fusti trovati, “piccolo” particolare da sottolineare.

A proteggere il conte Marzotto e la sua schiera di eletti ci sono stati avvocati molto famosi, ottimi Azzeccagarbugli in grado di scavalcare anche le contro perizie e le prove sui terreni ritenute insufficienti.
Eppure il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Paola, Bruno Giordano, non accetta il verdetto finale e vuole vederci chiaro in questa vicenda, colorata da troppe ombre e da vernici tossiche.
Anche se molte delle parti civili, inizialmente circa 200, hanno accettato un risarcimento dei danni spettanti nella somma di 20- 30 mila euro per ciascuna parte lesa, c’è ancora chi continua a battersi in nome della verità e della giustizia.
A costituirsi parte civile, con il deposito della sentenza di impugnazione ci sono anche i Comuni di Tortora e Praia a Mare. Viene però spontaneo domandarsi perchè, solo ora,  il sindaco Antonio Praticò decida di volere chiarezza per la situazione ambientale sofferta sul territorio da lui amministrato.
Perchè non ha mai parlato prima, quando era sindacalista Cisl per la stessa azienda Marzotto? Perchè, nel corso delle varie udienze che si sono tenute in questi lunghi e interminabili anni, spesso, non ha mai voluto ricordare con lucidità ciò che accadeva? E perchè solo nel 2013, durante una conferenza stampa tenutasi a Cosenza (manco a Praia, olè), ha chiesto di inserire il sito Marlane nell’elenco del progetto MIAPI (Monitoraggio e Individuazione di Aree Potenzialmente Inquinate) volendo così riavviare la procedura per individuare i terreni inquinanti quando invece, come si sa da tempo, il perimetro Marlane presentava materiale tossico? Tesi avvalorata da perizie di parte e anche dalla testimonianza di alcuni ex dipendenti della fabbrica, oggi purtroppo deceduti proprio per il maledetto cancro.
Perchè solo qualche settimana fa il sindaco ha avuto il coraggio di un leone per scontrarsi con Marzotto e pretendere un nuovo studio sui terreni, orientato a capire se lo stato dei terreni, oggi, sia mutato e necessiti di una bonifica prima di proseguire con il piano di caratterizzazione che l’industriale aveva sospeso nel 2009 a seguito del sequestro giudiziario?

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Tanti i dubbi e troppe le domande davanti ad un complicato caso giudiziario del genere, capace di confermare solo un nuovo dogma: “la giustizia non è uguale per tutti”.
Alcune morti pesano meno di altre. Se si tratta di un operaio caduto sul lavoro e circondato dal silenzio del ricatto e dell’omertà, sembra quasi tutto debba tacere. Che, in un certo senso, “doveva andare così”. Una sorta di senso di rassegnazione, non di certo risollevato da un’efficace contro informazione in grado di opporsi a quella dannata retorica portata avanti per anni a favore del padrone, con cui il posto di lavoro doveva essere mantenuto subendo ogni tipo di sopruso, ammalandosi di tumore e patendo le pene dell’inferno. “Subire” è diventata una consuetudine, forte da sdradicare e ribaltare nel segno della lotta in difesa del proprio diritto al lavoro, invece visto come un favore offerto dal ricco e caritatevole imprenditore del Nord Italia.
Se denunciavi per scappare dal tallone di ferro, la risposta era sempre sempre la stessa: “Il posto che lasci lo occuperà subito qualcun altro”. E allora si continuava a chinare la testa, stringendo i denti e restando alla propria postazione. Eppure, però, se si fosse stati sbattuti fuori si poteva investire in altro. Nel turismo, nel settore terziario più in generale; oggi totalmente inesistente in un mare di disoccupazione che spinge giovani e meno giovani a fare la valigia ed a spostarsi verso altre mete, verso l’Estero.

La Marlane è una storia operaia, fatta di stenti e ingiustizie. Per riscattare la memoria dei troppi morti sul lavoro, nel nome di un ripristino della condizione ambientale e sanitaria originaria bisogna andare avanti. Costi quel che costi, abbiamo bisogno di verità.

Di Alessia Manzi

Fonte: http://tirrenoeveleno.altervista.org/sentenza-marlane-impugnata-non-finisce-qui/

 Foto web

“Vostro Onore, vostro Onore
mio padre era un bambino
che correva a piedi nudi
tra la polvere ed il cielo
e quel mondo era perfetto
giù dal pozzo fino al fosso
mio padre che correva
e il mondo gli volava addosso
Ma un giorno vostro Onore
venne a prenderlo la vita
Mio padre era un ragazzo
e l’Italia era tutta in salita
A Nord c’era una paga
un lavoro, il meno peggio
Se ti prendono per fame
prima o poi ti fanno ostaggio
così quando non hai scelta
non ti resta che il Coraggio

Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire
Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire

Quella fabbrica mio padre
la ingoiò tutta d’un fiato
alla Breda ferro e fuoco
come fosse un condannato
ferro e fuoco, fuoco e ferro
polvere d’amianto poi diventa cancro

Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire
Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire

Io mio padre lo ricordo
quando a casa ogni sera
con gli occhi dentro al piatto
piano piano mi chiedeva
ed oggi com’è andata
e io bene rispondevo
mio padre era un bambino
che correva tra la polvere ed il cielo

Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire
Non finisce qui, non finisce qui
Vostro Onore, qui non può finire

 

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