Plotone di esecuzione

in alto a dx russo vincenzo

 

La Prima guerra mondiale fu voluta da una minoranza, abbondantemente foraggiata dalla grande industria (Ansaldo in prima fila).

Fu una carneficina. I soldati si trovavano tra due fuochi: davanti gli austriaci, alle spalle i carabinieri, pronti a sparare su chiunque tentasse d’indietreggiare.

Cadorna impose una disciplina spietata. È utile riportare qualche dato. Fra il 1915 ed il 1918 la giustizia militare aveva definito 350.000 processi e comminato 210.000 condanne. Molte per fucilazione.

È una triste storia, taciuta per anni.

Chi volesse conoscerla si legga il bel libro di Enzo Forcella ed Alberto Monticone “PLOTONE DI ESECUZIONE”,  dal quale è preso il brano che segue.

 

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Quattro giovani aspiranti ufficiali degli alpini cenano in una casa privata a S. Eusebio di Bassano, nelle immediate vicinanze del fronte. Commentano l’ultimo bollettino.

Pochi giorni prima c’è stato il disastro di Caporetto, Cadorna ha accusato le truppe di viltà e di tradimento.

È di rigore, specialmente tra gli ufficiali, fare soltanto discorsi patriottici ed esprimere sulla guerra, i generali, il morale dei soldati, giudizi assolutamente conformisti. Uno dei quattro va controcorrente. Forse ha un po’ bevuto, oppure la vita che ha fatto da borghese lo ha reso particolarmente spregiudicato.

Era cameriere sui transatlantici della linea che collega la Germania con gli Stati Uniti. Allo scoppiò della guerra, quantunque nato e residente in Germania, aveva ritenuto suo dovere ritornare in Italia.

Ora dice che la guerra è ingiusta, che gli italiani hanno fatto male a sottovalutare i tedeschi.

Poiché i colleghi gli danno  torto rincara la dose. « Ho piacere — esclama — che abbiano sfondato le linee. Magari arrivassero a Milano, così sarebbe finita per tutti».

I colleghi ammutoliscono. Si alzano e appena fuori vanno a denunciare il collega ai carabinieri.

Cinque giorni dopo il Tribunale militare di guerra del XX corpo d’armata condanna per tradimento l’aspirante ufficiale alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena.

La sentenza viene eseguita nella stessa giornata.

FOTO: in alto, a dx,  Vincenzo Russo, zio di Franco Sassone.

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