Orsomarso e…

ORSOMARSO - Torre dell'orologio

ORSOMARSO – Torre dell’orologio

Per chi abita a 205 m sul livello del mare – dove le prime colline  si elevano a fatica dalle risaie – avendo sempre sognato di vivere tra i monti, i soli 120 metri di Orsomarso (Cosenza), a pochissimi chilometri dal mar Tirreno, ma in piena “verticalità”, fanno un po’ invidia.

Orsomarso (Cosenza), un paese in verticale

Ma nella Calabria tirrenica funziona così, dieci minuti prima sulle spiagge e immediatamente dopo in un “altro mondo”. Una visita fugace solo per assaggiare i primi contrafforti del Parco Nazionale del Pollino, dove è incastonato il paesino, qui protetti anche nel contesto della Riserva Naturale Orientata del fiume Argentino. Gli orsi non c’entrano col toponimo, che deriverebbe da Ursus Martius, locale comandante a difesa delle scorrerie dei saraceni nel medioevo.

L’accesso alla Riserva naturale del fiume Argentino

Ma il luogo è ugualmente un’anticamera di wilderness, tra selve impenetrabili, grotte, aspre falesie e le acque incredibilmente limpide del fiume Argentino (valgono da sole una visita). E anche l’orologio civico domina il paese dall’alto di un pinnacolo roccioso, e non poteva essere diversamente.

L’orologio civico

In questo villaggio di antiche case arroccate una sull’altra sembra di essere nella location di uno di quegli amatissimi (da me) filmd’antan che un tempo trasmettevano in tv, lontani anni luce dalle banalità, dalle mistificazioni e della paccottiglia propinata oggi e che raccontavano, a loro modo, un po’ della nostra storia. In particolare “Il brigante di Tacca del Lupo”, regia di Pietro Germi con la collaborazione di Federico Fellini, mi è rimasto impresso per il proclama del brigante Raffa Raffa (ispirato al famoso Carmine Crocco) alla popolazione di un villaggio – come potrebbe essere Orsomarso – che arringava la folla esordendo con la frase “I piemontesi, che Dio li stramaledica…” ed essendo io un piccolo piemontese (allora) la cosa mi rimase ben fissata in mente, anche perchè volevo capire come mai quel tizio ci “stramalediceva”.

Un manifesto del film della reminescenza

E quella fantastica miniera virtuale che è you tube, tanti anni dopo, mi ha fatto ritrovare quel ricordo antico: https://www.youtube.com/watch?v=i8T53ttrOpM, minuto 3,30 circa.

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Aieta,un nido rinascimentale per l’aquila calabra

Come ogni aquila che si rispetti, ha scelto il luogo adatto per fare il nido a mezza costa, al di sotto del territorio di caccia. Aieta, dal greco aetòs, appunto “aquila”, se la osservi da Tortora, la vedi là in alto, vicina ma quasi irraggiungibile.

L’aquila, simbolo di Aieta




E infatti i due paesini sono a pochissima distanza in linea d’aria (ovviamente… trattandosi di “volatili”) mentre per raggiungerla in auto bisogna scendere a mare e poi risalire una tortuosa ma meravigliosa strada panoramica.

Aieta (Cosenza), vista dal paese di Tortora

E’ una visione, quella di Aieta “dal basso” che incuriosisce immediatamente, nel notare la sproporzione tra le casette addossate al monte e un enorme palazzo in pietra grigia. Bisogna assolutamente andarci per scoprire l’arcano di un paese che, tra l’altro, fa parte dell’associazione “Borghi più belli d’Italia”.

Come sempre si rischia che le impressioni di un luogo siano “inquinate” dall’euforia vacanziera, ma è anche bello fare uno sforzo di concentrazione per astrarsi dal contesto, cercando di fissare quello che ti racconta (o che vuoi che ti racconti) un villaggio come questo. Ma per prima cosa cerchi il grande palazzo che riempie in maniera così importante lo spazio urbano.

Il palazzo rinascimentale di Aieta

E lo trovi… aperto, oltretutto in orario quasi serale! Già questo è motivo di soddisfazione, che diventa poi vero guibilo nello scoprire che hai anche una guida (oltretutto gratuita) a disposizione. E pure preparata e puntuale nello spiegarti la storia della magione nobiliare durante la visita ai vari ambienti. E così ti si svela un raro, forse unico, angolo di Rinascimento in piena montagna calabra: una dimora gentilizia cinquecentesca su tre piani, negli ultimi decenni salvata da un progressivo degrado, recuperando anche interessanti affreschi decorativi, oggi divenuta monumento nazionale. Nella facciata esterna si apre il “fiore all’occhiello” del palazzo: un meraviglioso loggiato dal quale i Martirano prima e i marchesi Cosentino poi si godevano in piena tranquillità la vista del mare… mica scemi!

Tramonto su Tortora e sul Mar Tirreno dal loggiato del palazzo

Un paese che ti dà l’impressione di essere nobile e popolare insieme, con “antichi” negozianti che ti invitano nel loro modesto ma dignitoso negozio che vende un po’ di tutto ed elegantissimi portali scolpiti in pietra che si aprono nel dedalo di linde viuzze.

Arte tra le vie del borgo…
Ci si prepara per il concertino serale in piazza del Municipio

Ti domandi: “Come si vivrà qui, passato il periodo estivo?”. E così, sul far della sera, lasci Aieta, rimpiangendo il fatto di non avere un tot di vite a disposizione per provare l’esperienza e con un sapore salato-dolce in bocca (forse lo stesso del tipico prosciutto locale, vera delizia per le papille gustative) sapendo che probabilmente non ci tornerai più… ma non si sa mai.

Fonte: http://www.scoperteturistiche.blogspot.it/

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