Siamo a questo: medico catanzarese: “Vìolo la legge per curare i pazienti”

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Riceviamo e Pubblichiamo. Io medico di famiglia mi autodenuncio perché per curare i miei assistiti sono costretto a violare la legge.

Sì, Sig. primo ministro Renzi, Sig.ra ministra Lorenzin, Sig. governatore della Calabria Oliverio, Sig. commissario ad acta regione Calabria Scura, io medico di famiglia per poter curare decentemente  i miei assistiti sono costretto a violare il vostro decreto n. 66 del 25 giugno 2015 che mi permette di curare con i farmaci “gastroprotettori” soltanto 74 assistiti ogni mille.

Si da il caso che io, come gli altri medici di famiglia calabresi,  su mille assistiti ne ho in carico almeno il doppio che hanno diritto di essere curati con i “gastroprotettori” a norma delle note AIFA n.1 e n. 48. Sono, come gli altri medici di famiglia calabresi, costretto a superare il tetto delle 74 dosi per mille assistiti  dei “gastroprotettori” imposti dal decreto n. 66 del commissario Scura, per poter curare tutti gli aventi diritto alla stessa maniera.

Il decreto n. 66 non è un caso isolato ma è il frutto dell’applicazione del piano di rientro che è il vero “peccato originale” della grave situazione in cui versa la sanità calabrese. Infatti decreti simili sono stati fatti anche in precedenza per altri farmaci (colesterolo, pressione arteriosa, osteoartrosi etc..), tutti frutti avvelenati del “peccato originale” chiamato piano di rientro sanitario.

Il piano di rientro sanitario è infatti oltre che ingiusto anche dannoso per i malati calabresi perché è stato imposto dal governo alla regione Calabria soltanto perché i medici calabresi hanno curato i propri assistiti. Il piano infatti è stato imposto alla nostra regione perché la Calabria ha speso, per curare i malati calabresi, più di quanto ha ricevuto dal governo.

Ma, è risaputo da tutti che il fondo sanitario attribuito alla Calabria è sottostimato perché basato sul concetto della popolazione pesata che ci penalizza, ma è altrettanto risaputo, ed è la cosa più importante,  che la Calabria ha in media molti più malati cronici del resto d’Italia, infatti tra i due milioni circa di calabresi ci sono almeno centomila malati cronici in più di due milioni di italiani presi a campione. C’è di più, in Calabria a causa della maggiore presenza di malati cronici c’è una maggiore comorbilità che aumenta ulteriormente la spesa sanitaria.

La comorbilità è quando in una stessa persona ci sono più di una malattia cronica  (es. diabete, cardiopatia ischemica, bronchite cronica). Quando ciò accade per curare questa persona che ha tre malattie si deve spendere molto di più se queste tre malattie si presentano in tre persone diverse. Anche questo è universalmente risaputo. E’ cosa normalissima che dove ci sono più malattie, per curarle, si deve spendere di più. In Calabria è accaduta una cosa normalissima, i medici hanno curato i molti malati presenti ed è altrettanto normalissimo che  i fondi sanitari insufficienti perché erogati in base alla popolazione pesata (cioè con un calcolo puramente economico) e non sulla numerosità delle malattie e delle comorbilità non sarebbero potuti bastare.

Invece il governo ha ritenuto che quei pochi euro dovevano bastare per curare una maggiore presenza di malati ed ha imposto alla Calabria sia il piano di rientro, che vuol dire risparmiare ulteriormente anche su quei pochi fondi insufficienti erogati, sia il commissario ad acta Scura che sta applicando i sacrifici ai malati calabresi in modo insindacabile.

Ecco perché il decreto n. 66 sui farmaci “gastroprotettori” è la logica conseguenza dell’applicazione del piano di rientro, perché basato soltanto su una necessità di risparmio economico e razionamento  senza un minimo di valutazione sui bisogni e sulla numerosità dei malati calabresi e per questo è oltre che ingiusto anche estremamente dannoso.

Infatti a causa del piano di rientro:

1) la Calabria spende procapite in sanità centinaia di euro in meno delle regioni (del nord) considerate virtuose,

2) i calabresi, nonostante le molte malattie croniche, fanno la metà degli esami degli italiani del nord,

3) i calabresi a causa delle “compartecipazioni” (che vuol dire pagare di tasca propria per curarsi) imposte sempre dal piano di rientro concorrono a finanziare il SSN più degli altri italiani, in parole povere i calabresi che ricevono meno soldi per la sanità, con più malati cronici, che vivono nella  regione più povera d’Italia sono costretti dal piano di rientro e dal suo commissario a pagare le cure delle regioni (del nord considerate virtuose) più ricche che ricevono più soldi per la sanità e dove ci sono meno malattie e comorbilità.

Ecco perché sento che è cosa giusta violare la legge 66 e curare i miei assistiti, se non lo facessi mi sentirei uno scafista che decide di buttare a mare una parte dei suoi assistiti, come qualcun altro si dovrebbe sentire.

Nanci Giacinto medico di famiglia calabrese

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