
N. Gratteri
«Prima ancora della politica e della ‘ndrangheta, il problema della Calabria sono i quadri della pubblica amministrazione. Ci sono direttori generali che da vent’anni sono nello stesso posto, e da incensurati gestiscono la cosa pubblica con metodo mafioso. Una politica debole che non ha la forza e la preparazione tecnico-giuridica per affrontare il problema della gestione dei quadri. Per amministrare la cosa pubblica basterebbe un po’ di buon senso, ma la parte procedurale dei meccanismi di appalto è governata da un centro di potere che è lì da sempre».
«Da decenni stiamo vivendo una fase di decadentismo di idee, valori ed etica. Abbiamo una classe politica poco colta e non distinguibile sul piano del colore tra destra e sinistra. Inoltre, siamo oggetto di un’omologazione culturale basata sull’esteriorità».
Un grazie, come abitante di una terra che amo, a volte senza sapere bene perché, al dott. Nicola Gratteri Procuratore del Tribunale di Catanzaro. Per quello che dice e perché quanti (non molti), da altre postazioni e con altre argomentazioni, arrivano a conclusioni simili, vengono tacciati da uomini della politica, commentatori, da maestri pensatori asserviti ai partiti, e da certi intellettuali come pessimisti, disfattisti, anticalabresi. Chi, come me, ha creduto e crede nella politica, come arte e pratica di vita per il bene comune, ha un senso di tristezza nel vedere che dal mondo politico, da quello dell’informazione e dell’intellettualità non giungano parole di verità. Ben vengano quindi queste dure constatazioni di Gratteri anche se non mi faccio molte illusioni: sento che si alzeranno in molti, in tanti, per dargli ragione, dirgli bravo, facendo finta che quelle parole siano rivolte agli altri e non a loro. La politica ha infiniti modi per svicolare, proteggersi, autoassolversi. Fino a quando la maggior parte della popolazione non dirà basta a questo degrado ambientale, politico, sociale, morale.
Dalla pagina Fb di Vito Teti
Vito Teti
I colletti bianchi sono diventati più pericolosi delle coppole. Per il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, «prima ancora della politica e della ’ndrangheta, il problema della Calabria sono i quadri della pubblica amministrazione». Dopo aver seguito gli ’ndranghetisti nelle boscaglie dell’Aspromonte durante la stagione dei sequestri di persona, ricostruito le rotte del narcotraffico fino al Sudamerica, ora il magistrato, che da quasi trent’anni vive sotto scorta, punta su chi siede sulle comode poltrone degli uffici appena inaugurati della Cittadella regionale.
«Ci sono direttori generali – ha spiegato intervenendo a una manifestazione a Reggio Calabria – che da vent’anni sono nello stesso posto, e da incensurati gestiscono la cosa pubblica con metodo mafioso». Un centro di potere cresciuto sulle spalle di «una politica debole che non ha la forza e la preparazione tecnico-giuridica per affrontare il problema della gestione dei quadri. Per amministrare la cosa pubblica basterebbe un po’ di buon senso – ha detto ancora Gratteri – ma la parte procedurale dei meccanismi di appalto è governata da un centro di potere che è lì da sempre. Anche per questo quando mi hanno proposto di candidarmi ho detto di no».
A sedersi sulla scomoda poltrona di governatore della Calabria è invece Mario Oliverio. Dopo due anni da presidente non ha dubbi: «Sottoscrivo convintamente la valutazione del procuratore Gratteri». Quello della burocrazia è un problema «più che politico direi di democrazia». «Si avverte una pressione, una presenza che definirei un macigno, uno schema sempre uguale di burocrazia dominante. Sono dell’idea che questa struttura abbia avuto un peso tutt’altro che secondario nel ritardato processo di sviluppo della Calabria».
Negli uffici pare capitare di tutto, succede che le riunioni di giunta vengano registrate abusivamente e addirittura che dipartimenti regionali promuovano atti in senso opposto rispetto alle richieste del presidente e della sua giunta. «Segnali diversificati – spiega il governatore – ma che rendono l’idea di una burocrazia arrogante e autosufficiente sul piano del potere». Per rompere l’assedio si dovrebbe riorganizzare e ruotare i dirigenti da un settore all’altro, più facile a dirsi che a farsi: «È stato il mio impegno fin dall’inizio, ora siamo a un passo dal mettere in pratica una riforma epocale, ma abbiamo incontrato forti resistenze». Un aiuto potrebbe arrivare anche dai calabresi: «Cittadini e imprese devono denunciare comportamenti scorretti e soprusi, noi e la magistratura saremo al loro fianco».
Ma nei corridoi della Cittadella non si respira ottimismo. L’elefantiaca struttura regionale, con oltre mille dipendenti, pare aver anticorpi assai forti al rinnovamento. Qui i colletti bianchi resistono allo “spoil system” e ai cambiamenti politici. Una casta di intoccabili a cui nessuno vuol pestare i piedi. Proprio in questi giorni è stata pubblicata la manifestazione di interesse per il nuovo responsabile dell’anticorruzione che dovrebbe vigilare proprio sui dirigenti: domande pervenute nessuna.
Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2016/07/10/ASVQQVRD-pericolosi_dipendenti_calabria.shtml
Foto RETE