…SPARTO, CANNISTRA, SPURIA, JERSU, CAMPA, GRASTA, JAZZU
Vocaboli del nostro dialetto di origine greca
Ciramilo
Tegola; da keramìda. Fino agli anni Sessanta, in contrada Castiglione di Orsomamarso, si producevano tegole e mattoni. D’inverno, quando il freddo non dava pace, per trovare un minimo di tepore a letto, si riscaldava una tegola o un mattone al camino, si avvolgeva in un panno e si metteva sotto le coperte.
Circolavano anche due nomignoli, Ciramilaro e Mattunaro, che in origine indicavano chi lavorava alla fornace.
Cirasi
Ciliegie/i; da kerasìa. Un tempo le varietà tipiche di Orsomarso erano i cirasi a core ed i cirasi maiatichi (di maggio).
I cirasi a core di solito risultano “imbottiti” di larve. Oggi nei campi si trova una varietà molto più ampia di ciliegie.
Mulìo
Orniello, frassino; da melìa. Ad Orsomarso le giovani piante, diritte e resistenti, venivano usati dai contadini come tutori per fagioli e piselli, per reggere le canne a cui attaccare i pomodori, per impiantare filari di vite, per creare pergolati, recinzioni…
La zona di raccolta era la Vadda. Partivano la mattina presto, con asini o muli. Tornavano verso mezzogiorno. Temevano l’arrivo della forestale. Ma in caso di necessità, c’era sempre qualcuno che trovava il modo di metterli in all’erta.
Sparto
Ginestra; da spartos. Molto usato dai contadini, soprattutto per legare le piantine di pomodori alle canne. La ginestra, in passato, veniva usata anche per ricavarne una fibra.

Donna con cannistra
Cannistra
Canestro; da kanìstri. Abitualmente di dimensioni contenute, fatta con rametti di salice o di salicone. Quella più grande, usata dalle contadine per conservare o per trasportare ortaggi dalla campagna, era la cista fatta con strisce di canna.
Spurìa
Striscia di campo; da sporìa. Vocabolo usato spesso dai contadini di un tempo.
chiantari na spuria ri fasuli…
siminari na spuria ri favette…
zappari na spuria ri terra …
Jirsu
Terreno incolto; da kèrsos
Campa
Bruco; da kampa.
Grasta
Coccio; da gastra. I muratori utilizzavano molto i frammenti di terracotta: per livellare, tappare buchi, ma anche per le volte dei forni. Perché uno dei beni della casa contadina era il forno. Per questo in paese non c’erano panifici. Solo alcune donne faceva il pane, in casa, per venderlo: i panittere.

Jazzu con recinto in pietra e scarazzo
Jiazzu
Luogo dove il gregge riposa. Da iatmòs che significa luogo di riposo, dalla radice iauò, riposo. I pastori, nella bella stagione, costruivano jiazzi all’aperto con recinti (i cangiddi) fatti con verghe di mulìo.

Jazzu con verghe di mulìo
Di tanto in tanto lo spostavano, per concimare più terreno, dove poi seminavano. Esistevano anche jazzi costruiti con recinti di muri a secco a cui era collegato una struttura coperta, u scarazzo. Erano costruiti su terreni inclinati, per permettere all’acqua piovana di scorrere, senza formare pozzanghere. Si proteggeva così il manto delle pecore dal fango.
Foto RETE
One Reply to “Orsomarso ed il suo dialetto: CIRAMILO, CIRASO, MULIO…”
La fornace di Castiglione apparteneva con buona parte della c/da alla famiglia Rossi