Orsomarso, bagnata dalle limpide acque dell’Argentino, prima della confluenza nel Lao, a 120 mt. sul livello del mare, ha origini remotissime, probabilmente risalenti ad epoca greca o romana, non tanto come nucleo abitativo, quanto, piuttosto, come fortezza militare (Kastron) posta a difesa di una delle più importanti arterie di comunicazione tra il mar Ionio, territorio gravitante sotto la dominazione sibaritica e il mar Tirreno, presso cui sorgevano le più importanti sedi di fondazioni ed empori commerciali, quali Laos, Skidros, ecc.
La valle dell’Argentino costituiva un’importante via di comunicazione anche tra il mare e l’interno della regione ed era utilizzata principalmente per il trasporto del salgemma, estratto dalle montagne confinanti con l’attuale comune di Lungro e di argento (da cui l’idronimo) della valle dell’Esaro.
Infatti, le sue origini rimandano ad una antica colonia achea, Abystron, la cui ubicazione sarebbe stata individuata sulla prospiciente fascia costiera.
Etimologicamente l’origine del nome Orsomarso, risale ad epoca bizantina, in quanto sappiamo dell’esistenza di un funzionario imperiale, uno spatarocandidato, di probabile origine lucana, di nome Oursos Marsos, che, secondo lo storico André Guillou, costituisce l’esempio più alto di una famiglia autoctona ellenizzata, in quanto rivestì un’importanza economica e una validità psicologica tale da consentirgli di dare il proprio nome ad un centro abitato in via di formazione o da poco formatosi.
All’anno 1042, di fatto, risale un documento relativo ad una controversia di eredità tra l’Abate Clemente del monastero di San Nicola di Donnoso e i nipoti dello stesso, Fantino e Leone. Del collegio giudicante faceva parte anche lo spatarocandidato imperiale Oursos Marsos, latinizzato Ursus Matius, che in quel momento era Turmarca dell’Eparchia del Mercurion.
In una nota dell’articolo “Limiti della regione ascetica del Mercurion”, lo storico Biagio Cappelli, avanzava la fondata ipotesi che proprio nella prima metà dell’XI secolo, andava costituendosi l’abitato vero e proprio di Orsomarso, lo stesso che, in epoca medievale, assunse particolare importanza per aver ospitato una miriade di monaci italo-greci, a cui si deve la nascita e l’affermazione di una famosa eparchia (provincia) monastica.
Il monachesimo italo-greco, divenuto poi noto come monachesimo Basiliano, a seguito dell’avanzata dell’Islam in Asia Minore e in Egitto e con la persecuzione iconoclasta da parte degli Imperatori d’Oriente a partire dal VI secolo d.C. concentrò la sua presenza in Calabria e, precipuamente in quello che oggi costituisce il territorio del Comune di Orsomarso.
Tale fenomeno andò sempre più sviluppandosi, tanto da interessare una vasta area geografica in territorio non solo calabrese, ma anche lucano e campano, facendo sì che la famosa Eparchia Monastica del Mercurion, nel XII secolo estendesse i propri confini fino al territorio cilentano, oggi ricadente nel comune di Vallo della Lucania (SA).
L’attuale centro abitato di Orsomarso ospitò igumeni illustri, quali Fantino il Giovane, Giovanni soprannominato “il grande”, e Zaccaria, detto “l’Angelico”, noti per aver accolto il giovane Nilo di Rossano, che dal 940 al 952/53 visse prevalentemente da eremita nella grotta dell’Arcangelo S. Michele sulla timpa della Simara, dominante il centro abitato, e monaci famosi, quali Luca fratello di Fantino, Stefano, Giorgio e Procolo, anch’essi di Rossano, Nicodemo di Mammola e i monaci siciliani Leoluca, Vitale, Cristoforo, Macario e Saba, proclamati Santi da parte della Chiesa Cristiana.
- Fonti storiche segnalano nel 1262 la fortezza ed il casale di Mercurio come facenti parte dei possedimenti di Martino e poi di Bertuccio Vulcano, già signori del castello di Abatemarco nei pressi dell’attuale S. Maria del Cedro. Mentre il feudo di Orsomarso appartiene a tal Costantino Minutolo in seguito nominato Generale dei Balestrieri del re Carlo I d’Angiò. I due possedimenti resteranno a lungo separati, fino al 21 settembre 1439, quando Mercurio entra a far parte di Orsomarso. In tale data, infatti, esso viene elencato tra le terre e i castelli compresi nella contea di Lauria che Alfonso d’Aragona conferma a Francesco Sanseverino.
- Successore di Francesco fu Barnaba al quale, nel 1489, venne sequestrato da Federico II il solo feudo di Orsomarso per essere venduto a Perrotto Bisach, che lo donò alla figlia Barbara.
- Nel 1538 Barbara porta in dono il feudo al conte Silvestro Tomacello.
- Nel 1580 il feudo di Orsomarso viene venduto per 35.000 ducati allo spagnolo don Ferrante di Alarçon, marchese di Rende.
- Nel 1613 i Sanseverino vendono il feudo di Orsomarso, insieme al feudo di Abatemarco, a Gian Pietro Greco. Di questo signore si sa che si trovò coinvolto in una sommossa popolare provocata da pesanti tassazioni imposte dal re di Napoli.
- Nel 1640 diventa feudo della famiglia degli Ametrano.
- Nel 1668 il feudo passa ad Andrea I Brancati di Napoli. Il castello baronale, posto sotto l’Orologio di Orsomarso e le mura perimetrali, furono anche l’abitazione residenziali della famiglia Brancati.
- Il feudo dei Brancati venne dato in fitto al duca di Giovene e da questo a don Nicola Cavalcanti, marchese di Verbicaro.
- Con la fine del feudalesimo Orsomarso prese parte attiva alle battaglie e lotte risorgimentali dopo aver subito atroci rappresaglie da parte del comandante borbonico Necco.
Di Giovanni Russo
ORSOMARSO – Panorama
2 Replies to “ORSOMARSO raccontato da G. Russo”
Grazie per questa meravigliosa e dettagliita documentazione storica. Questa inizia a ricomporre la ricchezza della identità, del mosaico di un Luogo, di un Territorio ricchissimo ma, tuttaiva ancora da approfondire e soprattutto includerlo nel “Noi”: di farlo proprio sempre di più, … questo ci porta ad una migliore dignità di appartenente al luogo stesso, insieme ad unesigenza/desiderio di cultura, cura e coltura del Nostro territorio. In conclusione di noi come orsomarsesi. By Cosimo R.
E’ la storia documentata dei passaggi di un luogo (ereditato, fittato, donato, venduto…) da un signore all’altro, da una famiglia all’altra. Ottimo lavoro.
Quando leggo di fatti del passato, la prima domanda che mi urge è: ma la gente comune come viveva?
Nel caso del nostro paese, a me capita spesso di frugare fra i ricordi degli anni intorno al 1950 e rivivere esperienze personali, o comunque conosciute, e provare sgomento. E poi mi chiedo: in questa valle “selvaggia e aspra e forte”, chè tale doveva essere 500, 1000 anni fa, come si svolgeva la vita di tutti i giorni? uomini e donne, vecchi e bambini che attività svolgevano per sopravvivere? quali erano i rapporti fra le persone e quelli fra il popolo e il signore? com’erano le case, l’igiene, l’abbigliamento, quali le malattie? qual era il grado di ignoranza? quali i costumi, le usanze, le cerimonie religiose, le festività, le credenze, i soprusi? La storia di tutto ciò mi piacerebbe leggere. Quando cerco di immaginarmela, inorridisco.