Tocqueville: “Io considero empia e detestabile la massima che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto”.

 

Aléxis de Tocqueville

 

Io considero empia e detestabile la massima che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto, e tuttavia ripongo nella volontà della maggioranza l’origine di tutti i poteri. Sono forse in contraddizione con me stesso?

Esiste una legge generale che è stata fatta, o almeno adottata, non solo dalla maggioranza di un popolo o un altro, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge è la giustizia.

La giustizia costituisce dunque il limite del diritto di ogni popolo.

Una nazione è come una giuria incaricata di rappresentare  la società universale, e di applicare la sua legge, cioè la giustizia. La giuria, che rappresenta la società, deve avere più potere di quella stessa società di cui applica le leggi?

Dunque quando mi rifiuto di obbedire a una legge ingiusta, non nego alla maggioranza il diritto di comandare, ma passo dall’appellarmi alla sovranità del popolo a quella del genere umano.

C’è chi non teme di dire che un popolo, nell’ambito degli oggetti che interessano lui soltanto, non può uscire interamente dai limiti della giustizia e della ragione, e di conseguenza non si deve aver paura di consegnare tutto il potere alla maggioranza che lo rappresenta. Ma è un discorso da schiavi.

Che cos’è infatti una maggioranza, presa nel suo insieme, se non un individuo che ha opinioni, e il più delle volte interessi, contrari a quelli di’ un altro individuo, chiamato minoranza? Ora, se si ammette che un uomo dotato d’onnipotenza possa abusarne a spese dei suoi avversari, perché non si dovrebbe ammettere lo stesso per una maggioranza? Forse che gli uomini, riunendosi, cambiano carattere? Diventando più forti sono diventati più pazienti di fronte agli ostacoli?(1)  Per conto mio, non lo credo, e il potere di far tutto, che rifiuto a uno dei miei simili, non lo concederei mai a una pluralità.

Non che io creda che per conservare la libertà si possano mescolare nello stesso governo diversi principi, in modo da farli effettivamente funzionare l’uno contro l’altro.

Il governo cosiddetto “misto” mi è sempre parso una chimera. A dire il vero non esiste neppure un governo misto – nel senso che si dà a questo termine – perché in ogni società si finisce per trovare un principio d’azione che domina su tutti gli altri.

L’Inghilterra dello scorso secolo, che nella fattispecie si cita come esempio di questo tipo di governo, era uno stato essenzialmente aristocratico, per quanto avesse nel suo seno forti elementi di democrazia: leggi e usanze, infatti, erano stabilite in modo tale che a lungo andare l’aristocrazia doveva avere il predominio e dirigere a proprio piacimento gli affari pubblici.

L’errore deriva dal fatto che, vedendo incessantemente gli interessi dei grandi alle prese con quelli del popolo, si è considerata soltanto questa lotta, senza fare attenzione al risultato, che era il punto più importante. Quando una società arriva ad avere un governo davvero misto, vale a dire spartito in parti uguali fra principi contrari, o entra in rivoluzione oppure si dissolve.

Io penso quindi che da qualche parte bisogna stabilire un potere sociale superiore a tutti gli altri, ma penso anche che la libertà sia in pericolo se questo potere non si trova davanti un ostacolo che possa rallentarne il cammino, dandogli il tempo di moderarsi da solo.

L’onnipotenza mi sembra in sé una cosa cattiva e pericolosa. Il suo esercizio sta al di sopra delle forze di qualunque uomo, e io non vedo che Dio che possa essere senza rischio onnipotente, perché la sua saggezza e la sua giustizia sono sempre pari al suo potere. Ma sulla terra non c’è autorità così rispettabile di per sé, o rivestita di un diritto così sacro, alla quale permetterei di agire senza controllo e dominare senza ostacoli. Quando vedo accordare il diritto e la facoltà di fare qualunque cosà a un qualunque  potere, che lo si chiami popolo o re, democrazia o  aristocrazia, che si eserciti in monarchia o in repubblica, dico che là sta il germe della tirannide, e cerco di andare a vivere sotto altre leggi.

Quello che più rimprovero al governo democratico, quale è stato, organizzato negli Stati Uniti, non è, come molti pensano in Europa, la sua debolezza, ma al contrario la sua forza irresistibile. E ciò che mi ripugna di più in America, non è l’estrema libertà che vi regna, ma le pochissime garanzie  che si hanno contro la tirannide.

Quando negli Stati Uniti un uomo o un partito subisce un’ingiustizia, a chi volete che si rivolga? All’opinione pubblica? È lei che forma la maggioranza. Al corpo legislativo? Rappresenta la maggioranza e le obbedisce ciecamente. Al potere esecutivo? È nominato dalla maggioranza e le serve da strumento passivo. Alla forza pubblica? La forza pubblica non è altro che la maggioranza sotto le armi. A una giuria? La giuria è la maggioranza cui è stato attribuito il diritto di pronunciare sentenze: in certi stati, i giudici stessi sono eletti dalla maggioranza. Per iniqua o irragionevole che sia la misura che vi colpisce, non resta altro che sottomettervisi (2).

Immaginate invece un corpo legislativo composto in modo tale da rappresentare la maggioranza, senza per questo essere necessariamente schiavo delle sue passioni; un potere esecutivo che abbia forza propria, e un potere giudiziario indipendente dagli altri due: avrete ancora un governo democratico, ma senza più quasi nessuna possibilità che si affermi la tirannide.

Io non dico che attualmente in America si faccia un uso frequente della tirannide; dico che contro di essa non ci sono garanzie, e che le cause della mitezza del governo vanno cercate nelle circostanze e nei costumi, non nelle leggi.

 

Aléxis de Tocqueville, La démocratie en Amérique, Libro II, cap. IV, traduzione di Guido Paduano

FOTO Rete

NOTE

 

1 Nessuno vorrà negare che un popolo possa abusare della forza nei confronti di un altro popolo. Ma i partiti costituiscono come delle piccole nazioni all’interno di una grande; nei rapporti tra di loro sono come stranieri. Se sì ammette che una nazione possa essere tirannica verso un’altra nazione, come negare che un partito possa esserlo verso un altro partito?

7 A Baltimora, nel corso della guerra del 1812, si ebbe uri esempio impressionante degli eccessi cui può portare il dispotismo della maggioranza. In quel momento, la guerra era assai popolare a Baltimora. Un giornale che le si opponeva con forza suscitò con la sua posizione l’indignazione degli abitanti. Il popolo si radunò, distrusse la tipografia e diede l’assalto alle case dei giornalisti. Si cercò di mobilitare la milizia, ma essa non rispose all’appello. Allora per salvare quegli infelici minacciati dal furore pubblico si decise di metterli in prigione come fossero dei criminali. Ma la precauzione fu inutile: durante la notte, il popolo si radunò nuovamente, e ancora una volta i magistrati non riuscirono a mettere in campo la milizia. La prigione fu occupata, uno dei giornalisti fu ucciso sul posto, gli altri restarono

sul terreno come morti. I colpevoli, deferiti a una giuria, furono assolti.

Un giorno dicevo a un abitante della Pennsylvania: ‘Spiegatemi come mai in uno stato fondato da quaccheri e famoso per la sua tolleranza i negri diventati liberi non sono ammessi a esercitare i diritti civili. Pagano le tasse: non sarebbe giusto che votassero?- Mi rispose: -Non fateci l’offesa di credere che i nostri legislatori abbiano commesso un atto così grossolano di ingiustizia e di intolleranza-. -Allora da voi i negri possono votare?- «Certo». •Com’è allora che stamattina non ne ho visto neppure uno al collegio elettorale?- -Non è colpa della legge, mi disse l’americano: i negri hanno il diritto di partecipare alle votazioni, ma si astengono volontariamente dal farlo-. -Gran modestia da parte loro!- -Oh, no! Non è che rifiutano di andare a votare, ma temono di essere maltrattati.

Da noi può accadere che la legge manchi di forza, quando la maggioranza non la sostiene. Ora, la maggioranza è imbevuta dei peggiori pregiudizi contro i negri, e i magistrati non si sentono in grado di garantire i diritti conferiti loro dal legislatore-, -Come! La maggioranza, che ha il privilegio di fare le leggi, pretende di avere anche quello di disobbedire alle leggi?-

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