OTTOBRE, i proverbi del mese

Ormai il sole declina ogni giorno di più verso sud fino alla sua morte simbolica nel solstizio d’inverno, quando raggiungerà il punto più basso sull’orizzonte. Ma questo sole che impallidisce si accompagna a un cielo terso, perlomeno nell’Italia peninsulare, e agli ultimi frutti dell’anno, i più dolci e succosi.

Ottobre, dal latino October, ottavo mese, alterna giornate straordinariamente serene a piogge torrenziali; sicché un proverbio istriano ricorda che «Otobre e marzo per matìo i se somìa come pare e fio» ovvero ottobre e marzo si assomigliano per mutevolezza come padre e figlio. Tuttavia quando fa bel tempo è una meraviglia: a Roma le belle giornate di questo mese hanno ispirato un termine popolare, l’ottobrata, per indicare la prima decade del mese tiepida, dal ciclo terso e celeste, che invita a passeggiare, a far gite fuori porta.

Una volta quelle gite, soprattutto verso i Castelli, erano l’occasione per cantate e bevute sicché un proverbio avvertiva che «A la reale l’ottobre è fatto com’er carnevale». L’abitudine, d’altra parte, non è soltanto laziale perché in Romagna si dice: «Setembar e utobar cun dal bel giurnedi, temp ad fé dal scampagnedi», settembre e ottobre dalle belle giornate, è tempo di far le scampagnate.

Ai cacciatori un altro proverbio, che non sarebbe piaciuto al santo cui è associato, ricorda che a «San Francesco tordo al desco» perché è il momento di cacciare questi uccelli. Il 14 ottobre si rammenta, invece, ai contadini che è tempo di arare e seminare perché conviene finire entro il 28: «San Gaudenzio, prendi i buoi e mettili davanti; per San Simone stacca i buoi dal timone» oppure «Per San Gaudenzio chi non ha cominciato cominci». I contadini laboriosi, infatti, l’aratura l’hanno già iniziata in agosto.

Alla festa di San Gallo, che cade il 16 del mese, si può invece prevedere il tempo che farà nei prossimi mesi: «Se piove per San Gallo piove per cento giorni» oppure «Se fa bello a San Gallo, fa bello fino a Natale». A loro volta i contadini romagnoli ricordano che «Quand l’è bon temp e’ de ad San Gali, u s’semna enca in fond al vali», quando è bel tempo il giorno di San Gallo, si semina anche in fondo alle paludi.

In questo mese occorre seminare, operazione che non bisogna rimandare troppo perché le piogge autunnali potrebbero nuocerle; sicché si raccomanda: «O molle o asciutto per San Luca [18 ottobre] si semina tutto». Ottobre è anche il mese in cui, terminata la vendemmia, cominciano le tante operazioni per preparare il vino; perciò si dice: «Ottobre: vino e cantina, da sera a mattina», nel senso che occorre tenere sotto controllo il mosto che sta ribollendo nelle cantine.

Per i contadini di una volta la festa di San Simone apostolo era molto importante, come già si è rilevato sottolineando che il 28 è considerato l’ultimo giorno utile per la semina. Ma ai ritardatari un proverbio marchigiano offre ancora una speranza: «Se piove de San Simò, tocca, tocca, lavorato, e se non piove vanne adagio» cioè, se piove per San Simone vai vai, lavoratore, e se non piove vai adagio.

Nell’Italia meridionale si ricorda che «Per San Simone il ventaglio si ripone», nel senso che ormai non fa più caldo. Ma il consiglio vale soltanto per il Sud perché al Nord il ventaglio non serve più da settembre. È invece più adatto al Nord il proverbio che dice: «Per San Simone una mosca vale un piccione». Di mosche, infatti, quasi non se ne vedono più: sono cominciate a diminuire dopo i temporali d’agosto, come ricorda un altro proverbio: «La prima acqua d’agosto cadon le mosche e quella che rimane morde come un cane».

Siamo alla fine di ottobre, il periodo più adatto per castrare i galletti in modo da avere capponi a Natale. Perciò si rammenta: «Per San Simone il galletto si fa cappone». Intanto il vino dovrebbe aver finito di ribollire, sicché lo si comincia ad assaggiare per tenerlo sotto controllo forando la botte con lo spillo, un ferro lungo un palmo a forma di punteruolo. Lo ricorda un proverbio romagnolo: «Per San Simon u s’fora la botta de’ ven bon», per San Simone si fora la botte del vino buono. Assaggia tu che assaggio io c’è il rischio di un’ubriacatura «novella» perché il vino nuovo, fresco e apparentemente leggero, inganna facilmente. Sicché, dicono in Veneto, «Da San Simon le done van a rebalton», cioè vanno a gambe all’aria.

I proverbi sulle nespole

In ottobre si colgono le nespole, come ricorda il proverbio «Per San Francesco la nespola nel cesto» cui fa eco: «Quando appare la nespola piangete perché è l’ultimo frutto dell’estate». Ma in realtà la nespola non è l’ultimo, perché in questo periodo maturano anche i succulenti e dolcissimi cachi. D’altronde la nespola è un frutto d’ottobre soltanto in teoria perché non si può mangiare appena colta: occorre farla maturare. Si dice infatti: «Per San Simone la nespola si ripone». E anche: «Col tempo e con la paglia maturano le nespole», che ha pure un significato metaforico nel senso che con un poco di pazienza e di buona volontà si viene a capo di tutto.

Le nespole, infatti, hanno una polpa coriacea e acerba e diventano commestibili se si conservano in un luogo secco, preferibilmente in un solaio e su un letto di paglia, per due o tre settimane. L’ammezzimento le rende tenere e leggermente asprigne. Una volta i contadini le apprezzavano molto perché, giungendo all’inizio della stagione fredda, garantivano frutta nel cuore dell’inverno; e le consideravano giustamente ottime per curare la diarrea e rinforzare le mucose intestinali. Tuttavia, siccome era facile raccoglierle e conservarle, non erano tenute in gran conto, tant’è vero che ancora oggi, quando qualcuno chiede una cosa troppo costosa, gli si risponde: «Nespole!». Ovvero, ironicamente: «Ti accontenti proprio di poco!».

Nel linguaggio popolare il termine «nespola» indica anche un colpo dato in modo rapido e secco: «Gli ho dato certe nespole!». La lenta maturazione delle nespole ha ispirato anche un celebre proverbio, «Col tempo e con la paglia maturano le sorbe e la canaglia», che per quanto riguarda la seconda esprime più un desiderio, utopico, che un fatto.

Fonte: LUNARIO, di A. Cattabiani, Oscar Mondadori

 

Nel tempo contadino ottobre ad Orsomarso era ottruvu.

Per i ragazzi era  importante, perché il primo del mese si aprivano le scuole in tutta Italia.

 

Circolavano questi proverbi:

A ottruvu ‘nta vigna l’acina si vintigna

Ottruvu, supr’a petra cocia l’uvo

Ottruvu chiuvusu tutti i terri su fruttusi

Quannu a ottruvu trona a virnata sarà bona

 

ALTRI DETTI

A casa ri pizzenti nun mancunu stozzi

Cu simina spini nun jissa scauzu

Haja parlà quannu pisciri a gaddina

U purcu quannu j’è chjippu arrummula u scifu

Ogni fucu grannu torna cinira

U miricu piatusu fari a chiaga virminusa

 

COSECUSEDDE

Quala j’è quidda cosa

che jurno e notti mai si riposa? 

(Fiume)

 

Cintu niri e cintu uvi

cintu para ri linzuli

cu addumina quista prova

ni rigalu nu pari r’ova

(Melograno)

 

CREDENZA POPOLARE

Porta sfortuna appoggiare sul tavolo o sul letto scarpe nuove e cappelli

 

 

Foto: RETE

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