GRANDE GUERRA – Il gioco

 

Un soldato scriveva alla sua famiglia:

 « Se ti rivasse notizia che sono morto, non dire che sono morto per la Patria, ma che sono morto per i signori, cioè per i rìchi che sono stati la causa di tanti buoni giovani, la colpa della sua morte»

«Notiziario sullo spirito delle truppe», 15 aprile 1917

 Una poesia di Corrado Alvaro, sottotenente di fanteria nella Grande guerra, ferito alle braccia nel 1915, al Monte Sei Busi sul Carso.

 IL GIOCO

 Tra i miei sessanta soldati

ce n ‘è uno che è un povero figliolo

alto e bello; ma solo

ha i capelli colore di granturco.

In piazza d’armi, quando ci si andava,

que ‘ capelli splendevano lontano.

Ora capisco perché la mia mano

a toccare il fucile, tremava.

 

Ed ho pensato a un gioco, per passare

il tempo e per illudere la fame.

Ah quei capelli splendenti lontano

come un bersaglio che inviti a sparare!

 

Sarà un gioco da nulla. Si dirà:

– Vedi quella gran fiaccola accesa?

– No: è un cero da chiesa.

– Forse s’accende pe ‘ suoi funerali!

– Miriamo a chi lo spenge.

 

Ma la sua mamma certo non lo sa

che quella testa carezzata

sarà lietamente giocata

tanto per stare allegri un quarto d’ora.

 

Foto: Francesco Russo (a dx) al tempo della seconda guerra mondiale

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