SINDONE, tra storia e leggenda

Andrea Nicolotti, ricercatore di Storia del Cristianesimo all’Università di Torino, è autore del libro Sindone”, pubblicato da Einaudi. In questo articolo racconta in sintesi il risultato dei suoi anni di studio su “storia e leggenda di una reliquia controversa”.

In Francia, a una quindicina di chilometri da Troyes, c’è un villaggio di cento anime, Lirey, che ha dato i natali a una delle più famose reliquie di tutta la cristianità. Verso la metà del secolo XIV, Lirey era feudo del cavaliere Geoffroy de Charny, portabandiera del re di Francia, che vi aveva finanziato la costruzione di una chiesetta abitata da sei canonici. A un certo punto, verso il 1355-1356, i canonici cominciarono le ostensioni di un panno di stoffa insanguinato, sul quale era visibile l’immagine del cadavere di Cristo crocifisso. Poiché essi sostenevano che quello fosse il sudario di Gesù, i fedeli accorrevano da più parti a venerarlo e lasciavano cospicue offerte alla chiesa. Intervenne subito il vescovo di Troyes, Henry de Poitiers, che dopo aver condotto un’inchiesta scoprì l’artefice della Sindone e il modo con cui era riuscito a disegnare quell’immagine; allora i canonici, temendo un sequestro della Sindone, interruppero le ostensioni e la nascosero altrove.

Il problema si ripropose nel 1389, quando il figlio di Geoffroy fece riportare la Sindone nella chiesetta e ricominciarono le ostensioni. Per la seconda volta si oppose il vescovo di Troyes, all’epoca Pierre d’Arcis, dando origine a uno scontro che chiamò in causa il papa avignonese Clemente VII, i canonici e il re di Francia. Grazie alla documentazione da loro prodotta, e a noi pervenuta, possiamo ricostruire i diversi momenti di questa battaglia legale che si concluse prima con un ordine di sequestro da parte del sovrano, poi con una bolla papale nella quale, pur riconoscendo ai canonici il diritto di compiere le ostensioni, si imponeva loro di informare i fedeli “con voce alta e intelligibile, cessando ogni frode, che la suddetta figura o rappresentazione viene esposta non come il vero sudario del signore nostro Gesù Cristo, ma come una figura o rappresentazione del detto sudario che si dice essere stato del signore nostro Gesù Cristo”.

Probabilmente la Sindone di Lirey avrebbe seguito la sorte incerta delle altre numerose sindoni e sudari, tutti medievali, che allora popolavano le chiese d’Europa (Cadouin, Carcassonne, Magonza, Aquisgrana, Compiègne, Roma, Cahors, etc.) e si contendevano il primato dell’autenticità; invece quella di Lirey, con la sua bella immagine, ebbe una fortuna speciale. Essa infatti finì nelle mani di Marguerite de Charny, una “perfida donna” (così la chiamavano i canonici) che si impadronì illecitamente della reliquia e nel 1453, perseguitata dalle ingiunzioni dei tribunali, piuttosto che riconsegnarla alla chiesetta preferì venderla sottobanco ai Savoia. Marguerite morì scomunicata, ma a quel punto nessun tribunale poteva convincere il duca Ludovico a restituire la Sindone ai legittimi proprietari: da quel momento la stoffa divenne la reliquia ufficiale dei Savoia, il segno tangibile della benevolenza divina nei loro confronti; e in quanto tale, tutti si impegnarono a far dimenticare le cautele del passato e le dichiarazioni di non autenticità, cominciando a propagandarla come la vera sindone di Cristo.

Ai Savoia e ai loro storici cortigiani va ascritta la responsabilità di aver re-inventato una storia della Sindone, gloriosa e imbellettata, che relegasse nell’oblio quella autentica. Il resto è storia nota: la traslazione a Torino nel 1578, la costruzione della sontuosa cappella del Guarini, le oceaniche ostensioni prima annuali, poi sempre più ridotte e riservate agli eventi fausti della dinastia reale; infine l’esilio della monarchia e nel 1983 la cessione, giuridicamente alquanto dubbia, alla Santa Sede.

Il XX secolo vede anche l’esplosione degli studi scientifici sulla Sindone, a partire dalla famosa fotografia del 1898, che lentamente scivoleranno sempre più verso l’ambito del miracoloso e del soprannaturale, oggi decisamente nello pseudo-scientifico: figure tridimensionali, monetine romane e scritte greche, pollini di Terrasanta, radiazioni fotografiche, fulmini, laser e, da ultimo, esplosioni nucleari. Con poche eccezioni: sopra tutte la datazione al radiocarbonio che nel 1988 colloca la Sindone nel Medioevo, come già da tempo molti storici ed esegeti, inascoltati, avevano previsto. Eppure alla limpidezza della documentazione storica e scientifica vengono costantemente contrapposti altri elementi che, si dice, dovrebbero invalidarla; ma nel frattempo a nessuno, da decenni, è concesso di studiare l’oggetto da vicino.

Se la storia della Sindone è affascinante di per sé, con le sue alterne fortune, è altrettanto affascinante vedere quanto gli uomini, ancor oggi, non resistono alla tentazione di cercare il dito di Dio anche dove non c’è.

Fonte: http://www.nationalgeographic.it/dal-giornale/2015/04/09/news/sindone_la_storia_e_la_leggenda-2560487/

Foto RETE

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