
Si levano da oscure
profondità del tempo,
si cercano, vorrebbero
prendersi, tangersi, toccarsi
da era a era
esse, le mani –
sono mani di donna
tese per il salvataggio
da un naufragio
nell’essere perduto
e prodighe
nel comunicare
vita a vita
attraverso l’oceano
di tempo che le spazia.
Si mancano però infinite volte,
è inane il loro sforzo,
si allungano allo spasimo
le une verso le altre,
non giungono a sfiorarsi
neppure per un attimo:
si sentono nondimeno
esse
le pile
di un affettuoso ponte
della muliebrità.
L’universo d’amore le sostiene,
altra necessità
si oppone e le disperde.
Così
scritto nei segni
infimi e celestiali
di questo inconoscibile alfabeto
trapassa da loro a loro
negli evi, negli eoni
la sapienza della specie,
arriva a te che mi sei figlia
e madre – dice con meraviglia il vir.
MARIO LUZI
Foto RETE