PARMARIJE – San Martino, la cappa e il vino

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S. Martino era un vescovo di quelli che al giorno d’oggi non se ne vedono più. Il suo non era suo e si faceva mungere come una pecora per dare aiuto al povero; non come le anime maledette dei preti d’oggi, che per un centesimo si farebbero strappare l’anima.

Questo S. Martino era buono come il pane, ma aveva un vizio, gli piaceva il sangue di Gesù Cristo e come suonava mezzogiorno chiudeva la porta col catenaccio, riempiva due grossi boccali di vino e lì: dai che ti dò e per vuotar boccali non c’era chi l’uguagliasse.

I preti invidiosi avevano fatto una supplica al Santo Padre dicendogli che il Vescovo era tutto il giorno lustro come uno specchio; e il Santo Padre che ne poteva sapere che i preti lo facevano per invidia? Stizzito, scrisse una lettera al povero Santo e gli mandò a dire che o lasciava il vino o lo scomunicava fino alla settima discendenza.

Ora un giorno di inverno mentre il Santo glorioso camminava fuori della città, chi incontra? Un poverello che faceva venire la compassione. Cerca nelle tasche e gli dà tutto il denaro che aveva addosso. Fa altri quattro passi e ne incontra un altro che sembrava la morte a cavallo; prende e gli dà l’orologio. Seguita a camminare e incontra un vecchio che sembrava il Santo Giobbe, piglia e gli dà l’anello.

Insomma, per abbreviare, a tutti i poverelli che incontrava, a chi dava le scarpe, a chi i calzoni, a chi la tonaca, a chi perfino la camicia, tanto che rimase con la sola cappa per coprirsi.

Sia per il fatto che era nudo, sia perché il freddo si era fatto pungente, sia perché era stanco, il povero Santo riprese la via di casa; ed ecco che vede sotto un albero un altro poverello, che era tutto una piaga e non aveva più un volto; aveva la bocca aperta e nelle guance ci si poteva giocare a fossetta. Figuratevi S. Martino! Si mise a piangere e ad abbracciarlo e non avendo più cosa dargli si toglie la cappa e lo copre. Ma in questo mentre il povero andava trasfigurandosi tutto e diventò un sole, perché era Gesù Cristo in persona.

San Martino si buttò faccia a terra, ma Gesù Cristo se l’abbracciò e gli disse:

«Martino io ti ho concessa la grazia dell’anima, ora chiedimi le altre grazie che desideri».

«O Signore — gli disse San Martino — se è così, concedimi la grazia di potermi ubriacare senza che il Santo Padre mi scomunichi».

«E questo è niente — rispose Gesù Cristo —. Il soverchio vino è peccato quando si beve in taverna o in casa, ma quando si beve per allegrezza non è stato peccato mai. Va’, d’ora innanzi fatti invitare in tutti i banchetti di fidanzati, da loro la benedizione in nome mio e bevi per quanto ne puoi mettere in pancia».

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Fonte: Serafino Amabile Guastella LE PARITA’ E LE STORIE MORALI DEI NOSTRI VILLANI

Foto RETE

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