
Sono in Italia da una settimana, la maggior parte della quale passata a Roma. Ho girato parecchio, con i mezzi pubblici e non da turista ma per risolvere questioni burocratiche. L’ho trovata migliorata e comunque un luogo dove si sta bene. Per cui vorrei invitare i mei connazionali a smettetela di lamentarsi e di usare astratti modelli di perfezione (costruiti dai media mettendo insieme il meglio di paesi stranieri senza tenere conto degli inconvenienti) per trovare la loro condizione deteriorata e dunque esentarsi dalla fatica quotidiana di difendere le conquiste realizzate in passato e realizzarne alcune loro stessi.
Certo, non è merito di ciascuno di noi se il nostro è uno dei paesi al mondo in cui si vive meglio; è merito delle generazioni che attraverso i millenni hanno messo insieme uno straordinario sistema di abitudini, comportamenti, spazi sociali, cultura. Ma proprio questo è il miracolo delle civiltà: che contrariamente a quello che vi ripete il liberismo, le responsabilità e i meriti non sono solo istantanei e personali; ce ne sono di collettivi e storici. Né i tanti difetti e ingiustizie che sussistono sono i segni di un fallimento; piuttosto delle difficoltà che l’esistenza umana comporta, minacciata com’è dalla morte e dal dolore. Sì, siamo imperfetti, l’Italia è imperfetta; ma è immensamente migliore di come avrebbe potuto essere e di come diventerà se ci lasceremo sedurre dalle sirene della rottamazione delle tradizioni, dell’appiattimento sul presente, della fatalistica accettazione della più oppressiva e pervasiva ideologia della Storia, quella del libero mercato.
Smettetela di usare l’alibi del destino manifesto di decadenza o quello altrettanto stupido dei presunti limiti caratteriali degli italiani per adagiarvi in un cupio dissolvi puramente retorico, in un piacere dell’autoflagellazione che diventa autogiustificazione. Ci sono tanti stronzi fra noi e facilmente riconoscibili: che esistano non è un problema, direi che in ogni paese e in ogni tempo almeno un 15-20% della popolazione nasca così – egocentrica, egoista, arrogante, convinta di essere migliore degli altri e di avere diritto a più beni. Il problema è che oggi a chi si sente un vincente è consentito di vincere.
In Italia la strategia dei vincenti è convincere la gente che solo un dio ci possa salvare, e questo dio è la globalizzazione: Starbucks, Amazon, Ikea, Cristiano Ronaldo, o anche Washington, Berlino, Bruxelles, ultimamente anche Parigi (“si dice che Parigi sia la capitale d’Italia”, parole di Fazio nella sua intervista a Macron): la soluzione deve venire da fuori, e loro, i vincenti, ne sono i profeti. No. La libertà importata dall’esterno è servitù e il benessere importato dall’esterno nel medio e lungo termine porta alla miseria. Riconoscere le qualità dell’Italia è la condizione necessaria e sufficiente per renderla migliore.
Di Francesco Erspamer
Dalla pagina Fb dell’autore
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