RESTARE

Orsomarso

 

 

“Restare: sia la pratica del restare sia la riflessione su quelli che restano potrebbero apparire l’antitesi del viaggiare, del mettersi in discussione, della disponibilità al disordine, alla scoperta, all’incontro.

In un mondo che sembra correre senza una direzione precisa, senza una meta, e senza un telos, in cui tutto scorre veloce, si consuma in fretta, e in fretta viene dimenticato; su un pianeta in cui un miliardo di persone è in movimento, fugge dalla guerra, dal clima, dalla fame, per cercare territori più abitabili e per non morire, che senso ha occuparsi del restare, ascoltare quelli che scelgono di restare o tornare nel posto in cui sono nati? Ma è davvero possibile separare l’esperienza del viaggiare da quella del restare e davvero il restare deve essere accostato all’immobilità, alla scelta di non incontrare l’altro e di non fare i conti con la propria ombra, il proprio doppio, l’alterità?

In poche parole, restare davvero significa arroccarsi in un fortino chiuso o esiste anche una maniera spaesante di restare i cui esiti possono essere più scioccanti di un viaggio, più rivoluzionari di un’esperienza in terra straniera? E quanto questa visione statica, estranea, del restare, dell’essere ai margini non è invece influenzata anche da una lunga costruzione del selvaggio, del selvatico, dell’alterità nel pensiero occidentale?”

VITO TETI

Dalla pagina Fb dell’autore

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