
Specchia era in Svizzera, adesso è qui, leggermente convesso, in mezzo alla coda del Salento, in un punto in cui il grande uliveto in mezzo al mare s’increspa.
La piazza ha un palazzo con un vago odore toscano, ma il marchio della luce imprime al luogo una forza che oggi pare sia solo del Sud. A vederlo senza parlare con essuno il paese è bello perfino fuori dalla piazza e dalla parte antica.
Quando parli con le persone del luogo viene avanti il solito Sud attento a indicare quello che non funziona. Il lamento però non è mai la premessa per una militanza attiva, è una postura naturale, qualcosa che serve per stare al mondo accucciati nelle retrovie. La novità di questi ultimi anni nel Sud è che si è conservata una forza, c’è un’energia nelle cose, un’energia che nelle persone un po’ si sfiata. In posti come Specchia è quanto mai evidente che il Sud è avanguardia, che qui di fatto già si è prodotto qualche embrione di alleanza tra l’utopia meridiana e lo scrupolo nordico.
Anche qui i giovani vanno via, anche qui ci si lamenta che un tempo la comunità era più forte. Insomma il paese ha il ronzio di fondo che hanno tutti i paesi del Sud, però la modernità incivile è uno strato sottile, il mondo contadino quietamente riprende vita e mantiene l’antico equilibrio tra paese e paesaggio.

Ecco un Sud che intreccia la terra e la cultura, non per vendersi meglio, non per smerciare patacche, ma per mettere la sua aria nell’aria del mondo. Un Sud capace di convincersi che ha qualcosa di miracoloso, un sedimento mitico che viene da un mare gremito di storia, da una terra che è un grande orto con dei paesi dentro.
Da GEOGRAFIA COMMOSSA DELL’ITALIA INTERNA, di Franco Arminio – Mondadori
Foto RETE