
QUESTE RIFLESSIONI DEL PROF. VITO TETI VANNO LETTE CON ATTENZIONE, PERCHE’ IN QUALCHE MODO CHIAMANO IN CAUSA LA NOSTRA RESPONSABILITA’ SUL DILAGARE DELLA “CULTURA MAFIOSA”
Una CATASTROFE morale, civile, sociale di una terra “bella e amara”, ricca di meraviglie e di macerie.
La catastrofe non è l’inchiesta, ma quanto svela e fa intravedere un’operazione ancora in corso. Un terremoto giudiziaro? Certo. Come sempre, attendiamo l’esito delle indagini e i processi. Ma questa operazione è comunque una catastrofe sociale, morale, politica. Una catastrofe annunciata da anni da vicende di criminalità, da legami tra mafia, politica, colletti bianchi, pezzi deviati dello Stato, massoneria, sempre sottovalutate, ignorate, anche se erano argomento di “narrazioni” pubbliche e private. Purtroppo, se resterà, come credo, in piedi la sostanza dell’impianto accusatorio, bisogna ammettere (mentre si augura a tutti di poter dimostrare la loro estraneità ai fatti) che la realtà ci porta al di là di ogni timore, di ogni immaginazione, dei tanti “si dice”, delle mille lamentele private e silenziose che non diventano quasi mai presa di posizione pubblica, aperta, convinta. Non c’è da gioire. Gli arresti mettono tristezza. Si resta sgomenti, attoniti, indignati. Si continuerà a sperare, in cuore nostro, che non sia “proprio così”, ma non bisogna, come rimproverava Pasolini a certe élites calabresei di fine anni Cinquanta, nascondere la testa sotto la sabbia. Bisogna guardare verso il Cielo, ma puntare i piedi, con fermezza, per terra, nella realtà, anche dolorosa. Adesso chi sostiene che la ‘ndrangheta è un’invenzione di qualche magistrato, comincia a parlare di operazione spettacolo. Forse è bene non chiudere gli occhi. Essere “garantisti” non solo con gli indagati, ma con chi indaga e indica, comunque, al di là degli aspetti giudiziari, il degrado civile, sociale, morale in cui viviamo, silenti e spaventati, apatici e rassegnati, mentre i paesi chiudono e i giovani fuggono. Non ci sono più alibi. Non c’è più tempo da perdere. Altro che “narrazione” di una nuova Calabria, qui siamo alla distruzione dell’intera Calabria, i calabresi corrono verso l’autodistruzione. Questa è la punta di un iceberg più grande, quanto emerge da un “sottoterra” inquietante che non si vuole vedere. Il problema e la soluzione non sono solo giudiziari (ma ben vengano inchieste e operazioni per cui dobbiamo essere grati a chi le conduce basandosi su fatti, riscontri, prove), ma è, come si diceva, politico. Riguarda tutte le forze politiche. Riguarda a quanto pare il PD e le forze di sinistra che hanno scherzato col fuoco, passando da clientele, omissioni, retoriche garantiste e retoriche giustizialiste. Riuscirà Zingaretti, davvero, a contribuire a rinnovare un partito dove sono prosperati interessi, lotte intestine, legami inquietanti con la criminalità? C’è una sinistra “rivoluzionaria” che sappia parlare di occupazione, bellezze, risorse, comunità, pensando sempre agli ultimi, ai poveri, ai fragili, senza dimenticare che le “regole”, la giustizia, la morale, i diritti, la legalità debbono essere un patrimonio condiviso in una terra mortificata e martoriata? Non basta denunciare, e bisogna farlo, che la nuova destra cerca sponde tra la criminalità. C’è una politica “criminale” (senza generalizzare) attiva da anni. Non c’è nulla di antagonista e sovversivo nella “nuova ‘ndrangheta” (e non c’era nemmeno nella mitizzata “buona ‘ndrangheta” del passato). C’è solo il buio, c’è il rischio scomparsa dell’anima dei luoghi e delle persone. Riusciranno gruppi di base, associazioni di volontariato, intellettuali e studiosi attivi e perbene, amministratori coraggiosi, giovani impegnati nel volontariato e nella rinascita dei luoghi, professionisti e imprenditori onesti, a immaginare un percorso nuovo da compiere assieme? Guardando in faccia la realtà e compiendo scelte coraggiose e coerenti per uscire da questo stagno e da questa cappa di oppressione, di ostaggio, in cui è tenuta una delle più belle regioni di Europa, di cui i criminali (e non chi li combatte) hanno distrutto immagine, risorse, bellezze, speranze? Se non ora quando? Basta dibattiti. Certo: riflessioni, analisi, meditazioni serie, fondate, non pregiudiziali. Ma non si perda altro tempo. Si affermi un’etica del fare, oltre che dell’essere. Si abbandonino sterili discorsi identitari, retorici ed enfatici, buoni solo per non fare nulla, per non cambiare, per lasciare sempre le cose come sono, per fare fuggire (fisicamente o mentalmente) che non accetta questo “stato delle cose”.
VITO TETI
Dalla pagina Fb dell’autore
FOTO: Rete
