BEGHINE



Vincenzo Padula (Acri, 25 marzo 1819 – Acri, 8 gennaio 1893) è stato un presbitero, poeta e patriota calabrese.

Di Padula vi propongo alcune pagine che raccontano particolari della Calabria dell’Ottocento.

BEGHINE

A su vicinu c’è na mala spina,

vucca de ‘nfiernu si potè chiamare;

va judicannu luntani e vicini,

‘n ugne minestra vo’ minteri sali.

A genti de sa via pozza crepari;

o Vergini Maria, chi tradituri!

quannu te viju cu donne parrari,

subitu diciu ca ci fa l’amuri.

Pua si junginu e fau nu fòcularu,

parrano mali de nuostru Signore.

O gente, che vi jate a cunfessare,

allu ‘nfiernu ci jati a derittura(31).

L’artigianella o la mezza cappa(32), che non può maritarsi, si mette un fazzoletto color caffè, va ogni mattina alla chiesa collocandosi sugli angoli o dietro la porta, s’inginocchia col capo sulla sedia, si cala il fazzoletto per non mostrare la discriminatura, s’accolla con uno spillo la pezzuola del petto, e si fa bizzoca. S’ascrive all’Ordine di S. Francesco d’Assisi: un torzone accende due candele nell’altare, ella genuflette, il suo padre spirituale le mette addosso la pazienza(33), anche benedetta, benedice anche lei, ed ella s’obbliga a due quaresime.

Ogni mattina sente la messa, si comunica, e dopo va al confessionile. Andando a comunicarsi, accostasi all’altare a mani giunte, piano piano, ed incurvata; ed uscendo di chiesa si butta col viso per terra, mormorando tre Ave.

Le bizzoche sono le spione dei preti e dei frati. Per essi si dividono in partiti; e, sentita la messa, dimorano in chiesa facendo mille vani discorsi. «Che fanno i monaci? Il tale chi ha confessato? Con chi si è trattenuto più nella confessione? Chi ha fatto passare prima dell’altre?». Ed una dice: «Io sola ci ho, sora(34) mia, la mala fortuna; appena mi sente, me ne manda. Anch’io vorrei fare regali al mio confessore; ma non posso, che i miei di casa mi fanno guerra ». E l’altra risponde: « S’è così, manda a me ova e farina, che io farò i biscotti, e glieli manderò a nome tuo». E mandano complimenti, né lo dicono alle compagne, perché queste non facciano lo stesso. E al momento che scrivo, le bizzoche mandano il tabacco ai monaci a dispetto di Sella(35).

Amano i confessori, e parlandone male te le fai nemiche. Ne hanno il nome in bocca, ed incontrandolo per via gli baciano la mano.

Rientrano se sentono canzoni; le persone di casa non le lasciano mai sole, perché temono d’essere rubate; non soffrono ammonizioni, sfuggono la fatica, e si confessano a vicenda i loro scrupoli; e ‘l proverbio: Monache di chiesa, diavoli di casa, s’avvera quasi sempre.

Nelle belle giornate escono con in tasca una provvista di cibi; si danno il convegno nella chiesa, poi vanno a passeggio e mangiano. Fanno industrie in società col confessore, fanno il baco con esso. L’unica loro virtù è di contendere con le vicine; e se sono talvolta risentite, è bello allora sentire le vicine.

Ecco ciò che costoro le dicono: «Vorrei essere io la grattugia per grattarti cotesta faccia lorda. Voi fate la confessione del curatolo, a cui menò calci il lupo. Io non vorrei trovarmi neppure come pulce dentro i panni tuoi. Hai che dire però? Escite dalla comunione, e tornate al confessionile: segno che siete anime ree. A quell’altro mondo ci vedremo le facce nostre. Fai l’anima santa; e nondimeno metti mente a tutti gli atti delle vicine; e “Questa è buona, e quell’è cattiva”. Meglio per te dare cotesto abito al porco. Non so come i tuoi tipossono soffrire: una fanatica, una pazza. Ammattite pel confessore; se sia bello, se sia brutto: ve lo dovete pigliare per marito? Io mi confesso col primo, in cui m’abbatto; né sono come voi, che se manca il confessore “Io non mi confesso, io aspetto il confessore mio”. Segno che la confessione non va dritta. La vera confessione fu quella del pubblicano, che la fece a tutti. Ma voi altre v’appiastricciate al confessionile, e vi agonizzate. E voi sante? E voi buone? Voi che dite di non poter guardare le salcicce, perche vi fate cattivi pensieri? Dicono che dove è una bizzoca la casa fiorisce: io non la vorrei vedere nemmeno appresso la comunione».

E la bizzoca risponde: «Sia fatta la volontà di Dio».

Sponsalizii, malattie e lutti sono le tre miniere della beghina.

Si piantano nelle case di lutto, e vi fanno tutti i servigi. La beghina visita la casa dell’infermo, e dice: «Io vi dovea venire a trovare da più tempo, perché ho avuto un sogno… Ma poi ho detto: “Te’; l’avranno forse a male”, e mi sono arrunghiata(36); e poi altri avrebbe creduto ch’io veniva per avere qualche truscia(37); ma io vi voglio bene, e v’ho voluto sempre bene. Quando avete afflizione voi, ne ho io; e quando allegrezza voi, allegrezza io; non per voi soli; che io voglio bene a tutti, massime alle persone timorate di Dio, come la famiglia vostra». «E che ti hai sognato?». «Ho sognato la madre vostra, che camminava in fretta, e scalza; ma il mio non fu un sogno, fu una cosa in dormiveglia, come s’io l’avessi vista in atto. Io mo(38), guardate, non ve lo vorrei dire, perché pare ch’io vi addolori con ricordarvi la mamma vostra …; ma il Signore a chi vuoi bene manda travagli». «E mamma che t’ha detto?». «Io, appena che l’ho vista, “O donna Caterina mia, dove vai? “, e l’ho abbracciata. Ed ella mi rispose: “Lasciami ire, che ho fretta; che in casa mia ci è bisogno “. E mi sono risvegliata. Ora, se volete qualche triduo o novena, io per amor vostro la farò». «E voi, fatela, o monacella, fatela». «La farò, e la comincerò stasera; ma mandatemi una coppa d’olio, perché nel buio non potrò dire i paternostri a Gesù Cristo». «E giusto la sera dovete dirli?». «E già, perché Gesù Cristo accetta le preghiere, quando tutti dormono, enessuno si ricorda di lui. Perciò io lo prego nel filo della notte; mi metto in ginocchio; e dico quell’orazioni che Dio mi ispira». E durante la novena la beghina visita l’infermo, e ha sempre la truscia.

In caso di lutto dice: «Io m’ho sognato il morto, e mi ha detto che sente pena del piangere che fate. È meglio recitare per lui un rosario». Se il morto non fu a tempo di confessarsi, i parenti di lui dicono alla beghina: «Chi sa  se quel poveretto è andato buono? Chiamalo, monacella, nei tuoi sogni, e fa che ti dica in qual luogo si trovi». E la beghina promette sospirando, e sospirando si piglia il caffè.

La dimani ritorna, e nuovo caffè; e poi comincia: «Io l’ho visto in piedi con una lucerna davanti. Datevi dunque pace; è ito a luogo salvo. Egli poi in fine dei conti che avea fatto di male? Male del prossimo non parlava; roba altrui non ne avea; onore alle figlie delle mamme non ne avea tolto; era un uomo dabbene; Dio l’ha conosciuto giusto, e se l’ha preso».

La giovinetta poi, che cupida d’un marito ebbe un sogno, va dalla beghina a chiedere l’interpretazione, e la beghina le risponde: «Cotesto tuo sogno pare voglia dire che tu devi prendere stato. Ei ci è alcuno, ci è?». «Ce ne ha molti, monacella mia, che mi vogliono». «Ed io me ne rallegro; ma per pigliare stato bisogna pregare per sapere la propria vocazione. Io non consiglio nessuna a mettersi al mondo; chè di questo malo mondo che se ne ha? Non vi trovi altro che spine. Voi ragazze v’allegrate al pensiero di mettervi la collana e l’anello: è collana di dolori, è anello di schiavitù … Per un altro verso, poi, vai meglio esser capo, e non coda, e non vivere soggetta ai fratelli. I fratelli sono nemici pagati, mentre il marito è Dio, e non ti viene mai meno. Poi è più facile contentare uno, e non tanti. Va, figlia, e non dubitare; io pregherò per te, e non aver fretta. Buona zita siedi, / e buon marito miedi (39); o esso forse (e tu capisci che cosa sia quell‘esso) è simile al lavoro, che se spira vento si sgranella?». E la giovinetta fa un regalo alla beghina; ne ottiene dell’olio, e fa la preghiera. Si alza nel cuore della notte, si attacca al capo una mappina, piglia il naspo per gruccia, piglia con la sinistra i paternostri, apre le finestre, e passeggiando per la stanza dice così:

O San Giacomo, santu pellegrinu,

viatu chi t’adura, e chi t’incrina!

Viatu chi pe tia fa su caminu;

dami nu signu, o moni, o cramatinu(40).

E dice sempre così camminando, ed origliando; e, s’ode suono di chitarra, o canto d’uomo, o di gallo, se lo reca buon augurio; se ode miagolio di gatti, crede che il matrimonio non sarà buono. Il miglior segno è il sentire sulla via qualche donna che, chiamando la vicina, le dice: « Vieni! »

Buonvicino. Senza bizzoche.

Scigliano. Ha molte bizzoche per opera di D. Serafino

Mauro, direttore di quel Ginnasio.

Belmonte. Le bizzoche cessarono dall’epoca dei Francesi

S. Lucido. Senza bizzoche.

Pedevigliano. Le bizzoche stimasi abbiano relazione coi morti. Una dicea ad una madre: « Tu dormi? tua figlia è nel cellaio, e desidera una messa pizzuta ». Asseriscono di visitare assieme coi morti gli infermi, e portar loro vita o morte, secondo che vestono bianco o nero.

Nei Marzi, bizzoche molte. Ad un confessore si fecero i seguenti versi:

Via, quaranta fucilate

scaricamu a Fra Ventura,

cientu palli intra la panza,

e finisce la paura.

E si no, nu gruossu sciartu

le ligamu mo allu cuollu,

u ragamu pe na timpa,

u jettamu a rumpicuollu(41).

Torano. Bizzoche nessuna.

Luzzi. Ha bizzoche.

Rende e Dipignano. Moltissime.

Bocchigliero. Molte, istituite dai Padri Ligorini [di Corigliano](42)

Mottafellone. Molte. 13 monache di casa, che si governano sotto la regola approvata ed arricchita d’indulgenze da D. Gaetano Errico di Secondigliano, fondatore delle Congreghe dei Sacri Cuori.

S. Donato. Molte bizzoche, grazie al parroco Giannuzzi. Son divise in sette, essendovi il partito del prete Gravina.

Castrovillari. Vi sono bizzoche.

Mormanno. Bizzoche nessuna.

Cassano. Ha molte bizzoche.

Rocca. Tutte bizzoche, anche le signore, e si maritano.

S. Giovanni. Moltissime.

Da CALABRIA, PRIMA E DOPO L’UNITA’, di Vincenzo Padula

Foto: Rete

NOTE

31 Qui nei dintorni c’è una spina velenosa, / si potrebbe chiamate bocca d’inferno; / critica persone lontane e vicine, / vuoi mettere sale in ogni minestra. // La gente di tal via possa crepare; / o Vergine Maria, che traditori! / quando ti vede parlare con donne, / subito dice che ci amoreggi. / Poi si uniscono come intorno ad un focolare, / e parlano male persine di nostro Signore. / O gente che andate a confessarvi, / all’inferno ci andrete dritti dritti.

32 Appartenente a famiglia che comincia a nobilitare il casato con una professione liberale.

33 «Tunica che portano taluni ordini religiosi ».

34 Sorella.

35 Allude alla politica di austerità di Quintino Sella, e probabilmente al periodo 1869-             73

36 Rannicchiata.

37 Involto, regalo.

38 Adesso.

39 Siedi come buona fanciulla, / e otterrai un buon marito.

 40 O San Giacomo, santo pellegrino, / beato chi ti adora, e chi si inchina davanti a te! / Beato chi per te fa la sua strada; / dammi un segno, o ora, o domattina. — S. Giacomo di Compostella, protettore dei viandanti.

41 Su, quaranta fucilate / scarichiamo a Fra Ventura, / cento palle nella pancia, / e finisce la paura. / Altrimenti, una grossa fune / leghiamo ora al collo, / lo trasciniamo per un pendio, / lo gettiamo a rompicollo.

42 Dal ms. dei Paesi.

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