CHE COS’È IL BUDDHA?

Un bonzo chiese al suo maestro:

«Che cos’è il buddha?»

«E tu chi sei?» fu la risposta del maestro.

«Io?… Io sono io!»

«Conosci questo io, sì o no?»

«Ma certo che lo conosco!»

Alzando uno scacciamosche in faccia al bonzo, il maestro

aggiunse:

«Lo vedi questo?»

«Evidentemente sì.»

Allora il maestro si alzò e, lasciando la stanza, concluse:

«Non ho niente da dire.»

Il buddha è uno stato spirituale, uno stato di risveglio, di coscienza totale al margine dell’intelletto.

«Che cos’è il buddha?»: la domanda del bonzo è sciocca. Cerca di ottenere una definizione intellettuale là dove l’intelletto non c’entra per nulla.

Il maestro gli dà subito la soluzione. Invece di fargli una dissertazione sull’ego, l’Io e così via, dice al bonzo: «E tu chi sei?». Come dire: «Chi sei tu, tu che vuoi sapere che

cos’è lo stato di perfezione totale? Chi ti credi di essere?».

Di solito, la nostra educazione ci porta a sminuirci. Perché dobbiamo diventare dei buddha? Chi siamo? Abbiamo cose più importanti da fare che ottenere una definizione

di buddha. Sapere chi siamo e conoscere il nostro valore profondo è molto più utile.

Il bonzo risponde: «Io sono io». Anche in questo caso il suo intervento è sciocco. L’io che descrive è un io quotidiano, limitato, l’io di tutti i giorni, quello che gli hanno cucito

addosso sin da bambino. Parla degli ostacoli e delle limitazioni che lui ha integrato nel corso della sua educazione.

Dicendo «Io sono io», il bonzo esprime tutta la sua abitudine a vedersi come un uomo limitato che immagina il buddha al margine di sé.

Questa risposta irrita il maestro, che insiste: «Ma conosci questo io, sì o no?». La sua domanda è chiarissima: «Conosci l’io di cui parli? Subisci la tua personalità o la conosci?». Tutti siamo chiamati a rispondere a queste domande. Subiamo quello che ci accade? Siamo la tempesta o siamo il ciclo azzurro in cui la tempesta porta scompiglio? In questo ciclo azzurro, la tempesta appare e poi scompare, mentre il ciclo rimane inalterato.

Mi è capitato di lavorare con una coppia che stava attraversando un momento di crisi. Ho detto alla donna: «Sei arrabbiata per colpa sua. Allora affronta questa arrabbiatura

e falla uscire fuori! Non tenertela stretta, è puro teatro. Lascia stare le tue lamentele e fa’ affiorare tutto ciò che di positivo e di essenziale c’è nella vostra relazione».

Poco dopo, la donna ha detto al suo compagno: «Mi hai fatto del male, ma ti amo. Però ho paura di amarti perché so che se continuerai a trattarmi come hai appena fatto, mi spezzerai il cuore».

Allora io le ho detto: «Lascialo fare! Offri il tuo cuore e fattelo spezzare! Non offrirlo come una vittima masochista, ma sapendo che dietro il dolore esiste la pace assoluta. Se lavori in questo senso, la tua coscienza non si ritroverà mai fatta a pezzi».

Lei ha riflettuto su queste parole e poi si è rivolta al suo compagno: «Anche se mi spezzerai il cuore, ti amo».

Allora lui ha cominciato a piangere e in meno di tre minuti la loro relazione era ricomposta.

«Conosci questo io, sì o no?»

«Ma certo che lo conosco!»

Allora, il maestro alza un oggetto e dice:

«Lo vedi questo?»

Il bonzo risponde: «Evidentemente sì», ma non è in grado di capire. È per questo che il maestro interrompe la discussione.

Bisogna vedere il buddha. Bisogna vederlo in se stesso come si vede uno scacciamosche. Se non lo vedo, come posso conoscerlo? Quando medito, medito per vedere quello che sono. Voi siete il buddha. Questo è difficile da far capire a un novizio.

Da IL DITO E LA LUNA, di Alejandro Jodorowsky – Mondadori

FOTO: Rete

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