MAGNA GRECIA, l’urbanistica

Ricostruzione del tracciato viario di alcune colonie greche della Magna Grecia: Sibari, Thuri, Poseidonia, Metaponto.

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Molte delle odierne città poste nei territori dell’antica Magna Grecia e della Sicilia risalgono al periodo della colonizzazione ellenica, avvenuta tra l’VIII e il V secolo a.C.

I territori costieri furono urbanizzati in maniera diffusa, soprattutto nei luoghi adatti alla difesa, ad esempio in prossimità di promontori o di insenature, dove potevano sorgere porti sicuri. Ricordiamo i casi di Agrigento, Gela, Poseidonia e Sibari. Questo fenomeno, diffusosi anche in altre zone costiere del Mediterraneo, consentì l’adozione di schemi urbanistici nuovi, non ancora sperimentati nella madrepatria. La fondazione di colonie in territori privi di preesistenze insediative offriva infatti la possibilità di costruire senza vincoli.

Contemporaneamente si rendeva necessaria la suddivisione del terreno in lotti regolari, da destinare ai coloni anche per eventuali nuove espansioni. L’ampliamento avveniva infatti per giustapposizione di nuovi lotti a quelli già completati. Questa necessità di tipo organizzativo sta alla base della scelta del disegno viario ortogonale. L’impianto reticolare, adottato per la prima volta probabilmente in Sicilia nel VII secolo a.C, venne in seguito detto ippodameo dal  nome dell’architetto greco che lo utilizzerà in maniera sistematica nel V secolo, Ippodamo da Mileto.

La città era suddivisa in aree caratterizzate dalla concentrazione di funzioni specifiche (produttive, commerciali, abitative, direzionali). Lo schema ortogonale dava origine ad un tessuto omogeneo, costituito dall’addizione di unità residenziali, al cui interno gli edifici pubblici erano spesso enfatizzati dalla presenza di vuoti urbani (le piazze, le vie principali). Grazie a questo principio, le città poterono estendersi rapidamente senza che ne venisse turbato l’equilibrio complessivo: in molti casi, peraltro, esse si ingrandirono ben più delle città di origine.

Alcune città adattarono il principio ippodameo alle condizioni morfologiche del sito. È il caso di Velia (Elea) che, in quanto realizzata da coloni focesi d’Asia Minore, seguì una distribuzione irregolare, tipica delle città ioniche, non tanto nell’impianto dell’abitato, quanto nell’organizzazione planimetrica delle diverse parti funzionali (l’Acropoli, le aree monumentali degli edifici civili e i due quartieri di abitazione).

Una città nuova in Sicilia: Akragas

Akragas, l’odierna Agrigento, fu fondata intorno al 583 a.C. da coloni provenienti dalla vicina Gela, da Rodi e da Creta.

In poco tempo contò più di 100000 abitanti e scrittori come Pindaro e Piatone ne lodarono la ricchezza e la potenza.

La sua struttura era il frutto di un accurato piano urbanistico: la zona residenziale, con impianto regolare, era circondata da un fronte continuo di edifici sacri. A nord, dove oggi è la città, si trovava l’acropoli, mentre da sud a est si spiegava la splendida cornice dei Templi della Concordia, di Zeus, di Vulcano, di Eracle e di Era Lacinia.

Tutt’intorno sorgevano le mura, interrotte da torri quadrate. Akragas esprime l’idea di una città concepita in rapporto con l’ambiente naturale, entro il quale gli edifici dovevano porsi come elementi di un grande, perfetto scenario.

Chi fondava la città

Quando i futuri coloni partivano dalle città greche alla volta dei nuovi territori, erano guidati da un ecista, designato dalle classi dirigenti della madrepatria e coadiuvato eia un consiglio.

L’ecista curava tutti gli aspetti organizzativi e rituali legati alla fondazione della nuova città e alla costruzione delle mura e degli edifici pubblici.

Suo era anche il delicato compito di distribuire le terre, nella città come nel territorio circostante, affinché potesse essere garantita l’autosufficienza di ogni comunità di coloni.

Plutarco scrive che l’ecista portava dalla madrepatria una zolla di terra che gettava ritualmente nel tracciato delle mura. Altra usanza era il trasferimento del fuoco sacro dal focolare della città di origine a quello della nuova colonia.

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Da “Storia dell’arte”,  di G. Dorfles, M. Ragazzi, C. Maggioni, M.G. Recanati – Atlas

Foto: Rete

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