L’opera di oggi: “Ratto di Tetide da parte di Peleo”

Particolare

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Quando il cosiddetto “Pittore di Marsia” dipinse questo vaso, intorno alla metà del IV secolo a.C., l’arte ceramografa greca aveva già superato il suo apice e stava avviandosi rapidamente verso la sua involuzione. In linea di massima il vaso aveva cessato di essere un oggetto artistico di prestigio come era stato durante il periodo arcaico, e, ancora, durante la stagione classica, per ridiventare un oggetto d’artigianato nel senso odierno del termine. Tuttavia, benché più raramente, alcuni vasi di grande pregio, pittoricamente molto elaborati, venivano ancora prodotti. Quello che presentiamo costituisce per l’appunto una delle ultime testimonianze di quest’arte in via di sparizione.

350-340 a.C. ca. ceramica, h. 42,5 cm Londra, British Museum

II canone

Le forme tradizionali dei vasi erano, in quest’epoca, già fissate da secoli: non solo i profili esterni, le forme dei manici e tutto ciò che prestava a ogni tipologia di vaso un aspetto inconfondibile e confacente alle funzioni, ma anche le proporzioni erano rigorosamente stabilite, creando anche in questo campo canoni formali vincolanti per ogni artista. I vasi greci sono quasi sempre idealmente contenuti entro la forma di un quadrato (con un rapporto di 1:1 tra l’altezza e la larghezza) o entro quella di un rettangolo in cui il rapporto tra altezza e larghezza (fra il lato più lungo e quello più corto) è di 1:0,618. Benché i vasai non mancassero di impreziosire e variare le forme tradizionali tramandate, queste rispondono a una tipologia precisa. Nel caso della nostra anfora, di dimensioni relativamente ridotte (42,5 cm di altezza), il vasaio ha ad esempio allargato la bocca fino a coprire i due manici laterali, prestando una notevole compattezza a tutto il vaso.

La ceramica si ispira alla pittura

II soggetto proviene dal vasto repertorio della mitologia, la fonte di ispirazione privilegiata dei ceramisti greci. Il ratto di Tetide era un tema piuttosto popolare di cui ci rimangono varie versioni. Tetide, la più bella delle Nereidi (ninfe marine figlie di Nereo), fu concessa a Peleo dagli dei; dalla loro unione sarebbe nato Achille. Qui è rappresentato il momento del ratto della bellissima fanciulla. Peleo, assistito da un eroto, è ritratto nel momento in cui afferra Tetide, intenta al bagno. Tutt’intorno le altre ninfe fuggono. Tetide è dipinta con il colore bianco: il vaso sarebbe altrimenti un normale prodotto a figure rosse. Questo intervento di colore presta una vivacità inattesa alla scena, e in qualche modo allude alle conquiste che dovevano ormai aver portato la pittura ai risultati straordinari di cui ci parlano le fonti.

Policromia e raffinato uso delle linee

II Pittore di Marsia conferisce con le tecniche del ceramografo un’impronta del tutto particolare alla sua anfora. Si veda infatti, oltre all’inserimento del bianco, che spicca sia sul rosso delle figure sia sul fondo nero, la cura con cui sono rifinite le acconciature dei personaggi principali e le ali dell’eroto. Si notino anche le sottolineature in nero del panneggio della Nereide sulla destra di Tetide: questa tecnica oltre a prestare un’impronta particolare al personaggio, accentua il dinamismo dell’insieme, in qualche modo già suggerito proprio dal cinetismo del colore. Inoltre, benché la stesura delle tinte sia piatta, l’artista è capace di giocare abilmente con i contorni dei personaggi, tanto da riuscire a conferire alle sue figure una sensazione di volume, che nella grande pittura doveva essere ormai affidata al chiaroscuro.

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Fonte: “Storia dell’arte” 1 – Electa – Bruno Mondadori

Foto: Rete

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