Il mito di Alcesti

ALCESTI E ADMETO – Pompei

 

Nella mitologia greca, Alcesti – figlia di Pelia, re di lolco, e di Anassibia – fu sposa di Admeto, re di Pere in Tessaglia.

Un oracolo predisse la morte di Admeto, annunciandogli però al tempo stesso che si sarebbe potuto salvare se qualcun altro avesse spontaneamente rinunciato alla propria vita al posto suo. Ma nessuno, neanche i genitori di Admeto, pur ormai anziani, era disposto a rinunciare alle dolcezze del vivere. Solo la devota moglie si offrì in sacrificio per lui. Alcesti morì ma (secondo la versione più conosciuta del mito, ripresa dalla tragedia di Euripide) fu riportata in vita da Eracle, amico di Admeto. Eracle attese Thanatos (personificazione della Morte, figlio della Notte) davanti al sepolcro di Alcesti, lo sconfisse e ricondusse la donna sulla Terra.

Secondo un’altra versione fu la dea Kore, commossa dall’immolazione di Alcesti, a salvarla e restituirla al marito.

La vicenda mitica trae origine dall’antica religione della Tessaglia le cui principali divinità erano Poseidone (Admeto), adorato come dio infero, e la sua sposa Feraia (anche detta Alcesti) anch’ella dotata di qualità infere. Da qui si forma il mito di Admeto (dio di Fere) che col passare del tempo, il cambiare degli usi e costumi sociali e religiosi, perde le sue caratteristiche divine e assume fattezze esclusivamente umane, considerato a questo punto solo re di Fere. Admeto re conserva però le sue caratteristiche di portatore di morte, tant’è vero che per causa sua Alcesti muore.

Il mito di Alcesti che ritorna in vita dopo essere discesa nell’Ade ripropone lo schema morte-viaggio nell’Àldilà-resurrezione tipico delle religioni iniziatiche ed è rappresentato solitamente, non solo in Grecia ma anche altrove, da una figura archetipica femminile.

Nei sarcofagi greco-romani il mito fu frequentemente riprodotto come simbolo di fedeltà coniugale, dedizione all’amore e alla persona amata, e per questo motivo viene spesso raffigurato sulle urne di fanciulle morte prematuramente. Ne abbiamo un esempio nel sarcofago dì Junius Paleuhodus custodito presso i Musei Vaticani, databile tra il 161 e il 170 d.C. Altri sarcofagi che presentano una simile raffigurazione sono conservati presso il Museo di Villa Albani a Roma e il Museo Nazionale di Atene.

I rilievi generalmente rappresentano la discesa di Alcesti nell’Ade (luogo mitico, corrispondente all’Inferno cristiano), il suo ritorno in vita grazie al soccorso di Eracle, il commiato da Eracle. Alcune scene raffigurano anche Admeto con i genitori.

 

Da “Storia delle Religioni” – La Biblioteca di Repubblica

Foto: Rete

Da Euripide: l’ultimo desiderio di Alcesti

Admeto, tu vedi come vanno le cose per me. Prima che arrivi la fine, vorrei comunicarti i miei desideri. Ti ho onorato, ti ho permesso, dando in cambio la vita, di godere ancora la luce del sole: muoio per te, e mi era possibile non farlo, prendermi, ad arbitrio mio, uno sposo fra i Tessali, abitare in una casa sovranamente ricca. Ma non ho voluto vivere priva di te, con i figli orfani, non ho esitato a sacrificare la giovinezza di cui godevo, io. Ma l’uomo che ti ha generato e la donna che ti ha partorito, ti hanno tradito entrambi: eppure erano arrivati a un’età in cui è bello andarsene, salvare il figlio e morire gloriosamente. Eri il loro unico figlio, scomparso te non potevano sperare di metterne al mondo un altro. Avremmo avuto davanti a noi ancora molti anni, tutti e due, e tu non piangeresti ora per avere perduto la sposa, non ti toccherebbe allevare da solo i figli. Ma un dio ha deciso che le cose andassero così. Lasciamo stare. Serbami gratitudine per tutto questo. Io non ti chiederò un favore uguale – niente è più prezioso dell’esistenza -, ma giusto, e lo ammetterai. Tu, da buon padre, ami i tuoi figli come li amo io. Lasciali padroni della mia casa, non dargli una matrigna, sposandoti di nuovo. Sarà cattiva, in confronto a me, alzerà la mano contro i tuoi, i miei figli, per gelosia. Non mi fare questo, ti prego. La nuova arrivata, la matrigna, detesta i figli del primo letto, non è più gentile di una vipera. E poi, il maschio ha nel padre una torre robusta [e gli può parlare e avere risposta]. Ma tu, figlia mia, come verrai cresciuta per diventar donna? Che tipo di matrigna ti capiterà? Non vorrei che infangando il tuo nome ti rovinasse le nozze mentre sei nel fiore degli anni. Tua madre non ci sarà alle tue nozze, non ti farà coraggio al momento del parto, assistendoti, ed è il momento in cui non c’è niente che valga una madre. Io devo morire: e non domani o dopodomani del mese, ma fra poco entrerò nel novero dei più. Addio, siate felici: potete vantarvi tu, marito, per la moglie e voi, bambini, per la madre meravigliosa che avete avuto.”

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