Storie calabresi – “Le due Madonne”

Nel 1800, più o meno agli inizi, i sindaci di Petronà e di Rocca di Tàcina, oggi Roccabernarda, si recarono a Serra S. Bruno e commissionarono, ognuno per conto della propria comunità, una statua della Vergine a uno stesso artigiano, che accettò ambedue le commesse con relative caparre, e che si mise subito all’opera per soddisfarle, lavorando contemporaneamente alle due madonne.

Ma, a lavoro ultimato, una statua risultò meglio riuscita dell’altra – capita! – e ognuno dei due sindaci la pretese per sé.

Il povero artigiano si ritrovò così nella cacca con poche possibilità d’uscirne netto: accontentare uno dei due committenti voleva dire scontentare l’altro e… addio compenso!

E fosse stato solo questo!

Tutt’e due sindaci minacciavano di fargli causa, perciò egli rischiava pure di impaniarsi in una scerra giudiziaria, con la prospettiva non remota di dover restituire le caparre raddoppiate e d’essere costretto a sborsare una carrettata di soldi per avvocati, spese processuali e danni.

Come sbrogliare la matassa?

Il poveretto chiese consiglio a destra e a sinistra, e tutti gliela dipinsero nera; finché, ormai disperato, affrontò la situazione di petto, parlando chiaro ai due sindaci:

«Signori miei, non si mette una Madonna in chiesa perché è riuscita meglio di un’altra, ma perché ammanti la gente in caso di bisogno. E questo una Madonna lo fa indipendentemente dalla sua fattura; anzi, quando ha delle imperfezioni è più caritatevole con gli infelici perché li capisce di più. Perciò vi faccio una proposta. Per arrivare a Petronà e a Rocca di Tàcina si deve percorrere una strada che è la stessa fino a un bivio: bene, carichiamo le statue su due distinti carri, avviamoci, e prima del bivio facciamo scendere i conducenti, lasciando a ogni mulo la libertà di prendere la strada ispiratagli dalla Madonna che trasporta. In fondo, mi sembra più giusto che a scegliere il paese di destinazione siano loro, le Madonne, e non il giudice».

Di fronte a questi argomenti i due sindaci non armarono più ziméche [lagne. Scuse], e fecero come aveva proposto l’artigiano.

E Petronà, fra grida di esultanza e spari di mortaretti, si vide arrivare la statua meglio riuscita; ma Rocca di Tàcina non digerì la cosa come una sconfitta, perché ognuna delle Madonne se l’era scelta da sola la strada da prendere; e se a Rocca era voluta andare quella, diciamo, più brutta, pazienza: nella necessità, e ce n’erano tante tutti i santi giorni, una Madonna era pur sempre una Madonna, capolavoro d’arte o no.

GIULIO PALANGE

Da “Guida alla Calabria misteriosa”, di Giulio Palange – Rubbettino

Foto: Rete

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