La Bibbia e la guerra

Pietro l’Eremita predica la crociata – Francesco Hayez

Non c’è che l’imbarazzo della scelta nel citare pagine dell’Antico Testamento dove la guerra è presentata come «cosa buona e giusta» e combattuta da uomini ispirati da Dio. Gli esempi: Abramo, Mosè, Giosuè, Sansone, Gedeone, Davide sono condottieri non solo ispirati da Dio, ma da Lui guidati alla vittoria (il Dio degli eserciti: Isaia, 3, 1) o abbandonati alla sconfitta intesa come punizione per i loro peccati (Levitico, 26, 24).

Basterà rileggere le pagine che raccomandano: «Se ti avvicinerai a una città per combattere contro di essa la inviterai alla pace … Se non farà pace con te cingila d’assedio. Il Signore Dio tuo te la darà in mano: allora passa ogni maschio a fil di spada ma le donne, i bambini, le bestie e tutto ciò che ci sarà nella città prendilo per te e mangia la preda che il tuo Signore ti ha dato … Nelle città che il Signore tuo Dio ti dà in eredità non lasciare nessuno in vita ma votali tutti allo sterminio … Demolite i loro altari, spezzate le loro stele, bruciate le loro sculture … Il Signore tuo Dio darà queste nazioni in tuo potere e le scompiglierà grandemente fino a distruggerle» (Deuteronomio, 7).

Già san Gerolamo, tuttavia, faceva notare che, mentre nell’Antico Testamento Dio comanda la guerra, nel Vangelo esige la pace, «perché per conquistare il regno dei cieli non c’è bisogno di armi materiali». Ma ancora, nel Vangelo di Luca (3, 14), Giovanni Battista, il precursore di Cristo, non comanda ai soldati di lasciare il loro servizio, bensì soltanto di comportarsi bene senza abbandonarsi a vendette ingiuste.

Nei Salmi la pace è prescritta come meta: «Ciò che il Signore vuole è la pace per il suo popolo e i suoi amici» (Salmi, 5, 9). E un punto esplicito e di grande forza a favore della pace e contro la violenza lo troviamo nel Vangelo di Matteo (5, 9), per secoli punto di riferimento per i movimenti per la pace: «Beati i costruttori di pace perché saranno chiamati i figli di Dio». E ancora: «Avete sentito ‘occhio per occhio dente per dente’ ma io vi dico di non resistere al maligno. A chi ti schiaffeggia sulla guancia destra porgi anche l’altra e a chi vuoi prendere la tua tunica lascia anche il mantello» (5, 9).

Un altro brano che ha ispirato i fautori della pace è quello del Vangelo di Luca (7, 20), in cui Gesù dichiara che il suo regno «non viene in modo visibile né si potrà dire eccolo qui … perché il regno di Dio è già in mezzo a voi».

Non tutti però hanno letto in questi passi un invito alla pace fra i popoli. Nel XVI secolo il cardinale Roberto Bellarmino interpretava le parole di Matteo come un comando diretto al singolo di astenersi dalla vendetta personale. E negava che quelle espressioni fossero una condanna a quella violenza collettiva e organizzata che è la guerra. Lo stesso concetto — semplice dissuasione dalla vendetta personale anziché esortazione alla non violenza – il Bellarmino ritrovava, confortato da Tommaso d’Aquino, in un altro passo famoso del Vangelo di Matteo (26, 52): «Ed ecco che uno di quelli che stavano con Gesù trasse fuori la spada e percuotendo il servo del pontefice gli tagliò un orecchio. Allora Gesù disse: ‘Rimetti la spada al suo posto perché tutti coloro che prendono la spada di spada periranno».

Sant’Ambrogio manifestava stupore e perplessità di fronte a uno dei pochi passi non pacifici del Vangelo di Luca (22, 36): «Chi non ha una spada venda la tunica e comperi una spada». Il vescovo milanese commentava così: «Perché o Signore mi ordini di comprare una spada e mi proibisci di ferire? Lo fai forse perché io sia pronto alla difesa ma non mi lasci trasportare dalla vendetta personale?». Anche nei secoli successivi il passo di Luca sarebbe stato interpretato da molti commentatori come riguardante la violenza del singolo uomo contro un altro uomo: non la guerra, violenza collettiva che in sé non sarebbe proibita dal quinto comandamento.

Come ogni testo di fondazione, anche il Vangelo, così lontano nel tempo, si è prestato a interpretazioni diverse.

Non c’è dubbio che l’ispirazione e lo scopo fondamentale delle parole di Cristo siano l’invito all’amore e alla fratellanza fra gli uomini e che Gesù fosse interessato soprattutto al risveglio e alla salvezza dell’uomo singolo, attraverso il quale deve necessariamente passare il rinnovamento della società umana nel suo complesso. Ma questa lettura, la più evidente ed emozionante, ha messo in ombra nei secoli l’altro imperativo, implicito, che non poteva non condannare la guerra, forma collettiva di violenza radicata tuttavia negli animi degli individui.

 

MARIATERESA FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI

Da “Cristiani in armi” – Laterza

Foto: Rete

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