I dubbi dell’ufficiale Bonifacio: portare le armi è peccato?

 

Bonifacio, un alto ufficiale romano che attraversa momenti di angoscia e solitudine per la morte della moglie e che vive con incertezza la legittimità del suo mestiere, scrive ad Agostino chiedendogli se «la guerra può essere giusta» e se portare le armi è peccato.

Siamo nell’anno 416: Agostino, in questo momento vescovo di Ippona, gli risponde con una lunga lettera, che ci è giunta integralmente […]. Le sue sono parole limpide nella forma, ma appaiono percorse da un’ambiguità e da un’angoscia di fondo:

Non si può pensare – argomenta Agostino – che piaccia a Dio chi presta servizio militare e porta le armi. Ma anche Davide portava le armi e moltissimi altri uomini giusti di quel tempo

… La volontà deve tendere alla pace mentre la necessità spinge alla guerra proprio perché Dio liberi l’uomo dalla dura necessita e conservi la pace. Alla pace non si mira per ingaggiare la guerra ma si fa la guerra per raggiungere la pace.

Due «necessità» si fronteggiano dunque per l’uomo che vive su questa terra: la dura necessità del bisogno, derivata dal peccato, e la necessità del conflitto. Nel Cantra Faustum Agostino aveva scritto: «un soldato che uccide un uomo per obbedire alla legittima autorità non deve temere la punizione poiché non è colpevole di omicidio; anzi se non lo facesse sarebbe colpevole di aver disertato il suo dovere e trasgredito un comando».

Parole che avranno gravi conseguenze.

Agostino parla qui da vescovo, ossia da autorità con responsabilità civili e anche politiche, in un’età in cui la pressione dei barbari sui territori dell’impero romano si è fatta incombente e la minaccia di distruzione continua. La sua prospettiva non è solo quella del filosofo credente, che affronta il problema unicamente alla luce del quinto comandamento e del precetto dell’amore evangelico. Nella sua veste istituzionale, la guerra gli appare inevitabile e persino giustificabile. In ciò lo sorreggono le sue letture classiche: soprattutto il Cicerone teorico della «guerra giusta», a sua volta fonte del vescovo Ambrogio, così ammirato e seguito da Agostino negli anni del soggiorno milanese.

Come altri cristiani del suo tempo, Ambrogio non solo operava politicamente e con successo, ma mostrava di pensare all’impero romano come a una forma storica voluta dalla provvidenza divina. La «pace di Augusto» diventava per lui la «pace di Cristo», l’imperatore il «figlio della Chiesa», l’impero una società in cui la dimensione cristiana era radicata in modo essenziale e caratterizzava ormai la vita collettiva. Anche per Ambrogio il peccato di Adamo era la chiave per comprendere l’attuale condizione umana, segnata dalla privazione e dal bisogno: qui nasceva «per necessità» l’istituzione della proprietà, primo anello di una catena di violenze, contese e sopraffazioni. La proprietà non era vista come una struttura naturale (nel senso cristiano di natura originaria o edenica), ma come una deviazione, una «usurpazione», così come — aggiungeva Ambrogio — anche la schiavitù.

In questo quadro la guerra giusta sarà di volta in volta definita con qualche differenza dai vari pensatori cristiani, ma nella sostanza resterà tale nelle procedure umane e ispirate alla pietà cristiana. Nell’Europa carolingia rimarrà esemplare la battaglia di Fontenoy, vinta da Carlo il Calvo nell’841 e ricordata come un modello di guerra cristiana: i soldati in fuga non vennero inseguiti e trucidati, i feriti furono curati, i combattenti osservarono un digiuno di tre giorni per penitenza del sangue versato. Si sperava che in futuro i vinti «con l’aiuto di Dio ricercassero anche loro la giustizia».

L’uguaglianza fra gli uomini e la loro fratellanza pacifica, proprie dello «stato di innocenza», verranno considerate in questo modo come anteriori al peccato, e non recuperabili quindi a livello storico, ma continueranno a segnare in modo permanente l’essenza vera e originaria dell’uomo svelata dal Cristo. Ed è a quella natura originaria, esemplificata dalla vita comunitaria e pacifica dei primi cristiani, che guarderanno molti dei cosiddetti eretici, che dissentendo dalla Chiesa istituzionale s’impegneranno per costruire una società di pace.[…]

 

MARIATERESA FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI

Da “Cristiani in armi” – Laterza

Foto: Rete

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