II pino, il tirso e la pigna nella cristianità

Nei primi secoli della cristianità il pino era stato demonizzato per i suoi rapporti con Fan, Dioniso e Attis. Celebre è il racconto di Sulpicio Severo, il primo biografo di san Martino di Tours: un giorno il vescovo aveva demolito un tempio pagano e stava per abbattere un pino sacro che considerava abitato dai demoni. Ma i contadini, che avevano già sopportato la demolizione del tempio, non ne volevano la distruzione. Mentre stavano discutendo, un pagano propose: «Se tu hai qualche fiducia nel Dio che dici di venerare, noi stessi abbatteremo quest’albero, ma tu devi collocarti sulla sua probabile traiettoria: se il tuo Dio è con te, come asserisci, ti salverai». Il pino crollò dalla parte opposta.

Anche il tirso veniva considerato ancora nell’alto Medioevo un’immagine dell’aborrito paganesimo, fino a quando non venne anch’esso inglobato nell’iconologia cristiana come simbolo di Eternità e di Vittoria sulla morte.

Fiorì una leggenda ispirata a un tópos che si riscontra in altre leggende di alberi e fiori. Così la raccontò Giuseppe Pitré ad Angelo De Gubernatis: «II pino si tiene in molta stima perché fornisce l’incenso per le funzioni religiose e richiama Gesù bambino. Raccogli una pigna, sgusciane il frutto e tagliane verticalmente il gheriglio. Se tu vi guardi bene dentro vedrai qualche cosa che somiglia a una mano; è quella del Bambino in atto di benedire. È da sapere che nella Fuga in Egitto la Sacra Famiglia, non avendo ove adagiarsi, incontrato per via un lupino, vi si accostò. A quei tempi il lupino, come il tameriggio, era un bell’albero e squisito assai. Il lupino egoista si rifiutò di accogliere sotto di sé i poveri fuggitivi e strinse e raccolse i suoi larghi rami, sicché essi rimasero allo scoperto e dovettero proseguire tra la stanchezza e il panico il doloroso viaggio; ma visto, indi a non molto, un pino, e sotto di esso ricoveratisi, il pino allargò i suoi bei rami ed amorosamente nascose nel suo frutto il Bambino. Da quel giorno in poi ebbe il favore della mano del Bambinello e prosperò sempre, e il lupino maledetto fu condannato a non sollevarsi una spanna sulla terra e il suo frutto ad essere amaro quale oggi si trova».

Un’altra leggenda narrava che un giorno Abramo incontrò sulla riva del Giordano un pastore che si rammaricava di un grave peccato commesso. Il patriarca impietosito gli consigliò di piantare tre tizzoni e di annaffiarli con cura fino a quando non avessero buttato nuovi germogli. Dopo quaranta giorni i tre tizzoni si erano trasformati in un cedro, in un cipresso e in un pino, che avevano però un unico tronco indivisibile: soltanto le radici e i rami erano differenti. Il primo simboleggiava il Padre, il secondo il Figlio, il terzo lo Spirito Santo.

L’albero crebbe fino ai tempi di re Salomone, che decise di usarlo per la costruzione del tempio di Gerusalemme. Ma non si riusciva a segare il tronco, sicché dopo vari inutili tentativi si rassegnò a farne una specie di rozza panca per i visitatori del tempio. Quando la regina di Saba si recò al tempio e vide il tronco si rifiutò di sedervisi gridando: «Tre volte benedetto il legno sul quale sarà ucciso Cristo Re e Dio!». Allora Salomone fece sistemare il tronco su un piedistallo, ornandolo con trenta corone d’argento. Quelle corone sarebbero state il prezzo del tradimento di Giuda e il tronco sarebbe servito per costruire la Croce. Siccome la Croce è simbolo del Cristo così come lo è l’edenico Albero della vita, il pino insieme con il cipresso e il cedro partecipò di questo simbolismo. D’altronde anche il mito di Attis, con la sua morte e resurrezione nel Pino cosmico, non poteva non essere interpretato allegoricamente come un’anticipazione pagana della Pasqua cristiana.

In questa luce il coronamento dei pozzi con pigne, di origine orientale, fu ripreso dal cristianesimo che considerò i frutti del pino come quelli dell’Albero della vita. Uguale significato simbolico hanno nel Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino le lastre di pietra del V-VI secolo, dove sono incise fonti con pigne, un cervo e due pavoni, e un’altra del XII-XIII secolo con Alberi della vita coronati da pigne e sei pavoni. Il collegamento simbolico fra pigna e Albero della vita si riscontra anche in un mosaico del battistero del Laterano a Roma.

 

ALFREDO CATTABIANI

Da “Florario” – Mondadori

Foto: Rete

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