LEONARDO – L’arte, strumento di conoscenza

Sant’Anna con la Vergine, il Bambino e san Giovannino (part.)

II tema del rapporto arte-conoscenza trova negli scritti di Leonardo una diversa impostazione teorica rispetto al razionalismo quattrocentesco e al neoplatonismo fiorentino. L’ossessione per la prospettiva matematica del primo, la concezione metafisica della bellezza del secondo lasciano il posto a un’indagine della relazione tra pittura e modalità della visione fisica che, in termini moderni, può essere assimilata a una vera e propria fenomenologia del mondo visibile.

La superiorità della pittura sulle altre arti e il riconoscimento del suo valore conoscitivo si fondano per Leonardo sull’eccellenza del senso della vista. L’elogio del vedere è un tema tradizionale del platonismo, ma Leonardo lo interpreta in maniera ben diversa da Marsilio Ficino, il grande restauratore del pensiero platonico nella Firenze del Quattrocento. Ficino, nel sostenere la natura incorporea della bellezza, si riferisce alla vista come facoltà di cogliere le immagini indipendentemente dalla materia in cui sono incarnate. Questo perché le imagines delle cose sono un riflesso delle idee presenti alla mente divina; l’uomo ne riconosce l’origine sovrasensibile in ragione delle impressioni (formulae) che le idee hanno lasciato in lui dal tempo della sua esistenza ultraterrena. Non diversamente accade per l’idea della bellezza: la bellezza visibile è un vestigio di quella invisibile, la cui formula è innata nella mente umana. In questa prospettiva l’arte poteva valere solo come preparazione alla visione piena e autentica della bellezza, senza però essere essa stessa tale visione, a causa della sua compromissione con le cose materiali.

 Il dualismo platonico tra sensibile e sovrasensibile sfuma completamente in Leonardo. Il senso della vista viene da lui celebrato unicamente nel suo carattere fisico come il senso che maggiormente radica l’essere umano nella realtà sensibile. È significativo come Leonardo riprenda il tema platonico del corpo prigione dell’anima rovesciandone completamente il significato proprio in relazione alla sua concezione della visione fisica.

L’anima umana avverte il senso della sua destinazione terrena in ragione della sensazione visiva, tanto che per essa sarebbe dolorosa la separazione dal corpo (e non l’unione con esso come vorrebbero i platonici) perché ciò significherebbe la perdita della bellezza del mondo. Il senso della vista, persa ogni valenza di visione trascendente, acquista così una nuova dignità come l’operazione che spalanca il mondo: «Or non vedi tu che l’occhio abbraccia la bellezza di tutto il mondo?»

Proprio perché si fonda sulla vista, la pittura si connota come l’arte che riproduce la natura con più completezza e fedeltà.

«L’occhio che si dice finestra dell’anima, è la principale via donde il comune senso può più copiosa e magnificamente considerare le infinite opere della natura.» «Lo ingegno del pittore» è quindi come uno specchio «il quale sempre si trasmuta nel colore di quella cosa che ha per obietto.»

Il procedimento imitativo dell’arte pittorica, nel quale consiste il suo valore conoscitivo, implica da parte del pittore la consapevolezza teorica dei processi della visione. In questo senso la riflessione di Leonardo si inserisce nella tendenza della filosofia moderna verso un chiarimento in termini nuovi del rapporto soggetto-oggetto. Il soggetto non è più visto in rapporto a entità a esso superiori cui deve l’attuarsi dei propri processi conoscitivi. Per Leonardo il pittore riproduce le forme e le apparenze sensibili perché ne domina il modo di costituzione entro la sensibilità umana, indipendentemente dalla trascendenza dell’idea.

L’apertura al mondo fenomenico in tutta la sua ampiezza che in tal modo si realizza non implica solamente il disinteresse per l’idea – sia essa pure quella della bellezza – ma esclude anche ogni modello di assoluta oggettività matematica. L’aver allargato la nozione di prospettiva al di là della sua formulazione geometrica testimonia appunto in Leonardo la tendenza a rispettare la pienezza delle apparizioni sensibili, le quali risulterebbero inevitabilmente impoverite da un uso esclusivo della prospettiva matematica. Viceversa la teorizzazione della prospettiva aerea rappresenta lo strumento tramite cui il pittore, afferrata la verità intrinseca al manifestarsi dell’oggetto, può rendere sulla tela, nella maniera più completa e significativa, il mondo vario e mutevole dell’apparire fenomenico.

 

Da “STORIA DELL’ARTE” 2  –  Electa – Bruno Mondadori

Foto: Rete

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