Lo storico americano Morton Smith ha suscitato scalpore in anni recenti con i suoi saggi provocatori sulla figura storica di Gesù, da lui definito un mago. La base delle sue argomentazioni sono i Vangeli, che descrivono Gesù come una persona che compiva azioni simili a quelle tramandateci, per esempio, dai papiri magici o dalle tavole delle maledizioni. Tuttavia, anche se le azioni di Gesù mostrano analogie con le raffigurazioni o le idee presenti nei papiri magici, è problematico definirle pratiche magiche. Addurre analogie come metodo dimostrativo può essere decisivo solo se si possono comparare i contesti sociali in cui la magia è praticata. La questione non è se Gesù fosse un mago, ma da quale panorama sociale potrebbe essere nata l’accusa.
Anche il testo di Origene Cantra Celsum tratta questo punto. Celso aveva definito Gesù, Mosè, gli israeliti e i cristiani in generale, maghi e ciarlatani. Gesù, da lui considerato un mago, i cui miracoli erano frutto della magia piuttosto che del potere divino, sarebbe da mettere sullo stesso piano dei prestigiatori dei mercati. Già Mosè avrebbe insegnato la magia agli ebrei, tuttavia la familiarità degli ebrei con la magia sarebbe da ricondurre ai loro capostipiti. Si riferiva probabilmente ad Abramo, Isacco e Giacobbe, cui furono attribuiti certi poteri magici.
La replica di Origene fa riferimento alla gara di magia di Mosè contro i maghi del faraone e ribadisce che solo l’aiuto divino, e non una più profonda conoscenza dalla magia, ha permesso a Mosè di sconfiggerli. A un certo punto ammette che effettivamente vi sarebbe una certa analogia tra i miracoli e le gesta spettacolari dei maghi. Se Gesù avesse compiuto miracoli solo per fare colpo sulle persone (ciò che Origene attribuisce ai maghi), sicuramente non sarebbe apparso nelle piazze per predicare l’abbandono del peccato e il regno dei cieli. Un ciarlatano non si sarebbe preso la briga di fare tutto questo, ma avrebbe piuttosto utilizzato i miracoli per ottenere potere, gloria e ricchezza.
I Vangeli stessi forniscono lo spunto per questo tipo di sospetti. In Luca 9,43-8, Gesù parla dello scomparire della forza che ricorda l’antico concetto di forza pagano. Anche le guarigioni di Gesù diedero adito a speculazioni.
Nel Vangelo apocrifo di Nicodemo (Atti di Ponilo Pilato), gli ebrei lo accusano di evocare i demoni. Cristo, il “mago”, ha offerto possibilità creative anche al dramma medievale. Un drammaturgo di York, noto come “il realista di York”, ha tematizzato tra gli altri il processo a Gesù. Lo svolgimento del processo, le affermazioni dei testimoni, e così via, offrono uno spaccato dei processi ai maghi medievali. Oltre a illustrare la superstizione del tempo, il dramma ci permette di farci un’idea della prassi processuale e dell’atteggiamento della società inglese del tempo. Gli ultimi giorni della vita di Gesù furono rappresentati in diversi modi nel Medioevo, ma è identica l’accusa per crimini legati alla magia: abuso di negromanzia. Pilato assume un atteggiamento ambivalente. Per i sommi sacerdoti del dramma del “realista di York”, i miracoli di Gesù sono un indizio dei suoi poteri magici, da essi concepiti come opera di Satana! Caifa e Anna lo accusano di reati “magici” e chiedono la pena di morte. Pilato non ne è convinto, perché in effetti non si è prodotto alcun maleficio. I sommi sacerdoti si vedono dunque costretti a usare le maniere forti e trasformano l’accusa di magia in alto tradimento. L’alto tradimento era punito con la crocifissione, pertanto il processo prende il corso universalmente noto. Tutte le azioni e le idee dei sommi sacerdoti rappresentate nel dramma medievale sono giustificate dal punto di vista dei loro contemporanei.
I Vangeli apocrifi (non scritti dai quattro evangelisti ufficiali) non solo provengono da varie fonti, ma risalgono anche a differenti epoche. Scritti nei primi secoli dopo Cristo, sicuramente hanno ripreso elementi precristiani e dell’Antico Testamento. Nel V secolo, papa Gelasio tentò di vietare i Vangeli apocrifi e di imporre i quattro Vangeli come le uniche testimonianze della vera storia di Gesù. Il suo divieto si impose però solo al tempo del suo papato, perché fino alla fine del Medioevo gli apocrifi furono considerati autentici. Una storia dell’infanzia di Gesù tramandata da una fonte araba presenta sorprendenti analogie con l’Asino d’oro di Apuleio e con la vita di Apollonio di Tiana. In particolare, una storia in cui un giovane è trasformato in mulo. Lo sfortunato era stato trasformato in questo animale da una donna gelosa, evidentemente esperta di magia. Dopo aver tentato inutilmente con i maghi, la famiglia, disperata, si rivolge alla madre di Gesù; Maria pone quindi Gesù Bambino sul dorso del mulo ed esso riassume le sembianze umane. Maria e Gesù Bambino agiscono in questo caso come maghi. Anche altri passi descrivono i loro sforzi tesi a rovesciare gli effetti della magia nera, scacciare demoni e guarire le malattie di origine magica.
Maria possiede il contrario del malocchio: i suoi occhi compassionevoli inducono i demoni ad abbandonare i corpi di cui si sono impadroniti. Gli abiti di Gesù sono utilizzati per praticare la magia contagiosa: per guarire i malati o scacciare i demoni; lo stesso avvenne con gli abiti di san Paolo.
I malati, persino i lebbrosi, possono guarire bagnandosi nella stessa acqua dove si è bagnato Gesù. Qui si esprime chiaramente la vecchia idea della forza guaritrice delle esalazioni e secrezioni delle figure divine: con il sudore di Cristo si produceva un balsamo terapeutico; Cristo poteva guarire dai morsi di serpenti semplicemente soffiandovi sopra; alla sua saliva erano attribuite proprietà taumaturgiche.
Alcuni passi interessanti del Vangelo apocrifo di Tommaso e del Vangelo arabo dell’infanzia di Gesù mostrano come egli non sempre compì miracoli per fini esclusivamente benefici: si narra per esempio che trasformò statuette d’argilla in veri uccelli per la gioia dei suoi compagni di giochi. Quando i bambini lo raccontarono a casa, i genitori proibirono loro di frequentare Gesù, perché lo considerarono un mago. I bambini, confusi, si nascosero in una botte; Gesù, postosi alla ricerca dei compagni, chiese a una donna cosa ci fosse nella botte; questa gli rispose che si trattava di semplici capretti. Allora Gesù trasformò i bambini in capretti che accorsero immediatamente al suo richiamo. Secondo una variante di questa storia, Gesù trasformò i bambini in porcellini. Gesù si comportò in modo ancora più aggressivo nei confronti di un altro compagno di giochi, poiché questi, sbadatamente, aveva distrutto uno dei canali di scarico da lui costruiti. Mediante la pratica della magia simpatetica, Gesù fa in modo che la vita del bambino si spenga come l’acqua fuoriesce da un catino rotto. Due passi descrivono invece la discussione con un compagno di giochi e con un insegnante, i quali finiscono entrambi uccisi. In considerazione di questi avvenimenti, san Giuseppe osserva che non si può più far giocare Gesù in strada, altrimenti tutti coloro che lo contrarieranno potrebbero perdere la vita.
Anche alcuni degli apostoli furono accusati di magia. Gli Atti degli Apostoli di Luca citano il caso della discussione tra l’apostolo Paolo e il mago Bar-Iseus o Elimas. Luca descrive i due come gli opposti assoluti: Paolo, pieno di Spirito Santo, Elimas guidato da Satana, servitore del diavolo, e diavolo dalle sembianze umane, attributi questi che ritroveremo nel Medioevo. Due volte viene chiamato “mago”, altrimenti sempre “falso profeta”. Kee ha raccolto alcuni documenti interessantissimi sulla tradizione ebraica e, in particolare, sull’identificazione di Satana con la magia e la falsa profezia; questi documenti influenzarono sicuramente anche il Medioevo. La punizione divina evocata da Paolo è la cecità; si tratta di una punizione tipica, in quanto un falso profeta, ignorando la vera fede, era ritenuto cieco nello spirito. In effetti, la magia di Paolo potrebbe anche essere considerata un maleficium. Però Paolo è dalla parte giusta, è un servo di Dio, non di Satana. Le sue azioni, quindi, non possono avere a che fare con la magia e il maleficium: «Maleficos non patieris vivere» (Esodo 22,7), che significa: «I maghi malvagi non dovranno vivere».
Il termine maleficos, o “maghi malfattori”, fu spesso tradotto erroneamente nei secoli successivi con “maghe” o addirittura “streghe”, perché il termine “magia” era associato automaticamente alla stregoneria e alle streghe. Isidoro di Siviglia (560-636) ha proposto nei suoi scritti, accolti con entusiasmo nel Medioevo, le definizioni corrispondenti. Ecco la sua descrizione dei maghi: «Magi sunt qui vulgo malefici ob fascinorum magnitudem nuncupontur. Hi et elementa concutiunt turbent mentes hominum ac sine ullo veneni haustu violenta tantum carminis interimunt»; che significa: «Sono maghi coloro che comunemente vengono chiamati malfattori a causa delle loro scelleratezze. Essi scatenano gli elementi, turbano la mente dell’uomo e, senza un sorso di pozione magica, uccidono con la violenza dei loro canti magici».
Guglielmo di Auvergne osserva: «In isto mandato quod legitur Exodi 22 Maleficos non patieris vivere prout malefici intelligentur magi et incantatores, hujus modi enim homines omnes idolatrae sunt, sicut docebimus in tractatu de idolatria»17. (“Nel comandamento dell’Esodo 22, dove si dice che non si devono lasciare in vita i malfattori, questi ultimi sono da intendersi come maghi ed evocatori nonché adoratori di idoli, come mostreremo nel trattato sull’idolatria”).
Questo trattato sull’idolatria è andato perduto. Il commento sul passo dell’Esodo è un caso isolato, in quanto nell’alto Medioevo il tema principale della discussione teologica non fu la magia, ma l’incessante lotta contro il paganesimo.
CHRISTA TUCZAY
In “Esoterismo e magia nel Medioevo” – Mondadori
Foto: RETE