La dodicesima notte conclude il periodo di passaggio dal vecchio anno al nuovo cominciato col Natale. È dunque un Capodanno e, come ogni «capo dell’anno», è colma di sortilegi, come spiegano due proverbi: «La notte di Pasquetta parla il chiù con la civetta» e «La notte di Befana nella stalla parla l’asino, il bove e la cavalla».
Quest’ultimo riflette una credenza popolare, diffusa una volta soprattutto in Romagna e Toscana, secondo la quale gli animali parlano nella notte dell’Epifania. Fino all’avvento dei trattori si tramandavano le parole che si scambiavano i buoi:
«Biancone!»
«Nerone!»
«Te l’ha data ricca la cena il tuo padrone?»
«No, non me l’ha data.» .
«Tiragli una cornata!»
Sicché si diceva che alla vigilia dell’Epifania i contadini governavano senza risparmio le loro bestie per evitare che nella magica notte dicessero male del padrone o del loro custode.
Ma si credeva anche che i morti s’incarnassero, in quella notte di passaggio fra un anno e l’altro, negli animali da stalla che acquisivano in quelle ore capacità divinatorie.
Narra una favola di Lugo che la notte della Pasquetta una massaia incaricò il bovaro di ascoltare che cosa avrebbero detto i buoi nella stalla. «Padrona, badate bene che porta disgrazia» l‘ammonì l’uomo. Secondo la tradizione infatti era pericoloso ascoltarli perché l’incauto testimone o chi l’aveva inviato, finita la notte magica, sarebbe stato costretto a seguire i morti incarnati temporaneamente, cioè a morire. «Tu non darti pensiero» ordinò la padrona «io voglio che tu stia a sentire e che poi me lo dica» «Va bene, va bene» rispose il bovaro «che non abbiate poi a pentirvene.»
A mezzanotte, sul giaciglio nella stalla, il bovaro ascolta le bestie. Ed ecco che «il Bii dice al Ròo: “Sai quando morirà la padrona?”. “Domattina la portano a seppellire”». Quando la massaia seppe della profezia fu colta da un tale spavento che cadde a terra fulminata.
Da “Lunario” di Alfredo Cattabiani, Mondadori
La credenza che la notte della Befana gli animali parlano era diffusa anche ad Orsomarso. E un racconto simile l’ho sentito dai miei nonni, quando la sera ci si raccoglieva attorno al focolare.
I giorni che vanno dal Santa Lucia all’Epifania i contadini erano soliti leggerli come previsione del tempo che avrebbe fatto nei mesi dell’anno nuovo. Ogni giorno indicava un mese. Si cominciava dal 14 dicembre e si partiva con la previsione per il mese di gennaio per arrivare a dicembre. Poi c’era la conferma, invertendo l’ordine dei mesi: si ripartiva da Santo Stefano con la previsione per dicembre e si finiva il 6 gennaio per gennaio. A seconda che il tempo fosse bello o brutto in quei due giorni , anche il mese corrispondente avrebbe regalato sole o rovesciato pioggia.
Foto RETE