II potere ha bisogno di attributi virili?  

Caterina-de-Medici

Di come la zarina Elisabetta amasse vestirsi da ussaro e far travestire da donna i suoi cortigiani. E di come questo avesse poco a che fare con il suo dispotismo

Alla fiorentina Caterina de’ Medici (nata nel 1519 e morta nel 1589; regina di Francia dal 1547 al 1559; poi reggente, dal 1560, per il secondogenito Carlo IX. ed eminenza grigia del suo regno fino al 1574) hanno attribuito a torto, ma non a caso, l’uso dei pantaloni. In realtà introdusse l’uso delle mutande per poter più agevolmente, e pudicamente, cavalcare. Vero è che, più che agli attuali slip o boxer, assomigliavano molto ai pantaloni da uomo, si portavano addirittura con le bretelle e, in seguito, si sarebbero imbottite per far apparire le dame di forme più generose. Sopra, però, si indossava la gonna, proprio come usavano le cortigiane veneziane. A cavallo, se si montava alla maniera degli uomini, rivelavano senz’altro la loro utilità anche se è vero che gran parte delle  donne continuarono a cavalcare all’amazzone, ovvero sedute di fianco. E che la curiosità un po’ morbosa dei cronisti per i mutandoni di Caterina rispecchia piuttosto il giudizio critico e severissimo su una donna che, forse, non seppe risolvere i problemi della Francia, allora straziata dai conflitti religiosi, ma di sicuro la governò con mano ferma e sognò, sino alla fine, di ricondurla alla convivenza pacifica. Insomma, una donna che non ebbe complessi nei confronti del potere da lei esercitato e delle antiche e prepotenti famiglie nobiliari. Ma, soprattutto, che non si fece frenare dall’accusa di essere una “straniera”.

Non cavalcava all’amazzone, e portava una vera divisa dell’esercito russo, Caterina la Grande, un’altra straordinaria “straniera”, una tedesca che governò la Russia incarnandone perfettamente lo spirito. Ma andiamo con ordine, perché sua “maestra” nell’abbigliamento fu la zarina che la precedette, Elisabetta, figliala sua volta, di Pietro il Grande.

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Elisabetta

Elisabetta, o meglio Yelizaveta o Yelisavet Petrovna, nacque il 18 dicembre 1709, secondo il calendario russo, il 29 secondo il nostro, a Kolomenskove, vicino a Mosca. Era la figlia più giovane di Martha Skavronskaya, un’ex lavandaia, schiava dell’esercito russo, che aveva fatto innamorare di sé lo zar riformatore Pietro, ed era riuscita a sposarlo, succedendogli addirittura sul trono nel 1725.

Poiché Elisabetta era nata prima del matrimonio, la sua “illegittimità” fu usata come pretesto dai boiari, i nobili russi, per far salire sul trono, alla morte di Martha, Pietro Alexeevitch, figlio di Aleksey, a sua volta rampollo di primo letto di Pietro il Grande. Il capriccioso e inetto ragazzo morì nel 1730. Ma per prendere il potere Elisabetta dovette aspettare ancora: il regno fu affidato ad Anna Ivanovna, figlia di Ivan V, il fratellastro demente e invalido di Pietro il Grande.

Nel 1740 Anna morì e un colpo di Stato portò sul trono, come reggente, una sua nipote e figlia adottiva, Anna Leopoldovna, mentre suo figlio fu indicato come il futuro zar Ivan VI. Solo allora Elisabetta reagì. Il 24 novembre 1741 (6 dicembre per noi) prese il potere con un vero contro-golpe e da allora, fino alla morte, il 5 gennaio 1762, tenne le redini della Russia con mano ferma. Il che non le impedì di rivelarsi clamorosamente bizzarra.

Una delle sue eccentricità, che avrebbe trasmesso a Caterina II, era il bisogno di avere sempre un amante giovane e prestante nel letto. L’altra era il gusto di vestirsi da uomo. Per ordine della zarina, tutti i martedì, a corte, i gentiluomini dovevano indossare abiti femminili e le dame abiti maschili. L’effetto era grottesco e l’assurdità della situazione non sfuggiva ai poveri cortigiani. L’unica a sembrar trarre vantaggio dalla mascherata era la stessa Elisabetta che, sempre più grassa e sempre più preoccupata del proprio aspetto, ritrovava sicurezza ed eleganza indossando una divisa militare.

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Fonte: “Svestite da uomo”, di V. Palumbo, BUR

Foto RETE

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