Segni, De Lorenzo, il Piano Solo e la politica italiana cambia rotta

 

 […] Nei primi sette mesi del 1964, a seguito di con­tatti, pro­mossi dal coman­dante gene­rale dei cara­bi­nieri, Gio­vanni De Lorenzo, venne esa­mi­nato dai ver­tici dell’Arma un piano pre­di­spo­sto per l’ordine pub­blico, in cui erano pre­vi­sti inter­venti di occu­pa­zione di luo­ghi, edi­fici, impianti di comu­ni­ca­zione di natura e fun­zione pub­bli­che, con­giun­ta­mente a inter­venti pri­va­tivi della libertà di 731 cit­ta­dini, tra cui anche par­la­men­tari, indi­cati in elen­chi (par­zial­mente scom­parsi) alle­gati al piano, con cri­te­rio pre­va­lente dell’appartenenza ad asso­cia­zioni di sini­stra; que­ste per­sone erano desti­nate ad essere rac­colte in 8–10 porti ed aero­porti e ad essere inviate, con navi e con aerei mili­tari dello Stato, in una loca­lità della Sardegna.
De Lorenzo non ha accet­tato, nel corso dell’interrogatorio dinanzi alla com­mis­sione Lom­bardi, il ruolo di pro­ta­go­ni­sta di un’antistorica dit­ta­tura mili­tare: con­te­sta­to­gli che nel bino­mio con il pre­si­dente della Repub­blica «eri il brac­cio forte di Segni, che era la mente di que­sta fac­cenda. Ad un bel momento Segni lo hanno messo com­ple­ta­mente fuori…l’hanno sca­gio­nato com­ple­ta­mente», il gene­rale risponde: «Ma …si è par­lato che l’andare addosso a Segni gli irri­tava l’opinione pubblica…il fatto che abbiano aggre­dito me ha sal­vato i demo­cri­stiani e ha fatto cadere l’azione social-comunista….Poi le cose si sono acco­mo­date per­ché si sono messi d’accordo con i socia­li­sti ….hanno ceduto, Nenni ha pre­fe­rito rima­nere sul posto e tutto è andato a posto».
Que­sta ver­sione ha rice­vuto una con­ferma di estrema chia­rezza da Aldo Moro, capo del primo governo di cen­tro sini­stra dimis­sio­na­rio e desi­gnato a pre­sie­dere il suc­ces­sivo. Nel suo memo­riale, scritto durante il disu­mano seque­stro delle Bri­gate Rosse: «Il ten­ta­tivo di colpo di Stato nel ’64 ebbe certo le carat­te­ri­sti­che esterne di un inter­vento mili­tare, secondo una pia­ni­fi­ca­zione pro­pria dell’arma dei cara­bi­nieri, infine per uti­liz­zare que­sta stru­men­ta­zione mili­tare essen­zial­mente per por­tare a ter­mine una pesante inter­fe­renza poli­tica rivolta a bloc­care o almeno a for­te­mente dimen­sio­nare la poli­tica del cen­tro sini­stra, ai primi momenti del suo svol­gi­mento.
Que­sto obiet­tivo poli­tico era per­se­guito dal pre­si­dente della Repub­blica on.Segni, che que­sta poli­tica aveva timi­da­mente accet­tato in con­nes­sione con l’obiettivo della Pre­si­denza della Repub­blica. Ma a que­sta poli­tica era con­tra­rio ….men­tre si svi­lup­pava l’azione dei gruppi di azione agra­ria, ostili alla poli­tica del cen­tro sini­stra e di ogni poli­tica demo­cra­tica …… Il piano, su dispo­si­zione del capo dello Stato, fu messo a punto nelle sue parti ope­ra­tive (luo­ghi e modi di con­cen­tra­mento in caso di emer­genza ) che ave­vano pre­mi­nente rife­ri­mento alla sini­stra, secondo lo spi­rito dei tempi».
Il mini­stro dell’interno, Paolo Emi­lio Taviani — con­fer­mato il ruolo trai­nante del capo dello Stato che «non era solo né iso­lato nelle sue pre­oc­cu­pa­zioni» — ha elen­cato i nomi di alte cari­che dello Stato che con­di­vi­de­vano le sue posi­zioni (nomi che sono ripor­tati da Elena Cava­lieri in I piani di liqui­da­zione del centro-sinistra nel 1964) con­clu­dendo che «Accanto e attorno ai nomi citati, era un cospi­cuo mondo poli­tico tra­sver­sale non legato a inte­ressi né da sigle asso­cia­tive. Erano par­la­men­tari, alti fun­zio­nari, magi­strati, alti uffi­ciali che vede­vano un grave peri­colo nella nostra aper­tura a sini­stra, ini­ziata negli anni Ses­santa. Era un movi­mento di opi­nione con­tro il cen­tro sini­stra, di gente in parte in buona fede, in parte inte­res­sata a man­te­nere lo sta­tus quo sul piano sociale».
Il ruolo svolto dal pre­si­dente del Senato nell’anomala oppo­si­zione al pro­gramma di centro-sinistra (incen­trato sulla demo­cra­tiz­za­zione del potere eco­no­mico, attra­verso gli organi della pia­ni­fi­ca­zione) è ben descritto da Fran­zi­nelli: «Nel feb­braio 1964, Mer­za­gora lo aggiorna sul son­dag­gio da lui effet­tuato nella finanza lom­barda, dove si accu­sano i socia­li­sti di deter­mi­nare un’atmo­sfera di minac­cia agli inte­ressi impren­di­to­riali …Da tempo il pre­si­dente del Senato ela­bora pro­po­ste in sin­to­nia con gli inte­ressi degli indu­striali e con­tra­rie alla linea rap­pre­sen­tata dai socia­li­sti nell’esecutivo. Il mini­stro del bilan­cio Anto­nio Gio­litti è con­si­de­rato l’emblema della sovie­tiz­za­zione». Su que­sta santa alleanza si è sof­fer­mato anche S.Mura in Aldo Moro, Anto­nio Segni e il centro-sinistra.
In campo penale non è stato fatto alcun diretto passo inve­sti­ga­tivo su que­sti fatti, anche se di mate­riale di inda­gine ce ne era in abbon­danza. In sede di ana­lisi sto­rica, non ci si può limi­tare a iro­niz­zare e a par­lare di fan­ta­sie e di aventi nebu­losi. Da que­sta pro­gram­mata oppo­si­zione extrai­sti­tu­zio­nale sono usciti scon­fitti non solo Ric­cardo Lom­bardi e Anto­nio Gio­litti, fau­tori di ingresso real­mente rifor­ma­tore dei socia­li­sti nella stanza dei bot­toni, ma tutti i cit­ta­dini, rima­sti fedeli ai valori della nostra demo­cra­zia.
Da que­gli anni si sono veri­fi­cati sostan­ziali muta­menti nella gestione del potere poli­tico la classe impren­di­to­riale si è fatta diretta pro­ta­go­ni­sta e inter­viene diret­ta­mente nella modi­fica degli assetti legi­sla­tivi, con par­ti­co­lare riguardo alla dere­go­la­men­ta­zione del mondo del lavoro, assog­get­tato alla pre­ca­rietà, come modello delle rela­zioni con­trat­tuali, e alla pri­va­tiz­za­zione di ser­vizi e beni natu­ral­mente pubblici.
La minac­cia mili­tare del Piano Solo e i suc­ces­sivi errori del Psi hanno quindi bloc­cato il ten­ta­tivo di rea­liz­zare la poli­tica eco­no­mica voluta da Gio­litti, secondo cui, nelle grandi scelte, il potere di deci­sione non può non essere eser­ci­tato «dalle isti­tu­zioni demo­cra­ti­che respon­sa­bili davanti alla col­let­ti­vità e l’intervento pub­blico e l’iniziativa pri­vata ven­gono coor­di­nati e indi­riz­zati in fun­zione degli obiet­tivi fis­sati da quelle deci­sioni».
Il centro-sinistra del 1964 si è dis­solto, lasciando inso­luto il pro­blema della demo­cra­zia eco­no­mica in Ita­lia, cioè la neces­sità di tra­sfe­rire alle isti­tu­zioni pub­bli­che (con­fi­nate in acri­tico assi­sten­zia­li­smo finan­zia­rio e nor­ma­tivo) il potere di inci­dere sulle scelte eco­no­mi­che di fondo.
Antonio Bevere
il manifesto – 10 Luglio 2014
Foto RETE

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