
In questi ultimi giorni dell’anno si moltiplicano le fiaccolate sulla neve che, tuttavia, non sono gli unici fuochi di fine d’anno: vi sono anche quelli d’artificio che illuminano la notte fra un anno e l’altro.
Questi fuochi, come d’altronde tutti quelli che si accendono nei periodi che segnano un rinnovamento calendariale, possono avere due funzioni diverse secondo il contesto simbolico. Da un lato, come si è già ripetutamente spiegato, bruciano simbolicamente le disgrazie, i peccati, le tragedie dell’anno che finisce: sono fuochi di purificazione. Dall’altro si ricollegano al nuovo sole che, simbolicamente rinato proprio in questi giorni, va festeggiato con il fuoco perché omologo a quello solare.
Una volta si credeva che i falò, i fuochi d’artificio e le fiaccolate permettessero anche di godere di tutte le virtù del sole e fossero perciò benefici ai campi, agli animali, agli uomini grazie a una specie di operazione magica.
Ma, come si è già accennato in questo viaggio fra mesi e lune, avevano anche la funzione di aiutare a crescere il sole ancora bambino, il sole gracile che doveva vincere l’ostilità delle tenebre invernali.
Per una specie di magia simpatica i fuochi accesi in terra proiettavano nel «fuoco del sole» la loro energia, gli davano vigoria.
Nel Friuli e nel Veneto i ragazzi usano saltare i falò senza immaginare nemmeno lontanamente che si tratta di un rito purificatorio e nello stesso tempo propiziatore di fecondità, che tra l’altro si è già riscontrato nell’arcaica Pasqua ebraica e nei riti romani in onore della dea Pales, al 21 aprile.
Fonte: LUNARIO, di Alfredo Cattabiani – Oscar Mondadori
Foto: Attorno al fuoco in Piazza ad Orsomarso