Mercurion : un Monte Athos ante litteram

Domenichino, affreschi della Cappella Farnese: incontro tra san Nilo e Ottone III di Sassonia

La Calabria dal 535, anno in cui Belisario la conquistò, fino all’arrivo dei Normanni nell’XI secolo, è stata  bizantina, ma dal punto di vista religioso, continuò a dipendere dal Papa di Roma. Questa particolarità  ha generato un interessante fenomeno di cui vi parlerò più avanti.

In molte parti della antica Magna Graecia anche dopo la conquista romana, per secoli, si continuò a parlare il greco.

Nel frattempo era avvenuta una profonda trasformazione; quasi tutto l’ex impero romano era stato cristianizzato e l’antica Roma e la nuova Roma, Costantinopoli, incominciavano a rivaleggiare più in campo religioso che in quello politico.

Nel VII secolo hanno inizio le guerre arabo-bizantine che avranno terribili conseguenze per la cristianità. Importanti Paesi cristiani con come Egitto, Siria e Palestina vengono islamizzati.

Questi Paesi erano stati, fra l’altro, la culla del monachesimo. La parola monaco deriva dal greco monos che significa solo, solitario. Infatti nei primi secoli dell’era cristiana proprio in Egitto nacquero con s. Antonio, s. Macario e s. Pacomio le prime forme di monachesimo e nella prima fase il monachesimo fu infatti esclusivamente anacoretico o eremitico che dir si voglia.

Gli eremiti vivevano isolati nel deserto e si dedicavano alla preghiera, al digiuno ed alla penitenza. In quel periodo c’erano però anche forme estreme di eremitismo: alcuni anacoreti vivevano appollaiati su una colonna, gli stiliti, oppure su un albero, i dendriti. Fu s. Pacomio che, dopo aver vissuto per vari anni da anacoreta nel deserto, decise di correggere queste esagerazioni e fondò il cenobitismo, ossia la vita in comunità.

Scrisse un typikon ossia una regola per la vita in comune che consisteva in preghiera, lavoro e studio e in breve tempo migliaia di giovani lo seguirono nel deserto dove viveva e la regione, vicino a Tebe, dove sorsero centinaia di monasteri, venne chiamata Tebaide.

L’occupazione musulmana, come ho detto, costrinse una moltitudine di questi monaci a lasciare i loro eremi ed i loro cenobi e venne accolta in Sicilia e specialmente in Calabria dove fondarono altri eremi e altri monasteri.

Queste regioni erano, come abbiamo detto, bizantine ed il fatto che dipendessero dal papa non era un problema in quanto allora esisteva un’unica Chiesa ed anche i riti erano simili. Lo scisma, ossia la divisione delle Chiese, avverrà molti  secoli dopo ed esattamente nel 1054.

Questi monaci orientali portarono in Calabria le cose per loro più preziose, ossia icone e libri sacri e sicuramente di questi tesori faceva parte anche il famoso codex purpureus rossanensis conservato nel Museo diocesano di Rossano.

La presenza in Calabria di monaci provenienti da Egitto, Siria e Palestina lasciò il segno. Infatti le funzioni religiose dei monasteri italo-greci vennero influenzate dalle loro tradizioni e lo studioso belga Jacob in un suo interessante contributo scrive appunto dell’influenza della liturgia siro-palestinese su quella italo-greca.

Nei secoli successivi, a causa dell’iconoclastia, un’altra moltitudine di monaci

Abbandonò l’Oriente per dirigersi verso la Calabria, ma questa volta non soltanto perché bizantina, ma specialmente perché sotto la giurisdizione del papa  che è sempre stato contrario all’iconoclastia.

Questo è il fenomeno di cui avevo fatto cenno pocanzi. Il papa Gregorio III nell’anno 731 scomunicò gli iconoclasti e l’imperatore Leone III l’Isaurico  per punirlo e per la scomunica e per l’accoglienza dei cosiddetti iconoduli (veneratori delle icone) gli tolse la giurisdizione sull’Italia Meridionale e sull’Illiricum che comprendeva i Paesi che oggi corrispondono a Serbia, Croazia, Albania e Grecia per passarla al patriarca di Costantinopoli.

La stessa Grecia pertanto fino al 731, dal punto di vista religioso, fu territorio papale e ancora oggi il metropolita di Salonicco porta il titolo di panaghiotatos, ossia Sua Santità in quanto allora come rappresentante del papa in Oriente aveva il privilegio di questo titolo.

Nel IX -X secolo una terza ondata di monaci giunse in Calabria, questa volta proveniente dalla Sicilia conquistata dagli arabi.

Potete immaginare che cosa fosse allora la Calabria invasa da migliaia di monaci. Vennero fondati centinaia fra monasteri ed eremi e per questa presenza massiccia di monaci venne chiamata la Nuova Tebaide, in ricordo della Tebaide egiziana. La sua fama si diffuse in tutto l’Impero bizantino.

Ma l’occupazione araba non si fermò in Sicilia, dopo qualche decennio anche la Calabria meridionale venne occupata ed i monaci furono costretti ad un nuovo trasloco, questa volta verso il Nord della Calabria e precisamente sulle montagne fra la Calabria e la Lucania dove si trovava l’Eparchia del Mercurion, una specie di Repubblica Monastica.

Il centro di questa repubblica monastica si trovava dove oggi sorge il Comune di Orsomarso dove sicuramente esisteva un Katholikon, ossia una chiesa dove i monaci che vivevano da eremiti o in piccole comunità la domenica andavano ad assistere alla santa messa. Tutte le grotte che ancora oggi si possono visitare erano abitate da eremiti. Esistevano poi piccole comunità di un paio di monaci e veri e propri monasteri con decine se non centinaia di monaci. Proprio come ancora oggi al Monte Athos.

Che delle centinaia di monasteri siano rimaste poche tracce è dovuto al fatto che la maggior parte  era formata da grotte e misere capanne  e che i monasteri erano in costruiti in legno.

Come dicevo, In quel periodo c’erano gli eremiti che vivevano da soli in grotte e capanne inaccessibili e poi c’erano i monaci che vivevano in piccole e grandi comunita’. Esistevano pero’ due tipi di monasteri. In quelli cenobitici i monaci pregavano, lavoravano e prendevano i pasti insieme, cosi’ come avviene nei

Monasteri odierni. In quelli idioritmici avevano in comune solo la preghiera. Per il resto ogni monaco organizzava la sua giornata a proprio piacimento.

 Questi due tipi di vita monastica sono stati in uso anche al Monte Athos fino agli anni ottanta.

Ricordo bene il mio primo viaggio alla sacra Montagna ai primi anni settanta, ospite del monastero Vatopedi dove si trovava p. Matteo, un monaco che avevo conosciuto a Grottaferrata.

Vi era stato mandato dal grande patriarca Athenagoras perchè imparasse l’arte del restauro del libro antico nel celebre laboratorio di Grottaferrata. In quel periodo Vatopedi era ancora idiorritmico e p. Matteo aveva, come tutti gli altri confratelli, un appartamentino con cucina dove, per farmi cosa grata, mi preparò un bel pranzo.

Ora tutti i monasteri del Monte Athos sono cenobitici, ma un angolo dove prepararsi il caffè è rimasto.

Importante da sottolineare è che in Oriente non sono mai esistiti ordini religiosi.

Ogni monastero era ed è ancora oggi  indipendente e non legato ad altri monasteri. Ha un suo  Typikon, ossia una sua regola che vale solo per quel determinato monastero.

Spesso i monaci orientali vengono erroneamente chiamati basiliani, ma S. Basilio non ha fondato alcun ordine monastico e, come ho detto pocanzi, ogni monastero ha una sua regola che può ispirarsi agli insegnamenti di S. Basilio, S. Saba o S. Teodoro. Il termine basiliano viene pertanto usato erroneamente quando si riferisce a monasteri orientali.

Gli ordini religiosi sono una istituzione tipicamente latina ed infatti un ordine basiliano venne istituito dal papa Gregorio XIII nel 1579 ed incluse tutti i monasteri italo-greci della Italia meridionale che allora si trovavano in forte crisi.

Il papa lo fece sperando in tal modo di salvare il monachesimo italo- greco, ma ormai era troppo tardi ed infatti pian piano scomparvero quasi tutti i monasteri. Il solo che è rimasto fino ai giorni nostri e quello di Grottaferrata, vicino Roma, fondato da S. Nilo da Rossano nel 1004, ossia oltre 1000 anni fa. Oggi anche il monastero di Grottaferrata si trova, purtroppo, in grandi difficoltà e speriamo che riesca a risollevarsi, come avvenne nel XVI secolo grazie al contributo degli Arbëreshë.

Già un secolo prima il vescovo di Nicea, Vissarion, meglio conosciuto in Occidente come Bessarione, che dopo il Concilio di Firenze rimase a Roma e fu nominato cardinale, aveva cercato di risollevare le sorti dei tanti monasteri italo-greci dell’Italia meridionale, ma senza fortuna.

Ormai i monaci non conoscevano più il greco e le funzioni religiose erano un orrendo ibrido greco/latino ed il fatto di non aver più alcun contatto con l’oriente peggiorò ancor di più la loro situazione.

Il cardinale Bessarione, uomo colto e saggio, leggendo il Liber visitationis redatto dall’archimandrita greco Kalcheopoulos, dal quale ne esce un quadro terrificante di detti monasteri, non potendo più salvarli si adoperò per salvare almeno il patrimonio librario che era conservato nelle loro biblioteche, ma che i monaci non erano più in grado di apprezzare non conoscendo il greco ed essendo quasi tutti molto ignoranti.

Fu un’opera che a posteriori si rivelò provvidenziale. Infatti la maggior parte di detti codici greci e latini vengono oggi conservati nella biblioteca Marciana di Venezia, nella biblioteca Vaticana e in quella di Grottaferrata ed altri sparsi in tutte le maggiori biblioteche del mondo. Un importante codice proveniente dalla Calabria si trova perfino nella biblioteca del monastero s. Giovanni di Patmos, l’isola dell’Apocalisse. Con questa operazione il Cardinale Bessarione salvò questo immenso patrimonio librario. Infatti i saccheggi, gli incendi e l’ignoranza avrebbero sicuramente disperso anche questo patrimonio.

E pensare che l’attività scrittoria e di copiatura era stata per secoli una delle attività più importanti dei monaci italo-greci. La maggior parte dei codici che si trovavano nei loro monasteri erano opera dei loro amanuensi e per secoli i monasteri italo-greci erano stati come delle vere università. Ricordo il già citato S. Nilo da Rossano, fondatore del Monastero di Grottaferrata che è stato un monaco molto colto e grande copista e che introdusse un suo metodo particolare di copiatura chiamato tachigrafico, grazie al quale lo stesso riusciva a copiare i libri molto più velocemente. Nel bios di S. Nilo si legge che il santo copiasse un intero libro in soli tre giorni. Tre manoscritti autografi di S. Nilo si trovano nella Biblioteca di Grottaferrata e dai monaci vengono venerati come reliquie.

 Mi hanno sempre affascinato le frasi che gli amanuensi scrivevano alla fine del loro lavoro. Ne cito qualcuna: come il navigante, dopo mesi e mesi di navigazione, è felice quando vede la terra ferma, nello stesso modo è felice il copista quando vede l’ultima pagina del libro da copiare. Oppure: la mano che ha copiato questo libro un giorno sarà cenere, ma il libro sarà eterno.

Ho intitolato la mia conferenza Il Mercurion : un Monte Athos ante litteram  perchè

in effetti il Mercurion precedette il Monte Athos di oltre un secolo. Anche il Mercurion era una repubblica monastica ed anche al Mercurion era in vigore l’avaton, ossia non era consentito alle donne di entrarci, come ancora oggi avviene nel Monte Athos.

All’inizio del mio intervento ho affermato che la Calabria è stata bizantina dal VI all’ XI secolo, ma devo aggiungere che il rito bizantino è rimasto anche dopo la conquista normanna. La prima cosa che fecero i normanni dopo la loro conquista fu infatti la restituzione della giurisdizione religiosa delle terre da loro conquistate al papa e pensando di fargli cosa grata, tentarono di latinizzarle. Quando videro il forte radicamento del rito bizantino fra le popolazioni si adeguarono e non solo non proseguirono nell’opera di latinizzazione, ma anzi sostennero la fondazione di nuovi monasteri italo-greci e S. Bartolomeo da Simeri fondò in quel periodo prima il Patirion a Rossano e poi il San Salvatore a Messina. Due monasteri che per secoli sono stati dei fari per la Chiesa e la cultura italo-greca

Ricordo infine che Rossano è stata di rito greco fino al 1460, Oppido e Gerace fino al 1480 e Bova fino al 1573.

Ma il rito bizantino o greco, come si diceva una volta, in Calabria non si è mai estinto. Infatti quando stava per scomparire definitivamente ci fu l’arrivo in Calabria di greci ed albanesi che abbandonavano l’impero bizantino a seguito della caduta di Costantinopoli nel 1453.

I greci e gli albanesi (arbresh) si insediarono negli stessi luoghi ed utilizzarono le stesse chiese che fino a qualche decennio prima avevano utilizzato gli italo-greci.

Queste comunità greco-albanesi sono ormai presenti in Calabria da 500 anni ed hanno proseguito l’opera dei loro avi e fatto si che il rito bizantino sia ancora vivo nella nostra Regione.  Pertanto possiamo affermare che il rito bizantino in Calabria è presente ininterrottamente da 1500 anni.

Di VIRGILIO AVATO

FONTE: dalla pg Facebook dell’autore

FOTO: Rete

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