MERCURION – Le parole per capire

San Luca di Demenna o d’Armento

.

Abba (padre): si trova solo in contesti monastici, individua monaci di un certo rilievo, implicati in episodi che li hanno resi noti, in fondazioni di monasteri o strutture ecclesiastiche, vescovi che hanno scelto di intraprendere la vita monastica o ex monaci divenuti vescovi. È un titolo simile ma più onorifico rispetto ad apa, utilizzato in particolare per i fondatori e i superiori di monasteri, per monaci e membri del clero che non costituiscono delle eccellenze, per i martiri ed addirittura nel caso di élites di laici che sono a capo di comunità.

Agapeti (i diletti): uomini e donne legati al giogo del Cristo che decidono di condividere uno spazio di vita comune.

Anacoretismo (da anachoresis, allontanamento, che è fisico e, soprattutto, spirituale): è la forma monastica che deriva da una scelta di allontanamento e si traduce spesso in una vita monastica vissuta da eremiti.

Apatheia (impassibilità, imperturbabilità): Evagrio elabora una compiuta definizione dell’apatheia,intesa non già come assenza di sensazione, bensì tranquillità malgrado le sensazioni (Centurie 8,3) e distingue tra impassibilità perfetta, quando l’anima ha vinto tutti i demoni che le si oppongono, e imperfetta, quando i demoni lottano ancora contro di essa (Trattato adAnatolio 60). Essa, virtù angelica, non è l’apatia, ma l’assenza di pathos, non implica l’immunità dal peccato, bensì la pienezza della virtù.

Apocatastasi (dal greco apokatastasis, reintegrazione, restaurazione): nelle opere di Origene, celebre teologo alessandrino della prima metà del III secolo, è la restaurazione finale di tutte le cose (s’intende di tutte le nature decadute e non) nella loro condizione originaria. Intesa in senso cristiano, questa dottrina, già stoica e neoplatonica, si riferisce alla redenzione finale di tutte le creature.

Archimandrita (dal greco archimandrites, composto di arche, capo, e mandra, recinto, dunque colui che presiede il recinto): titolo di natura onorifica applicato ai superiori delle congregazioni monastiche, spesso insieme ad altri titoli più generici quali padre, hegoumenos, proestos.

Carisma (dal greco charisma, favore, dono divino): dono soprannaturale elargito dalla grazia divina in riconoscimento dei propri sforzi e risultati ascetici. Sigillo della santità, il carisma consiste solitamente in una capacità straordinaria (diversa a seconda dei casi) di cui è dotato il santo.

Cenobitismo (da koinos, comune, e bios, vita): è la vita monastica con dimensione comunitaria trascorsa in luoghi di residenza collettivi. In siriaco qenubin (cenobio) indica propriamente la laura, composta da un alveare di celle; la ‘umrà (dimora) è espressione più genericamente traducibile con monastero, mentre maggiori difficoltà si hanno con il termine dayra, che nei secoli V e VI non si riferiva solo a monasteri, ma anche a centri di vita scolastica, organizzati secondo un regime di vita ascetica comune.

Diorasis (chiaroveggenza, lett. la capacità di vedere attraverso): termine usato per esempio da Ammonas a indicare uno specifico dono della grazia divina che consiste in una capacità di discernimento e di chiaroveggenza.

Discernimento (gr. diakrisis, lat. discretio): è la capacità di leggere i pensieri altrui e di distinguere tra il bene e il male, mentre il discernimento degli spiriti è una facoltà che permette di distinguere gli spiriti buoni da quelli malvagi. Nella tradizione monastica è un carisma del padre spirituale.

Economo (gr. oikonomos, amministratore, sir. sa’ura): èil responsabile amministrativo del monastero, colui che gestisce i beni monastici.

Enkrateia (dal greco egkrateia, continenza; il siriaco qudse indica coppie sposate che decidevano di vivere in completa castità): era la condizione riservata a membri sposati dei due sessi.

«Figli e Figlie del Patto»: comunità di vergini. Il «Patto» in questione è una delle traduzioni proposte del siriaco qeyama (che corrisponde per senso all’ebraico berit) dalla radice qom «stare», «istituire» ma anche «risorgere».

Haplotes (semplicità): è la «semplicità» d’animo, intesa come unità interiore. Se la monotropia o homopsychia insiste sul processo di unificazione con Dio (fonte dell’unica possibile unificazione interna, dunque del sé), la haplotes – contrapposta alla dipsychia (doppiezza d’animo, trasposizione dell’espressione semitica «avere due cuori») – insiste sul fatto di avere un animo privo di malizia e di volontà contrastanti.

Hegoumenos («colui che dirige»): in ambito monastico egiziano è il titolo che si riferisce ad un ruolo di responsabilità spesso riferito in modo specifico al contesto del monastero. Diventa poi il termine corrente per definire chi dirige la comunità monastica (l’igumeno).

Hesychia (calma, tranquillità): la «calma» spirituale ricercata ed ottenuta dal monaco attraverso una vita di ascesi, di preghiera e di contemplazione.

Horoi (regole): è il termine che indica le regole da seguire nella comunità monastica; altri termini propri della normativa monastica sono: kanon, che indica il conformarsi alle abitudini, della comunità; latino instituta atque praecepta,regole e precetti di stili di vita ascetica.

Ihidaya (solitario): è il termine che traduce in siriaco il greco monachos. Originariamente l’ihidaya viene però inteso come «uno in sé» di fronte all’Uno, un «unigenito» come l’Unigenito.

Kellion (cella): è la dimora del monaco e può essere isolata o all’interno di monasteri. Simbolicamente il luogo della cella ha anche il senso del raccoglimento e dell’isolamento, fisico e spirituale, del monaco dal mondo.

Laura (in gr. vicolo, passaggio): edificio monastico formato da celle collegate ad un nucleo centrale, dove si trovano spesso la chiesa ed altri spazi comuni, e tra di loro attraverso una fitta rete di sentieri.

Martyrion (reliquiario, santuario di martire): è un luogo sacro, un edificio dedicato ad un martire e spesso contenente le sue reliquie.

Messaliani (euchitai in greco): il termine d’origine siriaca (mes’alleyane) significa letteralmente «oranti», designa un gruppo di spirituali di origine mesopotamica e sottolinea la centralità in cui era tenuta la preghiera entro questo movimento. Nella descrizione che ce ne da Epifanie, essi vivono insieme, uomini e donne, senza lavorare, dormono per le strade delle città, mendicano per vivere e ignorano il digiuno. Il movimento venne condannato come ereticale dal Concilio di Efeso nel 431.

Monotropia: come suggerisce l’etimologia del termine, si tratta della qualità di chi è «unificato» in sé e con Dio, ossia di chi ha eliminato ogni forma di scomposizione mentale ed ogni dispersione di desideri mirando ad una completa focalizzazione sulla volontà divina, perfettamente introiettata.

Oros: è la montagna; spesso il termine è utilizzato ad indicare un monastero.

Parresia (libertà di parola, franchezza): è la libertà di parola, che induce i martiri a confessare apertamente la propria fede; nell’elaborazione monastica, la parresia può avere accezione positiva, e cioè spirituale, indicando la confidenza filiale di colui che si rivolge a Dio, o negativa, riferendosi all’eccessiva familiarità. Negli Apoftegmi il termine indica per lo più la cattiva familiarità. Il concetto di parresia è chiarito dalla contrapposizione con xeniteia: il monaco per la sua rinuncia è diventato xenos, straniero, senza patria e senza diritto alcuno, primo fra tutti la libertà di parola, poiché la xeniteia è la rinuncia a ogni diritto, primo fra tutti il diritto di parlare e quello di possedere.

Parthenia (verginità, in siriaco betule=vergini): scelta della verginità perpetua.

Pesìtta («la semplice»): traduzione siriaca delle Scritture di Israele.

Politeia (cittadinanza, condizione di vita, forma di governo): il termine greco si riferisce alla forma di governo di una «polis», cioè la città greca, e indica invece nel monachesimo il tipo del regime e della condotta ascetici, nella loro peculiarità rispetto agli altri. Insomma, potremmo dire una «cittadinanza» monastica.

Proestos (colui che sta a capo): termine per definire un superiore tra un gruppo di monaci; dal IV secolo diventa un termine tecnico per definire il responsabile di una comunità. Nella comunità basiliana il preposto e la preposta sono il padre e la madre spirituale del settore della comunità ad esso/a soggetto, nonché i responsabili di tutto ciò che in quel settore accade.

Spoudaios (zelante): in accezione tecnica indica coloro che, zelanti per la fede, vivevano all’interno di confraternite laiche che condividevano pratiche ascetiche.

Taumaturgo (dal greco thauma, prodigio, ed ergon, fatto, azione: «operatore di prodigi»): in epoca tardo-antica con il termine taumaturgia s’intende l’arte, in qualche modo assimilabile alla magia, di ottenere portenti per il tramite dell’invocazione e la manipolazione di energie soprannaturali, eventualmente divine.

Topos (luogo, ma in copto): è il «luogo» e diventa spesso sinonimo di monastero.

Xeniteia (spaesamento, estraneità; siriaco aksenaya, appunto dal greco xenos, straniero): il farsi stranieri al mondo, lo «straniamento» indica la qualità di chi vive come fosse straniero, privo di quella confidenza, la «parresia» (vedi la voce) che lo fa sentire sicuro ed a suo agio con l’ambiente e le persone che lo circondano. Infatti, dietro tale confidenza, si nasconde il rischio della rilassatezza e della perdita della tensione ascetica. È uno dei modelli ascetici più ricorrenti, uno dei comportamenti più praticati, tanto che divenne uno dei titoli con cui definire per antonomasia il monaco.

Da “MONACHESIMO ORIENTALE”, DI Giovanni Filoramo – Morcelliana

Foto: Rete

Ti potrebbero interessare:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close