Quando Capodanno non era il primo gennaio

Quanto alla data del Capodanno, essa ha subito nel corso del Medioevo e fino alle soglie del XIX secolo molte variazioni rispetto a quella dell’ultimo calendario romano, adottata oggi da rutti i paesi di tradizione cristiana o cristianizzati.

In Inghilterra e Irlanda, per esempio, dal XII secolo fino al 1752 il Capodanno si celebrava il 25 marzo; in Spagna rimase fissato al 25 dicembre fino all’inizio del 1600. Talvolta la data variava da città a città. Vi era lo stile (così era chiamato il sistema prescelto) della Natività, che stabiliva il primo giorno dell’anno al 25 dicembre; lo stile dell‘Incarnazione o fiorentino, perché usato a lungo a Firenze, lo fissava al 25 marzo, festa dell’Annunziazione di Maria Vergine; lo stile della Pasqua o francese, adottato fino al 1564 in Francia, lo datava alla domenica di Resurrezione; lo stile veneto, usato a Venezia fino alla caduta della Repubblica, nel 1797, lo prescriveva al 1° marzo; il bizantino, adottato nelle Puglie e nelle Calabrie durante il Medioevo, lo indicava al 1° settembre; e infine lo stile moderno o della Circoncisione, in vigore attualmente nei nostri paesi, al 1° gennaio.

Quest’ultimo stile venne abbandonato quasi completamente nel Medioevo perché non era collegato né a un evento astronomico né a una festa religiosa. Invece il 25 dicembre, che si riallacciava alla festa solstiziale e alla nascita del Cristo, era sentito come un vero Capodanno.

Quanto al 1° marzo, ossia allo stile veneto, si ricollegava all’antico Capodanno primaverile, come d’altronde il 25 marzo, stile dell’Incarnazione o fiorentino, e lo stile della Pasqua.

Per questo motivo ancora oggi il periodo compreso fra il solstizio invernale e la Pasqua è costellato di feste, cerimonie e usanze che direttamente o indirettamente celebrano o si ispirano alla nascita del nuovo anno. Persino il Carnevale, come si spiegherà, è una festa di passaggio dal vecchio al nuovo anno.

Breve viaggio tra gli altri Capodanni

Già abbiamo constatato come il Capodanno italiano sia variato più volte fra la Roma arcaica e i nostri giorni. Non ci si meravigli di queste oscillazioni perché l’inizio dell’anno è una data convenzionale che cambia secondo la cultura e le tradizioni di un popolo.

I Babilonesi lo celebravano all’inizio della primavera, in dodici giorni a partire dalla prima falce di luna successiva all’equinozio, che gli astronomi determinavano osservando la levata eliaca della stella più luminosa della costellazione dell’Ariete. Ma il loro anno, che era composto da mesi lunari, anticipava di 11 giorni; sicché ogni tre o quattro anni introducevano un mese intercalare. Per stabilire il momento dell’inserimento avevano individuato alcune stelle, delle quali osservavano la levata eliaca. A ognuna di esse era associato un mese lunare. Quando la levata eliaca avveniva in un altro mese, si doveva inserire un mese intercalare, come testimonia il testo di una tavoletta: «Dilgan deve effettuare la sua levata eliaca nel mese di nisannu. Quando non sarà così, il mese verrà cambiato». Siccome l’inserimento avveniva in modo irregolare, a partire dal 747 a.C. si decise di introdurre un periodo di 19 anni, caratterizzato dall’aggiunta di sette mesi intercalari, distribuiti nel corso del periodo.

Gli Egizi invece lo celebravano alla levata eliaca della stella più brillante del firmamento, Spdt, chiamata Sothis dai Greci e Sirio da noi: essa apriva il primo mese dell’anno, thot, annunziando la prossima esondazione del Nilo che avrebbe fertilizzato le terre della valle. Tra il 4380 e il 2200 […] la levata eliaca di Spdt (posizione che, secondo gli Egizi era quella del cielo al momento della creazione) avveniva nella prima metà di giugno.

II più antico calendario della valle del Nilo comprendeva 360 giorni divisi in 36 decadi e in 12 mesi. Siccome ritenevano che anticipasse di cinque giorni l’anno solare, gli Egizi vi introdussero cinque giorni supplementari, che chiamarono «epagomeni». Ma nemmeno con questo accorgimento il calendario era esente da errori: nel 238 a.C. Tolomeo III Evergete decretò l’introduzione di un sesto giorno epagomeno ogni quattro anni. Tuttavia, la sua riforma fu praticamente ignorata dagli Egizi, che continuarono a utilizzare l’anno mobile, da loro chiamato «vago», ancora per molti secoli, mentre, come si è spiegato, fu applicata da Giulio Cesare al nuovo calendario romano.

Anche fra gli Ebrei la data del Capodanno ha subito variazioni. Inizialmente lo si festeggiava nel mese lunare di abib, in prossimità dell’equinozio di primavera. Ma per evitare che questo mese si allontanasse eccessivamente dall’equinozio, s’introduceva ogni tanto un mese intercalare.

Dopo la cattività babilonese venne adottato il Capodanno di Babilonia con la parziale modificazione del nome di alcuni mesi. Il primo si chiamò nisan, dal nisannu babilonese. Il suo inizio era stabilito dalla comparsa della prima falce di luna in prossimità dell’equinozio di primavera.

Ma vi erano Ebrei che, per commemorare la lettura della Legge al popolo, avevano scelto come Capodanno l’inizio del settimo mese tisri, che cadeva nel periodo dell’equinozio autunnale. Solo a partire dal IV secolo a.C. si scelse un unico Capodanno, quello autunnale.

Dopo la distruzione di Gerusalemme si codificò per tutti gli Ebrei della diaspora un calendario comprendente ogni anno 12 mesi lunari per un totale di 353-355 giorni secondo le esigenze rituali; venne però introdotto un tredicesimo mese, detto «embolistico» (che portava l’anno a 383-385 giorni, in base alle stesse esigenze) la cui aggiunta veniva, in un primo tempo, decisa dal Tribunale religioso anno per anno, ma che in seguito fu fissata negli anni 3, 6, 8,11,14,17,19. La struttura di quel calendario è ancora in uso con poche modifiche. Nel 2003 il Capodanno è caduto, per esempio, tra il 27 e il 28 settembre dell’anno 5764 dalla creazione del mondo (va ricordato che il giorno ebraico comincia alle 18 e termina 24 ore dopo).

I Celti, a loro volta, lo festeggiavano nei dodici giorni che cominciavano con la festa del Samain, il 1° novembre, e finivano con la nostra festa di San Martino. Quanto al loro calendario, il cosiddetto «calendario di Coligny», ritrovato nel 1897 nella località che gli ha dato il nome, inciso su una tavola di bronzo pervenutaci in frammenti e quindi non interamente ricostruita, pare che esso fosse strutturato su una durata di cinque anni, di cui tre di dodici lunazioni e due, il primo e il terzo, di tredici.

Gli Ateniesi lo celebravano al solstizio d’estate. Avevano un calendario lunare con l’intercalazione di un tredicesimo mese quando era necessario; dopo una serie di riforme insoddisfacenti, nel V secolo a.C. adottarono il cosiddetto ciclo di Metone, celebre astronomo ateniese che rese regolare l’intercalazione. Metone aveva constatato che 235 lunazioni erano più o meno eguali a 19 anni di 365,25 giorni (l’anno chiamato poi giuliano). Dopo 19 anni le lunazioni ritornavano nelle loro date iniziali; sicché bastava stabilire nel corso di quel periodo quali anni avrebbero avuto il mese intercalare. I numeri del ciclo di Metone venivano riportati nelle pubbliche piazze delle città e ad Atene furono incisi in oro sul Partenone.

Anche i Cinesi dovettero affrontare i problemi che comportava l’anno lunare, ancora oggi in uso. Essi dividevano l’anno in dodici parti eguali creando delle date di riferimento, dette Tchong-Ki, che non coincidevano con le lunazioni. In genere, all’interno di una lunazione cadeva un Tchong-Ki. Quando ne cadevano due, il mese era considerato intercalare. Diversamente da altri popoli, che facevano cominciare i mesi con l’apparizione della prima falce di luna alla sera, essi consideravano come inizio del mese la congiunzione dell’astro notturno con il sole, quella che, invisibile, noi chiamiamo luna nuova. Quanto al Capodanno, non lo facevano coincidere con il solstizio d’inverno, che però sapevano calcolare perfettamente: osservavano infatti il tramonto cosmico ovvero il tramonto visibile, prima del sorgere del sole, della stella alfa Hydrae, detta Stella Uccello.

Anticamente il Capodanno civile cadeva all’inizio del terzo mese astronomico, poi fu spostato all’inizio del primo, cioè con la luna nuova del mese che comprendeva il giorno del solstizio d’inverno. Successivamente lo fecero cadere all’inizio del secondo mese astronomico. Infine, sotto la dinastia Han, che regnò fra il 206 a.C. e il 220 d.C, ripristinarono le antiche tradizioni fissandolo all’inizio del terzo mese astronomico, usanza che perdura anche oggi. Sicché l’inizio dell’anno cinese cade fra il 20 gennaio e il 20 febbraio. Nel 2003 il Capodanno, detto Chun Jie, si è celebrato il 1° febbraio, giorno in cui è iniziato l’anno dedicato al segno astrologico della Capra, giacché, come molti sapranno, gli anni cinesi sono dedicati agli animali.

Quanto ai musulmani, hanno mantenuto integralmente l’anno lunare (354d 8h 48′ 36″) e l’inizio del giorno al tramonto, come gli ebrei e come il calendario liturgico cristiano. Prima dell’Islam gli Arabi avevano inserito anche un mese intercalare che venne cancellato con l’avvento della nuova religione, come ricorda la sura coranica II pentimento (IX, 37): «In verità il mese intercalare non è altro che un sovrappiù di miscredenza a causa del quale si traviano gli increduli: un anno lo dichiarano profano, un altro lo sacralizzano per alterare il numero dei mesi resi sacri da Allah». L’anno islamico con i dodici mesi lunari è più breve del gregoriano. Il che spiega perché il periodo del digiuno rituale (ossia il Ramadàn, mese della rivelazione coranica) anticipi ogni anno di circa dieci giorni. Nel 2003, per esempio, l’inizio dell’anno lunare è caduto il 4 marzo, anno 1423 dall’Egira.

L’era dell’Egira è considerata ufficiale in Arabia Saudita, nello Yemen e negli altri paesi del Golfo Persico. Siria, Giordania, Marocco e Turchia utilizzano invece l’era cristiana e musulmana insieme, la seconda solo per uso religioso.

 

ALFREDO CATTABIANI

Da “il Calendario” – Mondadori

FOTO: Rete

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