L’opera di oggi: LA GIOCONDA

La persona raffigurata e i tempi d’esecuzione

Fra le opere che sicuramente accompagnano l’artista nella trasferta oltrealpina, alla corte di Francesco I, si deve annoverare La Gioconda, probabilmente elaborata intorno al 1502-1503, ma condotta a termine in tempi molto lunghi.

Nel castello di Cloux, nei pressi di Amboise, nello studio di Leonardo, infatti, il segretario del cardinale Luigi d’Aragona, nota, fra altre opere, il ritratto di “una certa donna fiorentina”, forse La Gioconda. Si crede appunto che questo dipinto raffiguri Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo.

Leonardo avrebbe iniziato il ritratto in occasione di un evento particolare per la coppia, o la nascita di un figlio, avvenuta nel 1502, o il trasferimento in una nuova casa, avvenuto l’anno successivo. Il pittore non avrebbe mai consegnato il quadro che, appunto, forse aveva con sé ad Amboise. Da lì sarebbe passato in Lombardia, tramite il prediletto allievo di Leonardo, “Salaì”, al secolo Gian Giacomo Capretti, un uomo inquieto e mezzo delinquente, al quale il maestro era molto affezionato. Alla morte del Salaì La Gioconda sarebbe tornata in Francia, a Fontainebleau alla corte di Francesco I, dove viene notata poco prima della metà del Cinquecento.

Il significato del ritratto e la sua interpretazione

L’opera si presenta come il compendio di quanto l’artista aveva teorizzato e prodotto fino ad allora.

La giovane donna viene ritratta sullo sfondo eli un evanescente paesaggio montuoso, reso in lontananza attraverso dense masse nebbiose. Il suo volto ha un’espressione indefinibile, fra il lieto e il melanconico, che ben esemplifica l’indagine scientifica sui “moti mentali”.

È stato osservato come la fuggevolezza espressiva della donna si possa imputare ad un artificio compositivo escogitato dal pittore: la metà sinistra del volto appare caratterizzata da un’espressione seria e forse da un’età leggermente avanzata, mentre la parte destra appare giovanile e sorridente. La combinazione dei due elementi produce il caratteristico sorriso ambiguo. Tale ambiguità è stata interpretata nei modi più diversi: si va dall’ipotesi psicoanalitica (una sorta di autoritratto) a quella dissacratoria (Marcel Duchamp traccia dei baffi sulla riproduzione di Monna Lisa), che hanno contribuito ad accrescere il valore enigmatico del soggetto e la sua notorietà. Il sorriso della Gioconda doveva aver colpito anche i contemporanei, come testimonia, ancora una volta, il Vasari.

Quando Vasari scrive la prima edizione delle Vite Lisa Gherardini è ancora in vita e abita non molto distante dalla residenza fiorentina dello scrittore, che così descrive le circostanze del ritratto, forse ricordate dalla protagonista stessa: “Monna Lisa bellissima teneva, mentre che la ritraeva, chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che facessino stare allegra, per levar via quel malinconico, che suol dar spesso la pittura a’ ritratti che fanno. Et in questo di Lionardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa meravigliosa, per non essere vivo altrimenti”.

Dopo La Gioconda

Leonardo con La Gioconda libera il ritratto dalla sua veste celebrativa e ufficiale, immergendo l’effigiato in una dimensione naturale. In più, vi immette prepotentemente una componente legata all’indagine psicologica, che ben si adatta alla tensione spirituale del pensiero umanistico del tardo Rinascimento. L’altro fronte di ricerca della ritrattistica leonardesca è concentrato su una messa in posa più veritiera, attraverso la torsione anatomica, come nella Dama con l’ermellino, o nella cosidetta Belle Ferronnière, del Louvre, che sembra girarsi e guardare distante oltre lo spettatore.

I grandi ritrattisti del Cinquecento, come Raffaello e Tiziano, terranno conto, più o meno direttamente, delle soluzioni leonardesche.

Raffaello, Disegno con dama, 1474 circa

Da “Storia dell’arte” 2, di G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa – Atlas

Foto: Rete

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