Eretici contro la guerra

John Wycliffe

 

Dichiarare che l’opposizione alla guerra è sostenuta, nei secoli fino al XIV, per lo più da voci ai margini della Chiesa istituzionale, o da eretici, è quasi una tautologia. Se infatti la teologia della guerra adottata dalla Chiesa medievale ha finito per divenire in quei secoli parte integrante della sua teologia globale, le voci a favore della pace sono per forza di cose poco numerose e destinate a rimanere fievoli. «La storia delle eresie» — ha scritto Monique Zerner — «segue il ritmo dell’evoluzione del potere»: da Costantino in poi essa si lega, per opposizione, alla storia dello Stato.

Bisogna aver sempre presente che le posizioni del dissenso cristiano ci sono note soprattutto attraverso documenti avversari e testimonianze monche. Tuttavia qualcosa di interessante trapela anche nelle deboli «tracce dei vinti».

Rodolfo il Glabro racconta che nel 1028 l’arcivescovo di Milano, in visita nelle diocesi di Torino, scoprì nel castello di Monforte una comunità di uomini e donne che vivevano in pace come i primi cristiani, mettendo in comune i loro beni. Furono bruciati. Anche i valdesi, secondo la testimonianza di Alano di Lillà, e i catari si distinguevano per la loro avversione alla guerra: «chiunque uccida un cristiano in qualsiasi guerra è un peccatore», dichiaravano.

Più chiara e argomentata la condanna della guerra e delle crociate in John Wyclif e nei testi dei suoi seguaci, i Lollardi. A più riprese Wyclif, maestro di logica e di teologia all’Università di Oxford, enfaticamente definito la «morning star of thè Reformation», ripete che le crociate non possono essere legittimate dalla parola del Vangelo e anzi nascondono malamente interessi materiali e volontà di dominio. Esse sono «massacro di popoli e devastazione di terre».

Il gruppo dei suoi seguaci era, se possibile, ancora più drastico nel denunciare l’ingiustizia di qualsiasi guerra. Val la pena di ricordare che in Inghilterra esprimere pensieri del genere non doveva essere un fatto popolare in quei tempi, proprio mentre il sovrano era impegnato nel conflitto dei cento anni con la Francia. L’accusa di fare il gioco del nemico era immediata. Gli esempi sono numerosi. John Aston, allievo di Wyclif a Oxford, attaccava dal pulpito quanti promuovevano la guerra, accusandoli di aver ingannato e derubato tanti «poveri cristiani». Il parroco John Corringham negava nelle sue prediche qualsiasi legittimazione a imprese tendenti all’uccisione di altri uomini, sia pure a quelle intraprese per legittima difesa, dichiarando che chiunque desse aiuti in denaro o cavalli al sovrano in guerra risultava automaticamente scomunicato. William Brut, un laico «letterato», fu denunciato per aver chiamato «eretici» quanti avevano partecipato alla vendita delle indulgenze concesse dal pontefice, vendita che a suo parere calpestava la dottrina evangelica promuovendo guerre fra cristiani che si uccidevano l’un l’altro per il possesso di beni materiali.

La dichiarazione più ufficiale delle idee dei Lollardi avvenne nel 1395, quando un gruppo di loro ribadì il rifiuto della guerra in una petizione affissa alle porte di Westminster Hall durante la sessione parlamentare. Il rifiuto era basato sulle tesi di Wyclif e sulla incompatibilità assoluta della guerra con le pagine del Vangelo. Ancora a metà del XV secolo, le posizioni dei seguaci di Wyclif verranno ribadite con forza: rifacendosi direttamente a una tesi del maestro, il sacerdote William White, poi arrestato e processato per eresia, sosterrà che nessun uomo è legittimato a combattere, neppure per difendere il suo paese o i suoi diritti sui beni personali. Infatti, aveva scritto Wyclif nel De dominio divino, «chi impugna le armi per uccidere un altro uomo perde il dono della carità per il suo prossimo e cade quindi in peccato mortale».

La dottrina più radicale di Wyclif, esposta specialmente nel De dominio divino, rompe il nesso indissolubile fra grazia e diritto al dominio. A fondamento del «no» alla guerra c’è la convinzione, espressa più volte in modo esplicito, che «la pacificazione dell’Europa cristiana passa inevitabilmente attraverso la diffusione dell’idea che i veri cristiani debbano rinunciare alle proprietà personali e condividere il dominio delle cose» (Simonetta). Solo in una società costruita secondo il modello offerto da Cristo e dai suoi Apostoli, la contesa e la guerra non avrebbero più ragion d’essere. Povertà come scelta e pace appaiono intimamente connesse nel progetto contro la guerra.

 

MARIATERESA FUMAGALLI

In “Cristiani in armi” – Laterza

Foto: Rete

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