CARO amico, … le cose sono un po’ cambiate e alla fine ti verrà voglia di riaddormentarti.

Caro amico, …

Carissimo amico, sono contento tu ti sia risvegliato. Dormire è bello, non dirlo a me, ma non per troppo tempo. Anche se bisogna ti dica subito che le cose sono un po’ cambiate e alla fine ti verrà voglia di riaddormentarti. Il 2001 è stato un anno strano, ma era anche tutto più chiaro e di certezze ce n’erano ancora.

 

A quei tempi facevamo i signori e potevamo permetterci di chiedere la cancellazione del debito dei paesi africani. Parlavamo di cose così alte, così lontane da noi. Ora non si parla che di debito, ma il nostro. In nome di quel debito, un mostro a tre teste grazie al quale anche l’inammissibile diventa legittimo, smantellano un intero paese e le sue labili garanzie. A scuola è normale che i genitori comprino la carta igienica per i figli – noi ci giocavamo in bagno e ce la tiravamo, te lo ricordi?, che bambini privilegiati. Le scuole pensano addirittura di accorciare la settimana scolastica di un giorno, così risparmiano 8 ore di riscaldamento; e noi che ci lamentavamo perché i termosifoni erano troppo forti, pensa la fortuna che c’era stata concessa. Andare al pronto soccorso è una sfida col destino, e ci pare normalissimo che sia così, se ti curano nel giro di un paio d’ore ti senti svedese. Scarseggiano le barelle, i reparti se le litigano, non ci si annoia mai. Tagliano, ma la chiamano spending review perché ci sentiamo europei.

La cosa buona è che i telefonini sono diventati aggeggi fenomenali di cui non riesci a separarti: te lo porti anche in bagno, ché in quei cinque minuti mica puoi restare sconnesso. Fanno foto, mandano mail, ti dicono che strada prendere, registrano, fanno video, insomma abbiamo trovato un migliore amico, tutti quanti. Comunichiamo a manetta, parliamo poco ma comunichiamo un sacco. Ci si vede meno di prima, il muretto è scorsicato, al bar se ci passi più di cinque minuti sei un fallito; in compenso siamo una generazione performante. Corriamo molto, sempre, appena ti accorgi che hai un’ora libera ti senti morire, oh cazzo ma allora sono inutile? Non ricordo se nel 2001 era molto diverso sinceramente, forse no, forse sì, però abbiamo corso amico mio e ci siamo scordati di te.

carlo_giuliani

Ecco, vengo a quel che ti sta a cuore. La politica non c’è più, ora c’è l’antipolitica. Ma è molto confuso tutto quanto, è più antipolitica la politica o più antipolitica l’antipolitica stessa? Litighiamo tutti su questo. Infatti intanto la sinistra non esiste più, così ci ritroviamo sempre a parlare su cos’è la sinistra, su cosa significa essere di sinistra e robe così. Noi l’abbiamo sempre saputo cosa voleva dire, perché era il nostro modo di stare al mondo; quelli che invece si erano rotti di parteggiare per i deboli hanno fatto un mucchio di chiacchiere per dirci che stava cambiando tutto, che quindi si doveva cambiare anche noi, che eravamo attaccati a fallimenti del passato. Fallimenti? E quando mai era stato il nostro momento? Non capivamo nulla, noi; capivano loro. Loro capivano sempre tutto, non sapevano spiegarsi ma capivano.

Allora hanno fatto una bella cosa: via i simboli, le bandiere, le feste, l’identità, via tutto perché il futuro si affronta senza passato. E sono diventati uguali agli altri! Ma davvero. Ci governano insieme, seriamente. Si dividono i ministeri, i posti nei cda, votano insieme, si parano il culo a vicenda, mettono all’indice le stesse persone, le stesse idee, hanno conformato e cloroformizzato tutto un Paese. Siamo diventati un gigantesco condominio di amici degli amici, in cui nessuno può ribellarsi a chi butta la spazzatura dalla finestra perché ognuno ha un morto sotto il letto. Ci siamo pacificati, banchettiamo al sistema, chi con la mano sinistra chi con la destra.

Soprattutto, amico mio che ti sei addormentato nel 2001, ci siamo dimenticati non solo di te ma di tutto il senso di appartenenza che ci caricavamo sulle spalle. Non c’è pace che ci interessi, non c’è piazza che ci chiami, non c’è dignità che tenga. I più arditi sono gli onesti che contano gli spiccioli da ridare indietro allo Stato, e sembrano dei giganti in confronto agli altri. I più incazzati scrivono due righe come queste. Non abbiamo una casa, non abbiamo voglia di ritrovarci insieme, di curarci le ferite, di recuperare il tempo perduto e di mettere in moto il senso del cambiamento, dell’impresa collettiva. Non è più il nostro tempo, riaddormentati. Con tutto il pragmatismo che ci iniettano nelle vene, moriresti di nuovo.

Matteo Pucciarelli

Da http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/07/19/matteo-pucciarelli-ciao-amico-venuto-qui-dal-2001

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