Verrebbe da dire: me la sono cavata,
fermo al tavolo della cucina,
mentre tutti
dormono e fuori
la pioggia ha battuto la notte
e le dita del mattino animale azzurro
scavano nel buio.
Verrebbe, ma
cos’è ancora questo vino luminoso
e amaro che mi esce tra i denti,
le notizie come stelle terribili in mente
non si dissolvono i fantasmi d’amore seduti,
la luce sale, li sbianca,
sono il viso
di donne, le mani di stracci, carta pesta e amici
che si voltano
nell’acqua degli anni.
Il mio amore non sta ancora fermo
mi alzo ed esco in terrazzo
il cuore é un puma sulle alture
con gli occhi di mio figlio
stanotte é la prima notte del mondo.
Verrebe da dire: me la posso cavare
ma una volta mi fermai
sul molo di Stone Island, in un mattino splendido
e ghiacciato, nel mezzo della corsa
della mia esistenza, sentii
tutta l’oscurità del mare,
l’enigma e il suo respirare
che arriva in questa cucina, in una città
italiana, nel silenzio spogliato –
è il vibrare del frigorifero
a trovare la stessa nota dell’oceano,
o la luce del video
acceso a nessuno
rende a queste stanze un chiarore di fondale.
Verrebbe da dire: me la sono
cavata, ma non è mai detto e non è
nemmeno giusto da dire
se l’infinito un giorno
e molti giorni in una vita
ti è venuto a visitare.
Di Davide Rondoni
Foto: RETE