U SCIALAVRONO, ovvero il ramarro

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Scialavrone è parola che deriva dal greco. Secondo Rohlfs bisogna partire da σαυρα, da cui la nostra surigghia, e σαυρ -one porterebbe a scialavrone.

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Indiscutibilmente più grande delle lucertole, ma di una taglia che ancora non può incutere timore, velocissimo, difficile da osservare da vicino, eppure riconoscibilissimo per il colore scintillante, è per molti una fugace apparizione additata con sorpresa e piacere, ma nulla più.

Se esiste un rettile che abita le nostre regioni e conserva per noi un fascino paragonabile a quello dei grandi sauri asiatici, un misto di curiosità e attenzione, ben lontano dalla paura e/o dalla repulsione che possono suscitare i serpenti, questo è il ramarro.

Nome scientifico Lacerta viridis, il ramarro è diffuso su tutto il territorio nazionale in tutti luoghi frequentati dalle lucertole, quindi caldi, asciutti, ben esposti al sole e ricchi di anfratti e ripari. Dal livello del mare si spinge fino a 1.800 metri di quota, si trova sulle coste, nei prati e persino nei boschi di latifoglie. Può raggiungere la ragguardevole misura di 45 cm di lunghezza. I maschi sono più grandi delle femmine. Il dimorfismo sessuale non riguarda solo le dimensioni, ma anche la colorazione che nel maschio è più scura ed uniforme, mentre nella femmina presenta due bande dorso laterali tendenti al giallo. Il colore di base è verde o verde grigio, arricchendosi di screziature scure negli individui adulti. La femmina depone un numero di uova estremamente variabile, da 5 a 20, lunghe circa un centimetro e mezzo, che richiederanno un’incubazione da 60 a 90 giorni.

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I rapaci diurni sono il nemico numero uno dei ramarri e rappresentano un importante componente della loro dieta, specie negli ambienti mediterranei. Serpenti, corvidi, mammiferi carnivori e onnivori, roditori rendono difficile la vita a questa grossa lucertola.

Il ramarro a sua volta si nutre di insetti (in particolare coleotteri, ortotteri e ditteri), di gechi e lucertole più piccole, di uova sia di rettile sia d’uccelli, e di piccoli nidiacei che attacca durante l’assenza dei genitori, di lombrichi, di lumache e limacce, e non disdegna nemmeno i topi ragno. Per la grande quantità di mosche e scorpioni eliminati è considerato dalla cultura contadina come un animale amico, da non uccidere.

I maschi sono tendenzialmente territoriali, atteggiamento che rafforzano nel periodo del corteggiamento, riconoscibile anche dal mutato colore del capo e della gola che assumono un riflesso bluastro. I maschi giovani o soccombenti assumono nei confronti dei dominanti un atteggiamento prostrato, stendendosi al suolo con gli arti portati lungo il corpo. La combattività del ramarro è, infatti, proverbiale e, se nulla può contro gli attacchi portati dal cielo, messo alle strette, spalanca le mandibole e cerca di fronteggiare gli attacchi dei predatori.

Da metà ottobre, ma sempre in funzione di clima e disponibilità alimentari, il ramarro entra in letargo per restarvi fino a marzo, o anche più a lungo. Per superare l’inverno approfitta spesso delle tane abbandonate dei roditori.

Di 

Fonte:  http://www.giardini.biz/amici-animali/ramarro/

Foto RETE

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